Non bisogna essere degli esperti di moto d’epoca per capire che quel carburatore “sparato” verso l’alto non faceva certo parte dell’allestimento di serie di questa Ducati: simili soluzioni sono infatti visibili sui mezzi che partecipavano alle corse di Gran Fondo in voga negli anni Cinquanta e rappresentano l’ingegno tecnico di coloro che cavalcarono l’epoca pionieristica delle competizioni, come Francesco Villa.
E’ stato lui che, all’epoca in cui lavorava all’interno del reparto corse dell’azienda di Borgo Panigale sotto l’attenta guida dell’Ingegner Fabio Taglioni, ha realizzato una piccolissima serie di teste con questa particolare conformazione del condotto di aspirazione in vista del loro impiego sulle 98 schierate al via della Milano-Taranto e del Motogiro d’Italia.
Probabilmente, Villa vi si è dedicato al di fuori dell’orario di lavoro ufficiale, come spesso usava fare tra i tecnici della Casa bolognese: lo testimonierebbe anche il fatto che questa iniziativa fu portata avanti in modo abbastanza sperimentale, con pochissimi esemplari costruiti (si parla di due o tre) e la consapevolezza che di lì a poco il 98 sarebbe stato definitivamente rimpiazzato dalla ben più performante Marianna.
Naturalmente, anche il carburatore risulta essere configurato di conseguenza, grazie a una vaschetta che compensa l’inclinazione del collettore di aspirazione.
“L’idea sembrava valida, così all’interno della fabbrica furono effettuate delle fusioni speciali per queste teste, con il carburatore che, invece di essere orizzontale, come sui 98 Sport o sulle altre versioni, risultava inclinato verso il serbatoio del carburante.“
A parlare è Enea Entati, autore dell’impeccabile restauro di questo esemplare nonché proprietario.
“L’obiettivo, naturalmente, era quello di far percorrere alla miscela di aria e benzina un tragitto più breve e rettilineo possibile prima di arrivare in camera di combustione, favorito ulteriormente dall’accelerazione per caduta.“
La disposizione e la tipologia del carburatore, un Dell’Orto UA22BS al posto dell’MB20B presente sul 98 di serie, non è l’unica differenza che caratterizza le teste di Villa.
Inediti erano anche il rapporto di compressione (più alto, grazie a un pistone realizzato appositamente), il diametro delle valvole (con quella d’aspirazione che passava da 25 a 29 mm e quella di scarico da 25 a 26 mm), l’albero a camme (dal profilo più spinto e soprattutto dalle maggiori alzate) e l’impianto di scarico con tubo da 35 mm invece che da 32; l’albero motore, inoltre, veniva alleggerito e ribilanciato di conseguenza
Pur se di dettaglio, queste modifiche generavano un apprezzabile incremento prestazionale, visto che la potenza massima passava da 6,5 a 10 Cv e il regime di rotazione, in origine di 7000 giri, lambiva il tetto dei 10.000, con 9850 effettivi: prestazioni che consentivano al 98 di raggiungere una ragguardevole velocità di punta, passando da circa 90-95 a ben 120 Km/h: davvero niente male per un monocilindrico degli anni Cinquanta!
L’impianto frenante prevede una coppia di tamburi Amadori, con l’anteriore da 160 mm e il posteriore da 140, gli ammortizzatori sono regolabili in lunghezza grazie ad appositi registri, mentre il telaio, altra perla di questo esemplare, non prevede il motore montato a sbalzo, come la versione standard, ma è a doppia culla, in modo da rendere notevolmente più rigida la struttura, sia a beneficio della stabilità sul veloce che in previsione delle sollecitazioni cui era sottoposta la ciclistica nelle gare di gran fondo, dove le condizioni delle strade non erano certo quelle di adesso.
Rispetto al telaio del 98, quello di Villa differisce anche nella parte posteriore, visto che anziché terminare alla stessa altezza della sella, prosegue fino ad avvolgere il parafango.
Per favorire la guida sportiva, inoltre, le pedane e i relativi comandi risultano sensibilmente arretrati rispetto alla configurazione originale.
Secondo gli standard dell’epoca, il pedale del cambio è a bilanciere e si trova sul lato destro del veicolo, mentre quello del freno posteriore è a sinistra, dotato per l’occasione di un interruttore per la luce di stop che ha aggiunto lo stesso Entati per uniformarsi alla normativa vigente.
In conseguenza alla diversa disposizione delle pedane è stata modificata anche la leva della messa in moto, che prevede una conformazione particolare in modo da non interferire né con il poggiapiedi né con il comando del freno posteriore.
Le differenze di allestimento proseguono all’avantreno, dove la forcella del 98 ha lasciato il posto a quella del 100 Sport, mentre il resto dell’equipaggiamento rispetta le specifiche di serie, colorazione compresa.
Dopo l’accurato restauro, questo esemplare fa bella mostra di sé come esempio rarissimo delle attenzioni che venivano dedicate, già in epoche lontane, ai modelli che dovevano partecipare alle manifestazioni agonistiche di quei tempi: Enea ne è particolarmente fiero, considerato anche che ci ha messo quattro anni per entrarne in possesso, scomodando perfino la consulenza del Presidente della Fondazione Ducati, Gianluigi Mengoli, oltre a quella dello stesso Francesco Villa; ma da buon appassionato, adesso il suo pensiero è già rivolto al prossimo progetto, sempre targato Ducati, naturalmente.
Foto Enrico Schiavi
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