Alla fine del 1941 si procedette a un’ulteriore ampliamento degli stabilimenti Ducati, con l’aggiunta di altre sei tipologie di edifici disposti perimetralmente rispetto al corpo centrale. Tra questi nuovi edifici c’era anche quello che fu eretto di fronte alla vecchia entrata, che fu destinato all’amministrazione.
Gli altri furono destinati all’addestramento del personale e all’asilo nido per i figli dei dipendenti. E’ in quegli stessi edifici che, nel 1950, venne realizzata la prima squadra corse della Ducati.
L’ultima di queste nuove costruzioni, invece, era a pianta quadrata ed era considerata come il secondo stabilimento all’interno della sede di Borgo Panigale. Inoltre, tra la parte più vecchia e quella più recente c’era addirittura una via che, sugli stradari dell’epoca, viene riportata come Via del Lavoro.
Ad ogni modo, all’interno dello stabilimento 2 era previsto che fossero prodotte le meccaniche di alta precisione che richiedevano gli scopi militari cui Ducati era chiamata ad assolvere.
“I lavori di ampliamento del 1941 – racconta Lodi – vanno avanti fino ai fatti che tutti conosciamo, vale a dire fino all’8 settembre 1943, quando le truppe italiane si arrendono all’invasione dei tedeschi. La fabbrica Ducati viene quindi occupata dalle milizie nemiche, che erano ben consapevoli di ciò che veniva fatto all’interno della fabbrica. Numerose fabbriche tra Bologna, Modena e Reggio Emilia, infatti, furono occupate per via della tecnologia di cui disponevano. In ogni caso, la Ducati fu occupata mentre l’opera di ampliamento era ancora in corso e, di lì a poco, più precisamente il 12 ottobre 1944, fu bombardata dagli americani. Tra l’altro, durante la guerra, l’edificio che costituiva il vecchio ingresso e che oggi appartiene all’Intendenza delle Finanze fu convertito in una sorta di ospedale, come dimostrano le immagini che sono riuscito a reperire.”
Le bombe, dunque, cadono e distruggono una bella fetta dello stabilimento, anche se quest’ultimo non viene letteralmente raso al suolo, come invece è stato detto in certe sedi.
I danni maggiori furono causati all’edificio del 1935, mentre il cosiddetto stabilimento 2, quello dove si trovano attualmente il Museo e la direzione generale, fu colpito da una sola bomba, che non causò danni enormi.
Di sicuro, comunque, i danni furono tali che i fratelli Ducati furono costretti a investire tutto ciò che avevano per avviare la ricostruzione della fabbrica.
In realtà, si trattò di un restauro parziale, visto che a un certo punto i soldi finirono e i Ducati si videro, loro malgrado, obbligati a vendere l’azienda che tanto faticosamente avevano tirato su nel corso degli anni e da quel momento, inizia l’era statale della Ducati, che manterrà più o meno immutata la fisionomia della sua fabbrica fino al 1969.
In quell’anno, vi fu un cambio ai vertici e un profondo contributo dello Stato volto alla realizzazione dei capannoni in cemento armato dove si trovano tutt’oggi il Reparto Corse, le macchine a controllo numerico e qualche linea di montaggio (nella fattispecie quella del Monster). Venne invece abbattuto l’ultimo degli edifici che si trovava lungo la via Emilia per realizzare, come detto, il parcheggio destinato ai fornitori e alle moto dei dipendenti.
In quella stessa occasione fu creata anche la pista di collaudo dello stabilimento, dove furono testate tutte le moto prodotte, dal Ducati Scrambler fino alle 851-888, dopo di che, la pericolosità del tracciato era tale che i collaudi vennero spostati all’interno delle sale di rodaggio.
Questa, dunque, la storia dello stabilimento fino ai giorni nostri. Ci sono naturalmente, alcune curiosità che Livio Lodi è ben lieto di raccontarci: “Si dice che i fratelli Ducati abbiano scelto appositamente questa collocazione per la loro fabbrica perché da qui si vede tutt’oggi la chiesa di San Luca, dove si trova l’omonima Madonna, immagine venerata dai bolognesi. I Ducati erano infatti fervidi credenti e pensarono probabilmente che avere quella chiesa posta sulle colline che si affacciano verso la fabbrica potesse proteggere il loro operato. Diciamo che questo è il lato più mistico della vicenda, ma direi che ci può anche stare!”
Lodi ci svela anche come, nell’immediato dopoguerra, i Ducati avessero in progetto di realizzare anche un complesso residenziale da destinare ai dipendenti, cosa che tuttavia non andò mai in porto per i suddetti motivi.
Ecco, dunque, perché a differenza di Piaggio e Moto Guzzi, tanto per citare altre due longeve case motociclistiche italiane, la fabbrica di Borgo Panigale non contempla un cosiddetto villaggio Ducati, vale a dire un gruppo di case e appartamenti destinati appositamente ai dipendenti.
Un’altra curiosità interessante che Lodi ci “regala” riguarda il fatto che, tuttora, esistono nei sotterranei dell’azienda un rifugio antiaereo e quattro diramazioni che permettevano di evacuare il personale in caso di incursioni aeree. “Sono riuscito a recuperare una sorta di ticket dove si autorizzava il dipendente ad allontanarsi nella campagna bolognese, per un massimo di 1 Km rispetto alla fabbrica, in caso di bombardamento, dopo di che doveva tornare immediatamente al proprio posto di lavoro!”
Non deve stupire questa ferrea disciplina che regolava l’operato dei lavoratori all’epoca.
Si trattava della normale etica professionale di quel periodo, così come il fatto che tutti i dipendenti della fabbrica dovessero indossare un camice bianco recante il logo SSR (Società Scientifica Radiobrevetti), mentre oggi, tutt’al più, basta una semplice t-shirt rossa con la scritta Ducati!
Foto archivio Ducati per gentile concessione di Livio Lodi
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