Una molla troppo a lungo compressa alla fine è pronta per liberare la propria energia: si accenderanno finalmente i motori e si farà sul serio; i rumori, gli odori, le immagini e i fiumi di adrenalina consueti saranno gli ingredienti con i quali i protagonisti riempiranno da domani – finalmente con i numeri – le caselle vuote del Campionato Mondiale 2020 di MotoGP.
E’ stato scritto fino alla noia: un campionato atipico, forzatamente shakerato da una condizione planetaria difficilmente immaginabile alla fine dell’anno scorso, ma non ci dilungheremo su questo, non crediamo che ce ne sia ulteriore bisogno. Abbiamo rischiato di passare direttamente al 2021, questo è certo.
Ci lamentiamo spesso di quanto ad alto livello le competizioni abbiano assunto connotati troppo imbrigliati negli schemi rigidi propri di una grande multinazionale, di come le corse abbiano pian piano lasciato ai margini del loro cammino l’aspetto ruspante di qualche decina di anni fa, di come tutto appaia (e sia…) rigidamente ridotto dentro a studiati e sorvegliati copioni, che poco spazio lascino anche ad un’esternazione spontanea dei propri protagonisti, ma questo – sicuramente – ha permesso che si possa correre nel 2020.
La Dorna è riuscita a stilare un calendario, dalle date che si ribalteranno una sull’altra in una volata da farsi quasi in apnea. Quindi le molle, quelle troppo a lungo compresse, potranno estendersi: i piloti inforcheranno le loro moto, le Case impegnate potranno verificare che cosa hanno saputo mettere in campo, i tecnici cercheranno di far prevalere il loro ingegno, i meccanici faranno brillare, girandole, le loro chiavi a bussola e noi, gli appassionati, finalmente potremo godere di tutto questo, anche in questo orribile anno.
Questo è un Mondiale itinerante, veramente fatto di spostamenti in tutti i continenti, qui non si parla di una fase finale – come nel calcio o come in un’Olimpiade – che si svolge nel paese a turno ospitante… non era facile, e la Dorna ce l’ha fatta. Sarà giocoforza privilegiata l’Europa, sulle date fuori dal vecchio continente pesano ancora diversi dubbi, ma finalmente si parte. Non mancheranno le incognite e saranno pochi i fine settimana a motori spenti da domani al 22 Novembre.
Sarà da verificare quanto potrà essere possibile e difficoltoso, per i costruttori, far fronte ad eventuali gap rispetto ai concorrenti, però – ed è quello che conta – il 2020 non sarà una voce vuota ed alla fine avrà anche lui scritto il proprio Albo d’Oro. Dicevamo quindi che siamo pronti, frementi anzi, caricati a molla per troppo tempo quest’anno, noi e tutti gli appassionati per i quali, già a cose normali, il periodo di transizione consueto tra la fine di un campionato e l’inizio del successivo stava comunque poco simpatico. I motivi che renderanno unico il campionato 2020 sono tanti, ma ogni campionato – del resto – è unico. Vogliamo e avremo emozioni, litigheremo con le mogli perché da adesso a fine Novembre la domenica non ci saremo.
I piloti Ducati da domani avranno le loro moto sotto al sedere, tutti con il fine di primeggiare, ma ognuno con l’abbellimento del proprio sforzo condito da motivi unici, personali. Sei sono i nostri da tenere d’occhio, divisi in tre squadre: Ducati Team, Pramac Racing e Avintia Racing. Ducati Team schiera gli stessi piloti del 2019, Pensiamo al primo, Andrea Dovizioso, con l’interrogativo di un acciacco fisico rimediato in allenamento, chiamato – lui e la sua Desmosedici GP20 – ancora a battagliare con Marc Marquez e compagnia, avendo dimostrato di non temere duelli, per così dire, che si facciano beffa delle regole sul distanziamento sociale. Andrea e la sua moto numero 4 dovranno compiere quel piccolo salto di qualità per perseguire la costanza del risultato di vertice in ogni gara e porsi in posizione di forza per ottenere e negoziare la propria permanenza in squadra.
Compagno di Andrea è Danilo Petrucci, una stella che per ora è brillata a sprazzi, e che dovrà convincersi e convincere di poter far parte di quella ristretta cerchia di riders con i quali gli altri dovranno fare i conti.
Poi ci sono i due di Pramac Racing, dove l’australiano Jack Miller, galvanizzato dall’aver firmato per il team interno per l’anno venturo, si dimostrerà – ne siamo certi – tutto proteso a legittimare scrivendo con le ruote sull’asfalto delle piste ciò che ha scritto con la penna sul contratto.
Francesco Bagnaia è il motociclismo di vertice italiano che avanza e dovrà essere bravo ad inserirsi in quella new wave che sembra stia per rinsanguare il Motomondiale, ma per farlo bisognerà non lasciarsi scappare i vari Rins, Morbidelli e soprattutto Fabio Quartararo.
Visto che abbiamo citato il forte pilota transalpino, parliamo del connazionale e pilota di Ducati Avintia, Johan Zarko: sembrava essere lui, ai tempi della Yamaha, a potersi fregiare del titolo di più forte tra i piloti francesi. Poi c’è stato l’anno disastroso con la KTM… con la Desmosedici GP19 Zarco è atteso a far risalire le proprie quotazioni, a tornare veloce e arrembante come al debutto nella massima categoria e a dar vita ad un dualismo d’oltralpe che manca nelle corse in moto da tempo immemore, oltre a cercare di tornare a prestazioni di valore assoluto.
Suo compagno nella squadra spagnola Ducati è Tito Rabat e per lui vale quanto detto per Bagnaia: la parola d’ordine è non farsi distanziare dai giovani e arrembanti speransosi colleghi.
C’è di buono, in termini generali, che la moto che avranno a disposizione anche i piloti dei team satellite – la GP19 – è una macchina dimostratasi matura, vincente ed anche con qualche margine di miglioramento. La Desmosedici GP20 vogliamo considerarla una certezza, prova ne siano le recenti prestazioni di Miller e di Bagnaia nei test di Jerez.
Ci sembra di poter dire, anche alla luce dei recentissimi test di questa settimana, che mai come in questo 2020 i ragazzi in sella alle Ducati siano tutti piloti in parabola ascendente: nessun pilota a fine carriera tra di loro! Si apra il sipario, quindi, e che siano delle sane e avvincenti bagarre a farci stare seduti sul divano come fossimo fachiri sui chiodi!
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