Quando un pilota decide di ritirarsi, parlarne senza cadere nelle spire della retorica diventa difficile: la tendenza a enfatizzare il curriculum agonistico che ha segnato una vita spesa con i mezzi manubri in mano diventa una trappola ben celata, dove immancabilmente chi è chiamato a scrivere scivola.
Ogni pilota che smette, stacca un credito che nasce dall’affetto dell’essere figlio di un certo periodo agonistico, un credito destinato a rivalutarsi mano a mano che questo periodo scala indietro nel tempo e prende posto nella storia delle corse.
I piloti fanno qualcosa che ai nostri occhi di persone comuni ha una componente mitica che ce li fa ammirare, vivono una vita sul filo dei millesimi e guidano moto che sono per pochi.
In questo contesto un nome, quello di Loris Capirossi, vale certamente più di una frase. Parlando di lui non esiste il pericolo di cadere nella trappola della retorica: potremmo a tutti i costi (e per assurdo) voler essere freddi e distaccati, sciorinando la lunga sequenza di risultati, ma Loris, anche dalla fredda risultanza di schemi e numeri, ne uscirebbe comunque come uno dei grandissimi di questo sport.
Loris Capirossi: i risultati di un grande pilota
Con Capirossi, invece, vogliamo affrancarci dai numeri e cercare di spiegarne il valore quasi a prescindere dai puri e semplici risultati. Partiamo dal fatto di essersi saputo presentare sulla scena mondiale vincendo subito il titolo della classe 125, nel 1990: il più giovane di sempre ad esserci riuscito.
Dopo la vittoria del titolo in questa classe anche nell’anno successivo, ecco la quarto di litro: Loris si è dimostrato subito un pilota coriaceo, crescendo anche come uomo, perché per nessuno come per Capirossi la vita agonistica coincide con quella personale.
Già nella seconda stagione in 250 è stato uno dei migliori in assoluto: solo quattro punti lo hanno separato dal titolo mondiale vinto da Harada: un titolo che sembrava già vinto e che è sfumato nell’ultima gara a Jarama.
Loris, tuttavia, è uno serio, che è entrato a far parte dell’arrembante pattuglia di piloti italiani della 250 (Reggiani, Romboni e Biaggi) e che sarà terzo l’anno successivo, prima di passare alla classe regina con la Honda NSR.
Il 1995 è un anno difficile, caratterizzato dal dominio incontrastato di Doohan: dopo l’apprendistato iniziale, Loris è spesso a un passo dal podio, sul quale riesce a salire a Barcellona.
Nel 1996 passa alla Yamaha del team di Wayne Rainey: un’altra stagione difficile, che lo vedrà ritirarsi spesso, ma che gli consegnerà la prima vittoria nella classe 500 a Eastern Creek: ancora una volta una bella prestazione nell’ultima gara stagionale.
Nel 1997, però, Loris Capirossi torna in 250 come pilota di punta dello squadrone Aprilia, a dispetto del quale sarà comunque Biaggi, passato alla Honda, a vincere di nuovo il titolo. La consacrazione di Loris arriverà l’anno successivo: campione del mondo al termine della rocambolesca gara conclusiva in Argentina; Loris vince all’ultima curva, con una manovra al limite sul compagno Harada che gli costerà il licenziamento da parte della Casa di Noale.
Nel 1999 Capirossi passa alla Honda e alla fine sarà terzo, dietro a Rossi e Ukawa.
Il 2000 è l’anno del ritorno in 500: la pattuglia italiana che, fino all’anno prima, ha spadroneggiato nella “due e mezzo” adesso è riunita nella classe regina. Con Max Biaggi alla Yamaha, Valentino Rossi debutta sulla Honda NSR, la stessa moto di Loris: inizia così l’epopea dei tre italiani; in quell’anno, però, si aggiudica il titolo Kenny Roberts con la Suzuki, ma le basi del grande motociclismo italiano sono gettate: Valentino prende le misure, Biaggi è lì e Capirossi non molla, vincendo al Mugello, dopo un’esaltante sfida con i due rivali.
Il 2001 è l’ultimo anno prima della rivoluzione delle 4 tempi e la scena è quasi totalmente dei nostri piloti: Rossi vince il primo dei suoi titoli nella massima cilindrata, lottando con Biaggi e Loris, che finiranno in quest’ordine dietro di lui. Per gli altri non restano che le briciole: gli italiani monopolizzano il podio in più di un’occasione.
L’anno seguente debuttano le moto a 4 tempi. Loris dispone della vecchia NSR a 2 tempi del team di Sito Pons e con quella si difende, arrivando spesso sul podio, anche se ormai appare chiaro che le 500 non possono reggere il confronto con le MotoGP.
Il 2002 è tuttavia importantissimo per il Loris Capirossi che ci sta a cuore: durante il weekend del Mugello, Ducati presenta la Desmosedici. Con essa, a Borgo Panigale si è deciso di compiere il grande salto, debuttando tra i prototipi. Nella sala adibita alla presentazione, Loris è l’unico pilota in attività presente. All’epoca non era stato ancora ufficializzato, ma sarà lui uno dei rider che la porteranno in gara l’anno successivo; l’altro è Troy Bayliss.
La prima volta di Loris Capirossi sulla Ducati Desmosedici
Nasce così l’avventura Ducati in MotoGP: la moto va bene e fa paura agli avversari. Loris inizia nel migliore dei modi, con il primo tempo nei test precampionato di Barcellona e diventando la bandiera della nuova sfida.
Per Ducati e Loris, nel 2003, ogni timore, rappresentato dalle incognite di una moto tutta da scoprire, in una categoria nuova per la Casa costruttrice, si dissolve: sarà Loris a scattare in testa al via della prima gara, che acquista anche un significato simbolico forte: siamo in Giappone, in casa delle aziende motociclistiche del Sol Levante che si è deciso di sfidare.
A vincere è Rossi, seguito da Biaggi, ma subito dietro c’è Capirex! Il pilota di Borgo Rivola è maturato, capace di fantastici giri in prova e di vincere dopo sei gare: alla fine della stagione sarà quarto e la Ducati sarà seconda solo alla Honda nella classifica costruttori.
Nel 2004 sembra arrivare, con effetto retroattivo, il conto da pagare per il noviziato della Casa di Borgo Panigale: la moto è stata stravolta, le difficoltà diventano subito chiare; tuttavia, Loris Capirossi e il team si rimboccano le maniche: la competitività perduta viene recuperata sul finire della stagione.
Nel 2005 Loris ha come compagno di squadra Carlos Checa, al posto di Bayliss. Nella prima parte della stagione coglie un terzo posto al Mugello, fino a che, ancora in Giappone, a Motegi, conferma con la vittoria la competitività sua e della moto. Si ripeterà nella gara successiva, in Malesia.
Le basi della stagione 2006 sono solide, cambia ancora il compagno di squadra (adesso c’è Sete Gibernau), ma Loris è il profeta dei tifosi ducatisti: pole, vittoria e giro veloce nella gara d’esordio in Spagna. Per la prima volta, grazie anche a lusinghieri e consistenti piazzamenti, raggiunge stabilmente la testa della classifica: adesso lotta per il titolo mondiale.
Il sogno di Loris e degli uomini di Ducati Corse si infrange subito dopo il via della settima gara, a Barcellona; dal groviglio di corpi e di moto innescato dallo stesso Gibernau, Loris esce malconcio: ancora un infortunio, grave, a segnare una battuta d’arresto nella sua carriera. La Ducati è competitiva, ma ha avuto sfortuna. La riprova dolce-amara è la vittoria di Bayliss, una tantum a sostituire Gibernau, nel Gran Premio di Valencia.
Loris è quello che ha creduto per primo nel progetto Desmosedici, quello che ha conquistato la prima pole e la prima vittoria della Ducati in MotoGP.
Sembra comunque una base solida per la stagione successiva e di fatto lo è per la Ducati, ma non per Loris.
A Borgo Panigale arriva Casey Stoner, tra mille dubbi (data la sua fama di cascatore): sembra che, ancora una volta, Loris possa rappresentare la punta di diamante della squadra, anche adesso che la cilindrata è stata ridotta a 800 cc. Fin da subito, però, appare chiaro che stavolta non sarà così: Capirossi stenta a riconoscere la moto, trovandola difficile, mentre il giovane australiano ne fa da subito la sua arma vincente.
La situazione è pesante: da un lato Stoner, con le sue vittorie, dall’altro Loris, che annaspa! Curiosamente, sono le basi dell’allontanamento della Desmosedici da qualsiasi pilota che non si chiami Stoner, situazione che Ducati paga anche nell’era Rossi.
Alla fine della stagione Stoner sarà campione del mondo, con Ducati che primeggia come costruttore: per Loris il confronto è duro, anche se vince in Giappone; alla fine della stagione, il passaggio di Capirossi alla Suzuki, viene salutato con disappunto dai ducatisti.
La Ducati ha scelto Melandri e per lui l’esclusione è un boccone amaro da mandar giù. Nel passaggio alla Suzuki, Loris cerca il riscatto, ma i suoi saranno tre anni da comprimario.
Nella stagione 2011 gli occhi di Loris tornano a scintillare, alla ricerca del centesimo podio in carriera, di nuovo in sella a una Ducati, quella del Team Pramac: è lui a dirci che il suo cuore è rimasto lì, a Borgo Panigale, ed è lui a fare programmi a lungo termine, confidandoci che lo scopo è guidare di nuovo la Ducati 1000 nel 2012.
Tuttavia la stagione alle porte, dopo 22 anni passati sui circuiti di tutto il mondo, non lo vedrà al via. Gli infortuni, le difficoltà incontrate, hanno consegnato Loris e i suoi numeri alla leggenda, alla storia del motociclismo sportivo. L’addio, annunciato nella conferenza stampa prima della gara di Misano, è stato commosso, però sereno: lacrime agli occhi e sorriso sulle labbra.
Foto Micro e Mega, Marco Rimondi e Archivio Mondo Ducati
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