di Massimo Sanfelice.
Dopo aver utilizzato per un paio di anni con profitto e soddisfazione la mia supertwins su base 1100 DS, ho maturato la convinzione che le caratteristiche tecniche del motore, seppur abbastanza “pompato”, mi andavano un po’ strette, considerando anche i problemi di affidabilità e le esigenze di manutenzione che un motore del genere normalmente richiede.
Mi aveva già preso quell’insana smania di voler ottimizzare quello che è stato pensato e studiato e che mi pone, di volta in volta, a mettere in discussione le mie capacità, per il gusto di realizzare qualcosa di unico da poter guidare e mettere a punto: sono fatto così!
Sfruttando quindi questa base ciclistica ho elaborato un upgrade importante, per sostituire il motore 1100 DS ad aria con un motore quattro valvole.
Il pretesto è stato un pistone detonato a Vallelunga, nel corso di una gara delle bicilindriche, per cui mi sono ritrovato con tutto smontato. Avevo già acquistato un motore 848 sbiellato e ho quindi iniziato a fare delle prove di compatibilità.
In Pierobon, nei primi anni 2000, quando realizzarono questo telaio/opera d’arte per rendere racing il 900 SS, non potevano sapere di averlo reso compatibile con il Testastretta 848 che doveva ancora nascere! Devo sottolineare che definire di alta sartoria questo trapianto è dir poco, ma non ne ho poi tanti meriti, ho solo avuto la caparbietà di provarci con la fortuna di veder girare la puleggia di scarico della testa verticale a soli 2 millimetri dal telaio!
Naturalmente qualche compromesso bisogna pur accettarlo; difatti non è possibile sostituire la cinghia verticale senza ruotare in basso il motore di una decina di gradi, senza però rimuoverlo dal telaio. Il controllo della fase e della tensione è invece possibile senza grossi problemi.
A fine novembre 2019, dopo l’ultima pistata annuale, ho quindi deciso che fosse arrivato il momento di questa sostanziale modifica, per essere poi pronto per la successiva primavera.
Le mie scelte progettuali, dopo molte valutazioni tecniche, sono quindi andate nella direzione dell’848 Evo con scarico dedicato pista Termignoni e forcellone monobraccio, l’unica soluzione che mi avrebbe permesso di utilizzare uno scarico già nato per la moto Sbk senza grosse modifiche e tribolazioni.
Per l’installazione del motore ho dovuto lavorare in maniera certosina per abbassare la sede del perno forcellone al fine di ripristinare il valore di tiro catena proprio del carter 848.
Questa delicata operazione mi ha tolto il sonno per diversi giorni; quando ho iniziato a fresare per asportare il punto di attacco mi tremavano le mani: stavo fresando, con una volgare fresa a tazza, un pezzo costruito dal pieno con una macchina a 5 assi!
Quando poi, dopo le accurate saldature effettuate dalla sapiente mano dell’amico Pietro Fucile, ho rimesso tutto in dima, con sollievo e soddisfazione ho ritrovato tutto perfettamente allineato.
Il mio incubo ricorrente era come spiegare a Massimo Pierobon il perché avessi profanato una delle sue opere d’arte, e il “Vai a cagher” in perfetto stile emiliano/romagnolo che mi sarei beccato se gli avessi chiesto di ripristinarla!
Dietro tutto questo progettare, realizzare, provare, c’è stata la presenza costante, anche se a distanza, di un vero appassionato di questi progetti, l’amico Carlo Benatti di Byte Therapy, autore di diverse realizzazioni racing supertwins, il quale ha indirizzato diverse delle mie scelte tecniche. Lo sento ancora dire convinto che: “Dove ci sta un 848 ci può stare un 1098 e anche un 1198”.
In effetti sì, ma avendo come obiettivo principale quello di compiere i miei primi 60 anni senza mettermi la “moto per cappello”, mi sono persuaso che 125 Cv circa alla ruota fossero sufficienti per non dover ingaggiare un rodeo con la moto a ogni uscita di curva, peraltro in assenza di controlli elettronici, per mia profonda convinzione!
Dopo aver finalmente installato il motore, il lavoro si è focalizzato sul forcellone 1098 per renderlo cantilever, posizionando quindi l’ammortizzatore con le stesse quote di fabbrica, senza alterarne l’inclinazione, ma giocando solo con la riduzione di interasse, modificando la lunghezza del corpo senza alterare la corsa, sempre coadiuvato dell’amico Pietro, riferimento Öhlins a Salerno.
Già che c’ero, ho anche modificato il forcellone per renderlo compatibile a ospitare il Pirellone 190/60 slick.
Dopo aver controllato nuovamente il perfetto allineamento della ciclistica, anche questa volta in bolla, sono passato al montaggio dello scarico, costruendo la V terminale per l’installazione di una coppia di leggerissimi silenziatori KR in titanio/carbonio.
Qui mi sono cimentato in una costruzione assolutamente nuova per me, le “fette di salame”. Con una simulazione 3D ho stabilito quale fosse lo sviluppo ideale e quindi l’angolo con cui tagliare il tubo da giuntare, sapientemente saldato sempre dal solito Pietro.
Qualcuno potrebbe pensare che Pietro abbia tempo da perdere? In effetti quasi sì, eravamo in pieno lockdown e quindi ho potuto avere tutte le attenzioni che un progetto del genere meritava!
Con l’emergenza sanitaria anch’io ho avuto modo di lavorare alacremente, circa 14 ore al giorno, in garage per due mesi, purtroppo con poche pause per il lavoro, quello vero.
Devo dire un periodo bruttissimo con tante, troppe preoccupazioni per una partita Iva come me, che a stento l’impegno mentale e fisico di questa creazione è riuscito a tratti a mitigare.
Ma torno al progetto: parallelamente alla costruzione della ciclistica ho iniziato la revisione del motore, un 848 Evo con pochi chilometri acquistato da Gianluca di BRT Roma, altro mio “supervisore”.
Il motore era seminuovo e integro e per non alterarne l’affidabilità e la durata avrei dovuto semplicemente provvedere al controllo delle termiche e a un’accurata fasatura con disco goniometrico.
Questa era l’idea, ma alla fine, preso da una incontenibile nostalgia, ho provveduto al montaggio del cambio e della primaria di un 1198 per installare la frizione a secco STM Sbk Evoluzione mutuata dal motore ad aria; lo ammetto, non potrei mai guidare una Ducati che non “tintinna”.
Ho poi installato una serie di pulegge fasabili in ergal e l’intera bulloneria è stata sostituita con l’equivalente in titanio; già che c’ero questa operazione l’ho fatta per tutta la ciclistica, perni motore, forcellone e asse anteriore compresi.
Un discorso a parte lo merita l’airbox, completamente rifatto rispetto al due valvole; del vecchio, già autocostruito a suo tempo, ho ricostruito il piano di appoggio per i nuovi corpi farfallati.
Per la sua realizzazione ho utilizzato una tecnica one off utilizzando un apposito silicone bicomponente per stampi con cui ho risolto il problema dei sottosquadri: con questo sistema l’ho stratificato velocemente, evitando di dover costruire un complesso stampo scomponibile.
Gli iniettori a pioggia sono stati montati su un supporto di tubo di anticorodal e all’interno dell’airbox ho inserito, su consiglio di Carlo, il regolatore di pressione per cui il “giro tubi” dell’iniezione è interno alla cassa, con dei passaparete appositamente realizzati che collegano In e Out al serbatoio che gli fa da coperchio, con la pompa benzina immersa.
Parallelamente all’assemblaggio nel mio laboratorio, Carlo lavorava nella sua officina di Giaveno alla semplificazione dell’impianto elettrico di un 1198 e alla configurazione della centralina, una Microtec con controller e doppia lambda.
Vedendo avvicinarsi la fine dell’opera, ho pensato che mi sarebbe rimasto solo da vestire la moto con la vecchia carrozzeria, ma, con grande disappunto, ho dovuto constatare che le carene a suo tempo realizzate per il due valvole erano diventate un po’ strette, come se il periodo di Covid avesse fatto ingrassare anche la moto oltre al pilota!
La presenza del radiatore derivato da una 999, la sporgenza della pompa dell’acqua e l’impianto elettrico alloggiato davanti a essa come comandato dall’impianto derivato dal 1198, rendevano impossibile l’utilizzo delle pance già concepite.
Approfittando così del tempo a disposizione ho deciso di utilizzare la vecchia carrozzeria come modello da cui derivare la nuova; legno, poliuretano, colle, stucchi, olio di gomito e indigestione di polveri; dopo un mesetto di lavoro i modelli erano ultimati.
Ho dovuto allargare le pance di qualche centimetro e adeguare anche il volume della vasca al nuovo scarico Termignoni, ben più ingombrante di quello del vecchio motore.
Ho creato anche i modelli per il supporto dell’impianto elettrico e la protezione paracalore del nuovo scarico.
Con pazienza, e occasionali perdite di pazienza, ho realizzato tutti gli stampi per poi ottenere tutti i componenti in fibra di carbonio. A conti fatti era un lavoro necessario, in quanto, essendo la vecchia carrozzeria in VTR costruita in esemplare unico, una malaugurata caduta avrebbe purtroppo reso impossibile replicarla.
Con questa nuova, in fibra di carbonio, ho limato approssimativamente 5 Kg, mediamente 1 kg per ogni pezzo di essa.
Dopo il montaggio completo della nuova nata, è arrivato il sospirato giorno della pesatura, che per un papà è un momento importante: 79 kg all’avantreno (51%), 76 kg al retrotreno (49%), 155 totali con i liquidi senza benzina.
I carter motore in lega vacural, l’utilizzo totale di fibra di carbonio, quello diffuso di titanio e, in ultimo, gli splendidi cerchi Marchesini Genesi in alluminio forgiato, hanno contribuito a mantenere il peso al di sotto delle mie aspettative, solo un paio di Kg in più rispetto al pompatissimo due valvole, dove solo di manovellismo c’erano diversi Kg di “dimagrimento”.
Con uno scarico in titanio toglierei qualche altro chiletto, ma a che prezzo?!
Per la realizzazione della sella mi sono avvalso della competenza di Raceseats di Milano, a cui ho fornito il fondo in carbonio su cui hanno profilato un sedile da vera racer, in gel rivestito di neoprene, talmente efficace che dopo la prima uscita ho dovuto usare del borotalco per poter scivolare lateralmente, con grande ilarità dei miei amici che, quando spolveravo la sella, mi suggerivano delle sedute di squat! Lo ammetto, in pista l’età non è complice del pilota sia per la potenza che per la reattività muscolare, ma l’adrenalina e il sentirsi giovani compensano in parte queste carenze!
E venne la pista; diverse sono state le uscite che ho fatto per la messa a punto di questa ciclistica aggiornata, per tarare l’elettronica del motore completamente nuova, con il costante supporto di Carlo via TeamViewer, anche alla ricerca dei rapporti completamente diversi rispetto al due valvole, causa il diverso arco di utilizzo; ora, infatti, il motore spinge deciso sopra i 7000 rpm, al di sotto dei quali è un po’ fiacco per le intrinseche caratteristiche di progetto.
La ciclistica ha risposto donandomi le stesse sensazioni di feeling e sicurezza che avevo avuto modo di godere con il vecchio motore: trapianto riuscito! Durante un paio di pistate a Vallelunga, avendo ancora il due valvole che mi circola nel sangue, ho faticato non poco nel capire che questo motore inizia a girare dove l’altro si fermava!
Leggendo la telemetria, l’amico Carlo mi ha più volte esortato ad anticipare l’apertura del gas, ma per me erano condizioni del tutto nuove, in quanto agendo così il due valvole me lo sarei messo certamente per cappello!
Devo quindi solo resettare lo stile di guida e anticipare le aperture del gas, d’altronde in questo caso il detto “Se sei incerto tieni aperto” calza alla perfezione!
Mah, forse col senno di poi il 1098 suggerito da Carlo non ci sarebbe stato poi male, e chissà se in Pierobon avessero già pensato addirittura a questo sviluppo!
Magari, se dovessi fare questo passo, con un pizzico di orgoglio potrei in futuro comunicare loro che il telaio n° 0033 con quella coppia in gioco non si è accartocciato, e neanch’io!
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