Quando, nel 1973, la Yamaha schierò al via del Motomondiale la sua 500 4 cilindri 2 tempi, molti addetti ai lavori si mostrarono scettici sulle possibilità di successo della rivoluzionaria moto giapponese, era infatti la prima volta che la Yamaha si schierava al via della classe regina con una moto a cilindrata piena (in precedenza aveva tastato il terreno con una 350 maggiorata) ma soprattutto era la prima volta che un costruttore schierava una 500 2 tempi espressamente progettata per i Gran Premi del Motomondiale.
Per molto tempo, fino ai primi anni ’70, vigeva la convinzione che il motore a 2 tempi non fosse adatto alle “grosse” cilindrate, con particolare riferimento alla classe regina, la 500, una teoria confortata dal fatto che fino ad allora la 500, sin dai primissimi anni del Motomondiale, era stata un riservato dominio delle 4 cilindri/4 tempi italiane, Gilera prima ed MV Agusta poi, con qualche interferenza delle inglesi AJS nel 1949 e Norton nel 1951; all’epoca si riteneva che i grossi monocilindrici a 2 tempi fossero indicati solo per il Motocross dove venivano richieste caratteristiche di potenza ed erogazione diverse da quelle delle moto da Gran Premio.
D’altronde, avendo avuto campo libero, i due costruttori italiani non erano spinti alla sperimentazione di soluzioni tecniche alternative.
La “conversione”, che si concretizzò con la Yamaha OW20 affidata a Jarno Saarinen nel 1973 e che venne portata al titolo iridato da Agostini nel 1975, era in realtà iniziata qualche anno prima vuoi per qualche iniziativa privata – ricordiamo in particolare la Konig di Kim Newkombe che nel 1973 si piazzò al secondo posto nella classifica del mondiale alle spalle di Read e davanti ad Agostini – e poi dai primi esperimenti di Suzuki e Kawasaki basati su progetti di moto di serie.
Da quel 1973 la storia della classe 500 cambiò nonostante qualche tentativo della Honda che, sempre fedele al 4 tempi, mise in campo l’ardito ma fallimentare progetto della NR a pistoni ovali e solo una imposizione regolamentare riporterà in auge il 4 tempi nel 2002 con l’introduzione della MotoGP.
A giustificazione della debacle del 4 tempi rispetto al 2 tempi è giusto ricordare che l’introduzione della norma sul vincolo ad un massimo di 4 cilindri e l’imposizione dei silenziatori allo scarico tarpò le ali ai 4 tempi; a conferma di questa teoria ricordiamo che nella seconda metà degli anni ‘60 le Honda pluricilindriche a 4 tempi si battevano alla pari con le 2 tempi di Suzuki e Yamaha.
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