Il 2003 è stato a suo modo un anno storico per Ducati; infatti è stato quello della cosiddetta “Red-volution“, ovvero la sostituzione della famiglia delle Superbike di Tamburini (916 e successivi) con il nuovo progetto 749/999.
Una netta cesura con il passato, con la presentazione di una moto che aveva davvero pochi punti in comune con il modello che andava a sostituire: se la moto di Tamburini era la rappresentazione di uno stile classico senza tempo, quella disegnata dal sudafricano Pierre Terblanche intendeva rappresentare in pieno il design contemporaneo, con le sue linee squadrate e complesse.
All’inizio furono presentate le versioni base e S di quelle che erano le nuove Supersport e Superbike del listino Ducati: dopo un anno fu poi la volta della versione R della 749, progettata e realizzata per far ben figurare Ducati nel campionato mondiale Supersport.
Infatti, se la sorella maggiore non aveva avuto la più piccola incertezza nel continuare l’impressionante serie di successi Ducati nella Superbike (Neil Hodgson, domina infatti la stagione 2003 vincendo il titolo e guadagnando, insieme al compagno di squadra Ruben Xaus, il dodicesimo titolo costruttori per Ducati), nella categoria minore Ducati era addirittura assente, ormai risalendo a un’altra epoca la vittoria di Paolo Casoli nel relativo campionato con la 748.
SBK a Jerez: avanti tutta!
A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.
Ducati 748 R: monografia
A fine 1999, più precisamente nel mese di ottobre, Ducati presentò alla stampa la 748 R, derivata dalla moto che correva nel campionato Supersport.
Nel 2003, quindi, Ducati scopre le sue carte, presentando i seguenti modelli: 999, 999 S, 749 e 749 S.
Quest’ultime sono equipaggiate con un’evoluzione del motore Testastretta già presente sui modelli della famiglia superbike, con nuovi pistoni, cilindri e testate.
La cilindrata di 748 cc è ottenuta con alesaggio di 90 mm e una corsa di solo 58.8 mm: la corsa ridotta permette di raggiungere regimi di rotazione elevati, la potenza è di 103 Cv a 10.000 giri/min con una coppia di 7.8 Kgm a 8500 giri/min. Ma già l’anno successivo, nel 2004, la S si differenzia installando un propulsore più potente, che le permette di raggiungere il dato di 110 Cv a 10.500 giri/min.
Il 2004, però, è anche l’anno dell’arrivo della 749 R, che viene presentata da Ducati con queste parole: “E’ la moto con la massima espressione di tecnologia che Ducati abbia mai utilizzato per una moto di serie. È una perfetta macchina da gara, che vanta il primo motore di serie equipaggiato con valvole in titanio e una ciclistica avanzata che ne garantiscono la massima competitività in circuito. L’abbondante utilizzo di materiali speciali, dal magnesio alla fibra di carbonio, al titanio rendono questa moto leggera ed estremamente efficace e esclusiva”.
In effetti, la versione R, realizzata in collaborazione con Ducati Corse, si presenta come l’arma giusta per competere ad armi pari contro la concorrenza giapponese nel settore Supersport: la sua progettazione, quindi, segue i dettami classici della storia Ducati, con parametri che devono essere quelli utili a competere in pista. La dimostrazione migliore di questo particolare impegno risiede nelle caratteristiche del suo propulsore.
Il motore della Ducati 749 R
Basta un dato a segnare la differenza con l’unità installata sulla versione S, per non parlare della Base: 118 Cv a 10.250 giri/min e 8,3 Kgm a 8250 giri/min.
E’ il risultato di una sua profonda rivisitazione, con una notevole riduzione della corsa (54 mm) e il relativo incremento dell’alesaggio (94 mm): un propulsore fortemente superquadro!
In questo modo, fu possibile aumentare il regime di rotazione massimo (e di conseguenza la potenza erogata), senza per questo far crescere eccessivamente la velocità media del pistone.
Inoltre, un alesaggio così importante aveva anche permesso l’impiego di valvole di aspirazione e scarico di maggiore diametro.
Una moto “pronto gara”
Che la R fosse una moto pensata per le competizioni lo dimostrava la sua testa: la fusione, infatti, offriva spessori sufficienti a garantire successive lavorazioni da parte dei vari team, ciascuno secondo le proprie esigenze.
A tutto ciò si accompagnava l’utilizzo di materiali e particolari tipicamente racing, come le bielle e le valvole in titanio, i pistoni in materiale ad alta resistenza, l’albero motore superleggero con mannaie appena pronunciate, le camme specifiche con profilo racing, il carter coppa bassa e gli iniettori a 12 fori. Vi sono poi delle vere raffinatezze, come l’impiego di coperchi testa in magnesio e delle cartelle copricinghia in fibra di carbonio dotate di apposite prese d’aria per il raffreddamento delle cinghie di distribuzione, così come la nuova frizione antisaltellamento, con lo spingidisco con molle cilindriche e il tamburo con piani inclinati.
La 749 R in pista
Il tester Alan Cathcart ebbe la fortuna, alla fine del campionato Supersport 2004. di provare la 749 R con la quale Lorenzo Lanzi aveva ottenuto buoni risultati.
Il test mise in luce i pregi e i difetti di questa moto: fra i primi, senz’altro il suo potenziale sui circuiti veloci, grazie alla sua impressionante velocità di punta, come dimostrarono i 292 Km/h registrati sul rettilineo di Monza! Risultò poi sorprendente come la moto fosse particolarmente confortevole, consentendo anche a un pilota alto di sistemarsi dietro il largo cupolino. Sul fronte del propulsore, la 749 R dimostrò di avere una coppia utile già ai medi regimi, pur girando incredibilmente in alto per essere una 750: infatti, spingeva forte anche dopo i 13.000 giri, regime che Lanzi affermava di superare in ogni marcia.
Da riferimento l’impianto frenante anteriore con dischi da 320 mm e pinze radiali a 4 pistoncini e 4 pastiglie, che forniva tutta la potenza necessaria per fermare la 749 in spazi molto brevi, aiutato dall’azione della frizione antisaltellamento.
Dall’altro canto, mancava quel guizzo iniziale che catapulta fuori dalle curve lente come sulla Honda del Team Ten Kate o sulla Yamaha R6 del Team Italia, fatto che permise alle giapponesi di avere ancora un certo vantaggio sui circuiti più tortuosi. Forse il motivo era dovuto al gap in termini di peso: circa 12 Kg a svantaggio della Ducati che, con 174 Kg e nonostante la molta fibra di carbonio, era ancora 7 Kg sopra il limite imposto per i bicilindrici.
Cathcart concluse la sua prova affermando come la R avesse bisogno di un ulteriore sviluppo per risultare effettivamente competitiva su tutti i circuiti del mondiale. In modo realistico, però, concluse con queste parole il suo articolo: “Tutto dipenderà da quante risorse verranno destinate a questo progetto, visto il grosso impegno richiesto in MotoGP e l’obbligo di conferma in Superbike.”
Lo stile della 749 R
Le forme sono quelle note della 999, ma qui nella versione rigorosamente monoposto, con la carena in fibra di carbonio.
Ulteriore dimostrazione della sua anima sportiva, il fatto che gli specchi retrovisori, con indicatori di direzione integrati, siano di veloce smontaggio, così come tutte le altre parti superflue per le competizioni.
Ogni 749 R è dotata di una targhetta in argento numerata, posizionata sulla testa dello sterzo.
Il serbatoio è di tipo maggiorato e contiene ben 18,3 litri, perché il regolamento Supersport non prevede la sostituzione del serbatoio di serie, mentre in gara è necessaria maggiore autonomia.
Il telaio della Ducati 749 R
La moto ha il classico telaio a traliccio, con la possibilità di modificare l’inclinazione del cannotto di sterzo (da 23,5° a 24,5°), abbinato a un nuovo forcellone scatolato in lega di alluminio, replica di quello che era stato utilizzato, nel 2003, dalle 999 Factory: ha il pregio di assicurare un rapporto fra peso e rigidità sensibilmente superiore a quello garantito dagli allestimenti standard.
In più (come sui modelli della gamma Superbike) vi è un sistema di regolazione della catena con cursori e non con eccentrici, così che gli interventi sulla tensione della stessa non influenzano il set-up delle sospensioni, poiché non si modifica l’altezza della parte posteriore della moto.
Nuovo è anche il cinematismo della sospensione, anche in questo caso del tutto simile a quella delle Ducati Factory, capace di assicurare la necessaria rigidità, a tutto vantaggio della precisione nella guida sportiva. Una rigidità ottenuta anche con una molla diversa e una corsa ridotta (da 71 a 56 millimetri) dell’ammortizzatore Öhlins completamente regolabile.
Aspetto particolare è il fatto che la 749 R permette di intervenire sulla posizione in sella, modificando l’assetto, tramite lo spostamento longitudinale fino a 20 millimetri del gruppo sella-serbatoio e la posizione delle pedane, che sono regolabili solo su due posizioni, rispetto alle cinque offerte dalle altre 749, a causa delle regole imposte dal campionato mondiale Supersport.
Davanti troviamo una forcella a steli rovesciati Öhlins, con canne da 43 millimetri di diametro, trattate al nitruro di titanio per conferire la migliore scorrevolezza: oltre a essere completamente regolabile, la forcella ha un piede predisposto per l’attacco radiale delle pinze freno. Pinze che sono a quattro pistoncini e quattro pastiglie, tipo triple bridge, e sono accoppiate a dischi da 4,5 millimetri di spessore.
Tutti i componenti sono quindi derivati direttamente dalle competizioni, compresi i cerchi ruota, che sono i Brembo-Marchesini in lega di alluminio, forgiati e lavorati: la loro particolare lavorazione permette di risparmiare 3,2 Kg rispetto alla coppia di cerchi delle altre 749.
La storia della R si conclude in breve: nel 2005, come per le altre versioni Superbike, arriva un cupolino più alto e più largo, dal quale sono state eliminate due delle prese d’aria laterali, completato con un plexiglass più alto; nel 2006 non ci sono modifiche, mentre nel 2007, l’arrivo della Ducati 1098 pone fine alla storia della famiglia 999/749.
CONCLUSIONI
Chiunque l’abbia provata può testimoniare come in sella alla 749 R anche un utente mediamente esperto riesca, in brevissimo tempo, ad andare altrettanto o addirittura più forte rispetto ai desmoquattro Ducati di maggior cilindrata.
La minor potenza è infatti supportata da un pacchetto motore/ciclistica di altissimo livello, che permette di poter competere contro chi ha dalla sua cavalli in abbondanza.
Si tratta comunque di una vera moto racing, un po’ carente sotto i 5000 giri: infatti, dà il meglio di sé sopra questo regime, dimostrando tutte le sue doti.
Altro aspetto che ha sempre impressionato, è la qualità della sua frenata: l’impianto anteriore con pinze ad attacco radiale è potentissimo e la modulabilità è altrettanto elevata, trasmettendo, di conseguenza, una sensazione di grande sicurezza.
Molto apprezzata dagli utenti è la sua relativa comodità, certamente molto superiore a quella di una 998.
Non a caso, Ducati, in quel periodo, nelle sue cartelle stampa ci teneva a sottolineare come il comfort fosse un parametro fondamentale non solo per la guida in strada, ma che “…ha importanti risvolti anche in pista, visto che, se ci si affatica meno alla guida, si possono tenere ritmi più elevati per tempi più lunghi. Una teoria ampiamente dimostrata dai cronometri“.
Il suo punto debole è stata senz’altro l’estetica, apprezzata da pochi, anche considerato l’inevitabile paragone che tutti i ducatisti facevano con la moto che aveva sostituito, la 998 appunto.
Resta il fatto che la versione R si è fatta maggiormente apprezzare sotto questo punto di vista grazie ai molti componenti racing che la caratterizzavano e che la rendevano effettivamente più affascinante.
Un’ultima notazione la merita il suo prezzo d’acquisto, ovvero ben 19.950 Euro, una cifra certamente impegnativa, ma forse congrua rispetto al ristretto numero di esemplari costruiti e alla qualità della componentistica utilizzata su questa vera racing replica che purtroppo ebbe una vita sportiva assai avara di risultati: a parte un buon quinto posto finale ottenuto da Lorenzo Lanzi nel 2004 e la grande vittoria di Gianluca Nannelli a Imola nel 2005 con la moto nella livrea celebrativa della vittoria di Smart del 1972, la 749 R non si dimostrò mai competitiva nei confronti della concorrenza giapponese che in quei tempi dominava con la Honda CBR 600 RR.