Un groviglio di sentimenti, teste, cuori, anime e motori, un affresco in bianco e nero che rapisce lo sguardo per la sua intensità: la salita è una competizione che raccoglie il testimone delle corse stradali di ieri, vestendosi oggi della necessaria sicurezza, una realtà viva e vegeta perché raccoglie l’attenzione di tanti appassionati.
Un fascino che non poteva non attirare quelli della BdB, la “Battaglia dei Bicilindrici”, altra esperienza che ha scritto storie importanti nei suoi 30 anni di vita.
Partita in Italia con una gara sul “corto” di Vallelunga nel giugno 1989, la storia delle due cilindri si è snodata in questi tre decenni per poi tornare all’antico nel 2014 con il primo nome, “Battle of the Twins”, e quindi rinnovarsi nel 2019, sia in termini di regolamenti che di nome, come “Battaglia dei Bicilindrici”.
Già nel 2018 si era pensato a una sorta di trofeo che registrasse il confronto tra due realtà cosi diverse eppure cosi vicine. Quest’anno, raccolta una bella pattuglia, grazie agli sforzi del MC Saponettari, sette temerari si sono letteralmente aggrappati al filo che unisce le due realtà (pista e salita) dando vita alla “Iron BdB”: una sorta di super campionato dei due cilindri, con punti raccolti in entrambe le specialità.
La scelta della famosa gara in salita de “Lo Spino” (definito come l’autodromo attaccato alla montagna) dello scorso settembre, a Pieve Santo Stefano (Arezzo), si è rivelata eccezionale per la disponibilità degli organizzatori ed è stata inizialmente decisa in base al calendario della BdB perché potesse essere vissuta al meglio: da segnalare che l’evento era anche l’ultima prova del Campionato Italiano di Velocità in salita.
Partiti i primi contatti, per Alessandro e Virna Pigolotti della Pro Spino, organizzatori della gara, è stato semplice mettere a punto i vari passaggi: pronti a ogni richiesta di logistica o servizi, con il supporto del coordinatore Fmi Simonetti, i nostri hanno avuto pure la loro classifica di categoria.
Piccole cose, situazioni che si snodano lungo la due giorni e che ti fanno sentire al centro dell’attenzione, una dimensione che purtroppo non sempre si trova su tutti i campi di gara.
Eppure gente come Pigolotti e soci dovrebbero essere molto più stressati di tanti altri organizzatori di altre specialità, tra burocrazia, verifica della strada, i mille permessi e i diecimila occhi puntati: tutto un lavoro che si sublima in 48 ore di soddisfazione infinita per lo spettacolo che è stato tirato su.
Il coinvolgimento del territorio è palpabile, il pubblico che letteralmente circonda il percorso, dà un senso a tutto questo e allora, solo allora, si può capire il perché di tanti sforzi.
Arturo Ansaloni, Luca Bassetto, Fabio Bernardi, Francesco Greco, Daniele Manzo, Massimiliano Porta, Francesco Vernarelli: ecco chi sono i sette protagonisti di questo racconto.
Arrivati sul luogo del delitto, subito accolti nel migliore dei modi, al sabato hanno avuto il primo contatto con il percorso nelle prove libere: il tempo non prometteva nulla di buono, ma per i nostri c’era altro a cui pensare, c’era da capire il percorso nel più breve tempo possibile, senza poter rifare quella curva una, due, dieci volte, come si è abituati a fare in pista, dove ci si può migliorare giro dopo giro.
Mentre la giornata scorreva, saliva l’adrenalina e la felicità di esserci, anche se un acquazzone notturno guastava un po’ l’atmosfera, lasciando umidità sul tracciato e ben poche speranze di miglioramento nel corso della domenica.
Nelle qualifiche, Bernardi chiudeva undicesimo assoluto nella Super Open 1000, davanti ai suoi due compagni di squadra Francesco Vernarelli e Francesco Greco, con l’ottimo Massimiliano Porta, reduce dalla non breve trasferta dalla Sardegna, pronto a piazzarsi sedicesimo assoluto.
In gara Uno, Bernardi manteneva il primato nella BdB, migliorandosi in classifica assoluta fino al nono posto, mentre Vernarelli la spuntava ancora su Greco e Porta.Rientrati alla base, scattava il consulto generale e tutti optavano per chiudere la giornata lì, senza rischiare inutilmente.
Nel frattempo, anche gli altri tre amici della pattuglia, dopo aver fatto le prove libere, hanno preferito rinunciare alla gara, anche considerando l’attrezzatura e le gomme non adattissime a un clima che peggiorava di minuto in minuto: tutti amareggiati, ma comunque consapevoli di aver vissuto un week end da ripetere.
Ma una volta svolto il compito relativo della cronaca dell’evento, è senz’altro il tempo di dare la parola ai partecipanti.
Inizia Arturo Ansaloni: “Era un sacco di tempo che volevo fare una gara in Salita, mi pare la cosa che più si avvicina al Tourist Trophy (tra l’altro lui al TT c’è stato sul serio, facendo un paio di giri in prove libere, ndr). Che dire del percorso, del semaforo con 20 secondi tra un pilota e l’altro, di quelle curve e di quei rettilinei, del ritrovarsi tutti in cima, per poi scendere a motore spento godendosi il panorama”.
Daniele Manzo ha preso parte alla gara con la sua Ducati 959 che usa in pista, anche se: “…avrei potuto utilizzare il mio Monster 821, ma questa è la moto che sto utilizzando nel Trofeo”. Sensazioni e differenze con la pista? “Adrenalina pura: non conoscendo il tracciato, hai due minuti per dare il massimo con tutti i rischi che ne derivano. La pista ti permette di recuperare all’errore, ma è anche vero che l’incitamento che ti dà il pubblico a pochi passi da te è indescrivibile. L’ambiente poi è fantastico, sembra di tornare indietro nel tempo con moto artigianali e la passione e la genuinità della gente”.
Anche Francesco Greco non ha certo rinunciato alla sua 1199 Panigale che usa per il trofeo, anche se ha tribolato non poco per domarla. “La salita è un ambiente unico: il tempo di guida è molto limitato e la prestazione deve arrivare subito. Nonostante questo, con lo spirito giusto, la salita può essere molto appagante. Ci sono poi delle tempistiche da pianificare con attenzione, altrimenti rischi di arrivare in partenza troppo presto con il problema di trovarti con le gomme fredde”.
Fabio Bernardi è un fan deciso della 999: “Una moto diversa, un po’ come me, che mi sono sentito sempre un po’ diverso dai miei coetanei”. Tutto in un giro secco nella Salita: “Serve molta concentrazione e spirito di osservazione per capire dove mettere le ruote, dove ci sono disconnessioni o traiettorie sporche anche se poi ogni volta che sali c’è differenza. Il bello della Salita One Shot è l’imprevisto!”. Cos’altro ti ha colpito in questo week end? “Il pubblico secondo me è la colonna portante del CIVS, senza di loro non sarebbe lo stesso. Vederli tifare per te è un po’ come fare la super pole in pista”.
Francesco Vernarelli doveva anche sopportare i postumi di una recente caduta: “Ho utilizzato la 848 che è equilibrata, sia nella guida che nel motore, e quindi godibile in pista come in salita. Forse sul setting non ho colto l’attimo, in quanto era un po’ troppo rigida”. Quindi non ti sei divertito? “Certo, anzi mi sono trovato proiettato indietro di anni, esattamente alla metà degli anni ’80 quando ho fatto il mio esordio in pista. Tutto più caloroso, più ruspante, più amichevole”.
Massimiliano Porta guida una special che ha come base di partenza una Ducati ST2, che ha poi letteralmente demolito per riassemblarla con varie parti di altre Ducati: quindi serbatoio del 998, forcellone di una ST4, forcella e mono WP corsa, pompe radiali e dischi Braking, pinze della 999, piastre sterzo in ergal e tanto altro tra cui l’elettronica curata dalla Bytheteraphy di Carlo Benatti. “Premesso che non sono giovanissimo e che non ho mai partecipato a questo tipo di competizioni, ho vissuto con piacere questa esperienza: certo, girare su strada non è come girare in pista, bisogna fare i conti con il cambiamento del manto stradale a ogni passaggio, il meteo può cambiare nell’arco di qualche ora come è successo a noi con la pioggia al mattino di gara”.
Concludiamo la nostra carrellata di testimonianze con Luca Bassetto: “Ho cominciato a guidare le moto sulle strade di Roma, esattamente sulla Tiburtina, e quelle sensazioni non le ho dimenticate. Il passaggio però da pista a salita è stato traumatico; in pista fai la stessa curva decine di volte in un week end, il bello della salita invece è che sulla stessa curva ci passi solo qualche volta. L’incognita, la bellezza di tutto questo è affascinante. Ti giochi tutto in poco tempo. Bello conoscere questo splendido mondo, dove abbiamo trovato dei veri e propri specialisti: adrelina pura che si sviluppa su due chilometri e mezzo”.
Insomma, tutte le aspettative sono state rispettate, con grande soddisfazione dei partecipanti per questa particolare formula, tanto che si sta già progettando l’edizione 2020 della Battaglia: tornerà infatti l’Iron BdB con almeno due salite in programma e la somma dei punteggi salita più pista per decretare il campionissimo delle due cilindri!