Cuoio, legno e metallo per questa 749
Ma poi, in fondo cos’è che permette di definire una special come ben riuscita, un lavoro ben fatto? Forse un progetto ben definito nella mente del preparatore perseguito con fedeltà ed efficacia? O il rispetto del carattere della moto su cui si mettono le mani, ottenendo, ad esempio nel caso di una supersportiva, un miglioramento delle performance?
Oppure, da un punto di vista estetico, il conseguimento di quelle che sono le linee guida accettate dai più, magari creando una cafe racer, come va tanto di moda negli ultimi anni?
Sebastiàn Achaval, un argentino che vive a New York, si è disinteressato abbondantemente, se così si può dire, di tutte queste premesse. Da questo punto di vista, molto chiariscono le sue sincere parole in proposito: “La moto era già una bestia da guidare, quindi non volevo fare niente in questo senso, ma solo rivederne lo stile, creando una naked che avesse una posizione di guida più rilassata. Poi, sapete com’è, una cosa tira l’altra, e all’improvviso la moto si è smontata da sola e io mi sono trovato coinvolto in una serie infinita di modifiche!”.
La moto in questione, è bene dirlo perché sicuramente ora non è più riconoscibile, era una Ducati 749 del 2003, quindi una moto della famiglia delle Superbike Ducati. Certo, direte voi, perché ridurla così con tanti parti in legno e quelle gomme?
Sebastiàn però non si è curato molto del pensiero degli altri, ed è andato avanti seguendo, in totale libertà, la sua ispirazione del momento: nessun progetto predefinito, quindi, nessuna linea guida, solo la voglia di creare qualcosa di unico.
In effetti, questo è stato il risultato: la sua “Arriera”, questo il nome scelto per la sua creatura, è una sorta di spirito libero nato dalla voglia di cimentarsi, in modo artigianale, in lavori di modellazione del legno, del cuoio e del metallo.
Il tutto, come lui stesso ci confida, pure in mancanza della specifica attrezzatura: “Ho fatto questi lavori per la prima volta in vita mia e anche senza gli strumenti giusti, come può essere una sega da banco per modellare il legno o l’attrezzatura adatta per fare le saldature in modo professionale, ma anche senza un ponte sollevatore dove sistemare la moto per lavorare meglio: sono molto orgoglioso di me stesso, visto che sono sopravvissuto, ma è stata dura!”.
Tutta questa manualità deriva dal fatto che Sebastiàn si è ispirato per il suo lavoro ai Gauchos, i mandriani della Pampa in Argentina, che appunto realizzavano a mano attrezzi e coltelli in legno e metallo intagliato: quindi un inno al darsi da fare, al sapere artigiano.
“Io provengo da quella parte del mondo – ci ha confidato – e volevo fare qualcosa che ne catturasse lo spirito e fosse unico nel suo genere”.
In effetti, osservando la moto, si notano molti particolari che sono senz’altro attinenti a questo sentire, come la zona della sella, del cruscotto e delle poche sovrastrutture, tutte realizzate lavorando il legno.
Ma non solo legno, in quanto Sebastiàn ha realizzato manualmente il nuovo telaietto posteriore che ora ospita una sella monoposto, così come l’intero giro degli scarichi che ora vanno verso il basso e sul lato destro della moto, invece che sotto la sella com’era nella 749.
Per il relativo terminale, invece, ha optato per un tradizionale Supertrapp, scelto per la sua tonalità cupa e per il fatto che andava di gran moda in Argentina per elaborare le grosse enduro giapponesi al tempo della sua gioventù; ma anche in questo caso, Sebastiàn ha voluto aggiungere la sua nota creativa, privandolo dei dischi in metallo che lo silenziano, utilizzati poi per personalizzare il faro anteriore! Il suo commento in proposito chiarisce molto del suo modus operandi: “Mi piace giocare con i pezzi e usarli dove non sono necessari!“.
Fedele al marchio Ducati è stata invece la scelta per la nuova piastra di sterzo, di provenienza 1098, sulla quale ha trovato posto l’attacco manubrio di una Streetfighter che gli ha permesso di scegliere un manubrio Rizoma con conformazione diritta utile per quella posizione di guida più comoda di cui parlavamo all’inizio. Il passo successivo è stato quello di concentrarsi sulla parte elettrica, nascondendo i cablaggi, realizzando un box che ospita la batteria e altri componenti elettronici, oltre a costruire ex novo i comandi al manubrio.
Già, anche quest’ultimi sono stati fatti su misura, perché quelli originali non gli piacevano, con il tocco finale che ora i vari cavi sono cablati all’interno del manubrio.
Non contento di tutto ciò, si è voluto anche sostituire il cruscotto, che, come sanno i ducatisti, rappresenta l’interfaccia della centralina Ducati; in questo caso, però, Sebastiàn si è dovuto affidare a uno specialista, Mark di Brooklyn Moto, che ha trovato il modo di bypassarlo, dopo di che è stato abbastanza facile ripensare tutto l’impianto luci e interruttori, installando anche la nuova unità Motogadget che comprende tachimetro e spie di servizio.
In una parola, ha scelto una configurazione più semplice che gli ha permesso di lavorare in modo più facile su ogni parte dell’impianto elettrico.
La descrizione delle modifiche termina prendendo nota della nuova forcella Showa e del rinnovato impianto frenante sempre della Brembo, modifiche dettate dalla semplice necessità di aggiornare una moto che comunque ha diversi lustri sulle spalle.
Se non ti piace, guarda da un’altra parte
In conclusione, non possiamo certo trascurare l’aspetto estetico di questa special, argomento sul quale però Sebastiàn taglia corto: “Sono consapevole del tabù del “Niente legno sulle moto”, ma perché non andare contro le solite regole? Se non ti piace, guarda da un’altra parte. La diplomazia non è quello che mi interessa“.
Una dichiarazione netta, quindi: del resto, tornando alla nostra domanda iniziale chi può dire quale sia la ricetta giusta per definire una special come ben concepita e realizzata?
Al di là delle diverse opinioni e gusti, da valutare con attenzione l’impegno e la voglia di superare tanti piccoli e grossi problemi, con un approccio artigianale e di buona volontà, per realizzare un oggetto che fosse in sintonia con la propria storia e le proprie origini.
Foto di Bryant Carmona e Matthew Andreini
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