Quando una consuetudine che dura da molto tempo si interrompe, la gente mormora, si agita. Tuttavia, nello sport, così come nella vita di tutti i giorni, l’espressione “per sempre” non esiste. E’ inevitabile che un periodo di equilibrio più o meno lungo venga prima o poi interrotto, nel bene e nel male.
Questo può dipendere da vari fattori. Possono esserci degli elementi “rivoluzionari”, come la comparsa di nuovi protagonisti, oppure può essere che, secondo il naturale evolversi delle cose, si chiuda un’era per aprirsene un’altra.
Vi ricordate la storia dei dinosauri, quelli che un tempo erano i dominatori di questo pianeta? Be’, non si sa ancora esattamente come, se per un’improvvisa glaciazione o per la caduta di un gigantesco asteroide sulla terra, fatto sta che adesso sono scheletri da museo…
Nel nostro caso abbiamo due piloti: uno rosso e uno giallo. Uno viene da lontano, dall’altra parte del mondo, l’altro è nato e cresciuto dietro casa nostra.
Il primo è un tipo tosto, uno che per realizzare i propri sogni ha sofferto, ha dovuto stringere i denti e, soprattutto, ha assaggiato l’asfalto una quantità impressionante di volte. L’altro è dotato di un talento straordinario, probabilmente tra i più luminosi di sempre, al quale ha saputo aggiungere grandissima intelligenza e una costanza di rendimento disarmante.
Stoner e Rossi, Rossi e Stoner. Un binomio che fa scintille, in pista e fuori. Due interpreti della stessa disciplina che si trovano a combattere nella stessa epoca. Entrambi vogliono vincere: questo è il problema.
Rossi perché è ormai abituato a farlo da tanti anni. Salire sul gradino più alto del podio, per lui, è come bere a una fonte di eterna giovinezza.
Casey Stoner, invece, è motivato da tutti i sacrifici che ha fatto per conquistare il suo obiettivo: ha lasciato la sua terra, ha lavorato fin da piccolo per potersi permettere una carriera da pilota, pur con tutti i punti interrogativi del caso.
Due personaggi molto diversi, anche una volta tolto il casco: grande comunicatore, solare ed estroverso Valentino, più chiuso, taciturno e riservato Casey. I protagonisti della stagione MotoGP 2007 sono come il giorno e la notte, carne e pesce.
Entrambi sprigionano forza, concentrazione, determinazione, ma lo fanno in modi completamente differenti. A tal proposito, c’è un dualismo piuttosto curioso che, forse, vale la pena di sottolineare. Se da una parte abbiamo un pilota italiano che guida una moto straniera e, dall’altra, un pilota straniero in sella a una moto italiana, è altrettanto vero che anche all’interno dei rispettivi box, Stoner e Rossi vivono due situazioni speculari.
Da anni, infatti, l’italiano si affida a un tecnico australiano, Jeremy Burgees, mentre il giovane di Southport (Stoner non è nato a Kurri Kurri come hanno scritto in molti!) è stato inserito sotto l’ala di Bruno Leoni, romagnolo DOC.
Casey utilizza pneumatici che vengono fabbricati in Giappone, dunque molto lontano rispetto al luogo dove viene costruita la sua moto, Rossi è legato a un gommista europeo, per l’esattezza francese, mentre la sua moto viene progettata e realizzata in Giappone.
Con queste premesse, dunque, era fin troppo scontato che dal confronto tra Rossi e Stoner si verificassero delle spaccature. Casey e Valentino sono destinati a dividere piuttosto che a unire: dividono i tifosi, la stampa, gli stessi addetti ai lavori del Circus del Motomondiale. Chi è amico di uno non può, automaticamente, esserlo anche dell’altro. Troppi interessi in gioco, troppo alti i toni della sfida.
Qui si tratta di ritrovarsi gomito a gomito a 300 Km/h di velocità, non di fare una partita a scacchi!
C’è tuttavia una domanda che tutti si sono posti, dandosi risposte molto diverse tra loro, ovvero: chi è veramente il più forte tra i due?
Se, infatti, nel 2006 Rossi ha comunque interrotto una striscia vincente che durava da cinque anni, nessuno si è neppure sognato di paragonare la bravura di Nicky Hayden al fenomeno di Tavullia, che in quella stagione ha vinto cinque gare (pur con diversi stop tecnici) contro le due sole dell’americano laureatosi poi campione del mondo.
Quest’anno, invece, le cose sono andate in modo ben diverso: Stoner ha dominato, vincendo più della metà delle corse disputate. Un ruolino di marcia alla Rossi, dunque.
Valentino non è abituato a perdere, questo l’abbiamo già detto e, soprattutto, non è abituato a farlo in modo così schiacciante, senza poter neanche lottare. Stoner è stato l’unico a demolire Rossi, come lo stesso Rossi era abituato a fare con altri piloti nelle passate stagioni.
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La vittoria di Ducati e di Casey Stoner
Quattro grandi del passato Ducati dicono la loro sul fenomeno del momento: il pilota australiano Casey Stoner, campione Motogp 2007.
Ecco perché i due non potranno mai essere amici. Di fronte a una superiorità così evidente, però, diventa difficile stabilire quali siano gli elementi che hanno fatto la differenza.
Analizzando in modo più approfondito la situazione, infatti, e senza in alcun modo voler mettere in dubbio le capacità del pesarese (che non ha certo dimenticato come si fa a guidare da una stagione all’altra!), il confronto si sposta su altri tre elementi: la moto, le gomme e la squadra.
Di sicuro (diamo a Cesare quel che è di Cesare), durante le prime gare di quest’anno la Desmosedici ha palesato, in velocità massima, un vantaggio innegabile che, però, con il proseguimento della stagione si è progressivamente ridotto, senza tuttavia arrivare ad annullarsi. La M1 di Rossi, invece, non ha mai messo in luce una competitività irresistibile, oltre al fatto che, in più di un’occasione, lo ha perfino lasciato a piedi. Sul fronte gomme, poi, si è scatenata la polemica più accanita di tutta la stagione: secondo alcuni le Bridgestone avrebbero fornito un vantaggio tale da falsare completamente i valori in campo.
Questa ipotesi, osservando la classifica iridata, non sembrerebbe tuttavia trovare conferma, visto che ai primi quattro posti compaiono due piloti Michelin, il secondo e il terzo, e due piloti Bridgestone, il primo e il quarto.
Tra questi, il secondo ha vinto due GP, il terzo quattro e il primo classificato è a quota dieci.
Paragonando, infine, i risultati di Stoner e Rossi con i rispettivi compagni di team, vale a dire Capirossi ed Edwards, che hanno terminato settimo e nono in classifica, ci si accorge ancora una volta che la differenza principale in termini di prestazioni è stata fatta dai piloti.
Se Rossi è fuori discussione, dunque, è altrettanto indiscutibile che anche Stoner ci ha messo molto del suo.
Qual è, allora, la risposta alla domanda che ci siamo fatti: chi è davvero il più forte? Probabilmente è ancora presto per dirlo. Il prossimo anno, infatti, Stoner avrà il duro compito di confermarsi al vertice.
Quest’anno, pur essendosi meritato il mondiale al 100%, ha comunque potuto contare sul cosiddetto effetto sorpresa, in quanto nessuno avrebbe scommesso un soldo sulla sua vittoria nel Mondiale.
Nel 2008, inoltre, anche Rossi sarà chiamato a un confronto che non ammetterà scuse, e pare che a tal proposito stia già lavorando sodo per ottenere quelle garanzie tecniche che gli permettano di esprimersi al meglio (vedi le gomme Bridgestone).
Valentino, dunque, è ancora il riferimento della classe MotoGP, il pilota che ha vinto di più e che, quando i mezzi a sua disposizione non ne mortificano le potenzialità, non fallisce mai l’obiettivo.
Stoner, invece, deve dimostrare di arrivare laddove Hayden, e come lui Kenny Roberts Jr e Alex Criville, ha fallito: confermarsi campione, dimostrando la definitiva maturazione che distingue l’outsider dal top rider.
Prepariamoci, dunque, a una nuova sfida che, il prossimo anno, stabilirà definitivamente i valori in campo: quello di Stoner, il giovane coriaceo venuto da lontano, e quello di Rossi, il campione affermato dal talento cristallino.
Foto Snap Shot e Ducati Corse
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