Sono in tanti, e tra questi ci siamo spesso anche noi, a schierarsi in difesa della massima originalità possibile quando si parla di moto classiche e d’epoca, ma di fronte a un esemplare come quello di Massimo Sanfelice è possibile fare un’eccezione. L’appassionato salernitano, infatti, è riuscito a concretizzare un progetto di rara bellezza, oltre che di grande complessità: dar vita a una TT1 replica utilizzando non solo pezzi relativi al periodo storico in cui questo modello fu costruito, ma attingendo a piene mani da materiale e soluzioni attuali.
Il rischio di andare “fuori tema”, naturalmente, era molto elevato, ma grazie a una notevole padronanza tecnica e a tanto buon gusto, Massimo ha saputo dare uniformità a un arditissimo mix tra vecchio e nuovo; lo dimostra il fatto che a spingere questa inedita TT1 ci sia il bicilindrico a due valvole con raffreddatamento ad aria della Hypermotard 1100, il cosiddetto Dual Spark!
Sì, avete capito bene, stiamo parlando di una moto che tra la progettazione del motore e quella del telaio vede correre circa 30 anni! Eppure, vista così, non si direbbe: questa HyperTT, come l’ha soprannominata Sanfelice, sembra tutto fuorché “azzardata” o priva di una sua ragion d’essere.
Contaminazione è la parola d’ordine: così, sotto un look da TT, pulsa un moderno Desmo DS.
“Di esperimenti di questo tipo se ne vedono diversi in giro, – spiega Massimo – ma credo di essere stato l’unico a utilizzare il Dual Spark di 1100 cc. Bisogna infatti considerare che il telaio della TT1 non era certo nato per supportare potenze esagerate, ma puntava piuttosto sull’agilità, sull’estrema compattezza e sul peso contenuto.”
A tal proposito, i tubi del traliccio utilizzato da Sanfelice sono stati maggiorati, passando da 25 a 28 mm di diametro, e anche numerosi attacchi sono stati rivisti per uniformarsi alle nuove specifiche.
Il forcellone è quello di una 1000 Super Sport, in alluminio con capriata di rinforzo superiore, modificato a livello di fulcro in accordo con la diversa tipologia di basamento cui è vincolato e abbinato a un monoammortizzatore Paioli con serbatoio separato a doppia regolazione. All’avantreno compare una forcella Öhlins a steli rovesciati da 43 mm “stretta” da piastre Robby Moto in ergal ricavato dal pieno.
Massimo ha preferito “non esagerare” con l’impianto frenante anteriore, che prevede pinze Brembo racing a quattro pistoncini con attacco tradizionale (quelle radiali, a suo dire, sarebbero state un po’ eccessive!) e dischi flottanti da 310 mm, mentre al posteriore ha installato un piccolo disco da 220 mm con pinza a due pistoncini; in entrambi i casi, le pinze beneficiano di appositi supporti in alluminio lavorato dal pieno che ha progettato e realizzato lo stesso Sanfelice, al pari delle pedane, del portacorona e di tutte le staffe che sostengono la carenatura e l’impianto di scarico.
In tema di cerchi, troviamo una coppia di Marvic Penta da 17”, con il canale nelle classiche misure da 3,50” all’anteriore e 5,50” al posteriore, predisposti per l’impiego degli altrettanto consueti pneumatici da 120/70 e 180/55.
Le attenzioni di Massimo non si sono però concentrate solo sulla parte ciclistica: non contento dei 90 Cv all’albero erogati dal motore in configurazione standard, ha deciso di intervenire pesantemente anche a livello meccanico: il bicilindrico a iniezione elettronica è stato sottoposto a un’accurata lavorazione delle teste, provvedendo nel contempo all’installazione di pistoni ad alta compressione CP by Carrillo, alberi a camme Ducati Performance e un volano alleggerito.
Naturalmente, la centralina è stata rimappata di conseguenza, cosa che ha fatto penare non poco Sanfelice; con l’occasione sono stati aggiunti anche un radiatore dell’olio supplementare e una frizione antisaltellamento, anch’essa proveniente dal catalogo Ducati Performance.
Grazie anche al bellissimo impianto di scarico di tipo 2 in 1 composto dai tubi della Pierobon e dal silenziatore conico by Massmoto, che ricalca nelle forme quelli montati a suo tempo sulle TT1 originali, il Dual Spark che equipaggia questa special è adesso in grado di sviluppare ben 96,94 Cv alla ruota (misurati al banco a 7850 giri), per una coppia massima di 11,09 Kgm a soli 5400 giri ma, soprattutto, in corrispondenza di un peso a secco contenuto in appena 140 Kg.
Oltre che alla sua configurazione puramente racing, e dunque priva di tutto ciò che risulta superfluo per la guida in pista, la straordinaria leggerezza che caratterizza la HyperTT è dovuta alle sue bellissime sovrastrutture in fibra di carbonio, anch’esse opera di Sanfelice, il quale ha apportato alcune piccole modifiche rispetto alle forme della TT1 standard, allungando lo spazio di seduta, che altrimenti sarebbe risultato troppo “incassato”, ampliando un po’ il cupolino, in modo da garantire maggiore protezione aerodinamica e, soprattutto, realizzando un ingegnosissimo airbox per l’impianto di alimentazione nella parte inferiore del serbatoio che è stato diviso in due al suo interno, destinando al carburante circa 8 litri di capacità, mentre la restante fa “respirare” i corpi farfallati.
Così configurato, però, il serbatoio non “pescava” più benzina in alcuni casi particolari, come ad esempio nelle frenate più intense, pertanto Massimo è stato costretto a realizzare anche un serbatoio supplementare in anticorodal sul lato destro del telaio, immediatamente sotto la sella, in modo che l’impianto di alimentazione non rimanesse mai a corto di carburante grazie a un’apposita pompa.
Queste e altre prelibatezze tecniche, come ad esempio il doppio faro Carello che Sanfelice ha voluto aggiungere come tributo ai successi della TT1 nelle gare di durata insieme a un piccolo faretto posteriore, hanno portato via quasi due anni di lavoro!
Un periodo di tempo notevole che, tuttavia, non è stato sufficiente a completare l’opera: l’ultimo cruccio di Massimo, infatti, consiste nella strumentazione, che è ancora quella a cristalli liquidi della Hypermotard! “In realtà, – racconta – non si è trattato solo della mancanza di tempo, ma della difficoltà che ho incontrato nel modificare l’impianto elettrico. I moderni bicilindrici Ducati, infatti, sono equipaggiati con la linea CAN e la strumentazione, così come il blocchetto di accensione dotato del cosiddetto immobilizer, è completamente integrata in questo sistema, perciò non è possibile sostituirla senza prima aver riprogrammato il software, ma prometto che appena sarò in grado di farlo installerò un bel contagiri Veglia a fondo bianco!”
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