Álvaro vince “perché ha il ‘tocco’”, che sarebbe a dire una guida esemplare, con tanta leggerezza, con un rispetto unico delle gomme che sulla sua moto sono sempre le più morbide disponibili. Álvaro vince “perché ha la sensibilità nel polso, è come Stoner, non si appoggia mai all’elettronica”. Álvaro vince “perché dà sempre il massimo”, e anche “perché è come Fogarty, non perde tempo in pignolerie nella messa a punto”, ma al tempo stesso “è un pilota delicato”.
Álvaro vince perché in MotoGp ha imparato a gestire “una montagna di cavalli” da un motore, quello della Desmosedici, “con un carattere molto simile a quello della V4 R”.
Álvaro però vince anche perché in MotoGp “su una moto ufficiale sarebbe sempre stato tra i primi cinque” e adesso “è in sella a una moto straordinaria, tecnologicamente avanzata, con la quale Ducati ha saputo ottenere il miglior connubio tra produzione e corse”.
Queste che vi abbiamo riportato fra le virgolette sono le opinioni degli addetti ai lavori, che poi scoprirete in modo più esauriente nelle prossime righe, ma che intanto danno bene l’idea dell’impatto che il pilota spagnolo, anche al di là dei risultati, ha avuto nei confronti dell’ambiente della Superbike.
La serie di successi con cui Álvaro Bautista ha iniziato l’avventura sua e della Panigale V4 R nel mondiale Superbike, infatti, non ha precedenti nella storia delle derivate di serie e non era in alcun modo pronosticabile in questa misura.
Assieme all’entusiasmo dei tifosi Ducati, in questi ultimi mesi è nato e cresciuto tra gli esperti di motorsport un intenso dibattito sui motivi di questo dominio (dibattito accompagnato da polemiche sulla presunta “uccisione dello spettacolo”, ma sorvoliamo).
Noi, i perché di questa straordinaria fila di vittorie, abbiamo voluto approfondirli intervistando tre testimoni d’eccezione: il Team Manager dell’Aruba Racing team, Serafino Foti, il Racing Director di Pirelli in Superbike, Giorgio Barbier, la voce di Sky per la Sbk ed ex (ex?) pilota, Max Temporali.
Álvaro Bautista lo avevamo intervistato a settembre 2018, nel weekend della MotoGp a Misano, fresco di firma per la Superbike, ma ancora in apparenza senza la conoscenza di questo nuovo mondo di cui infatti aveva pochissime informazioni: “Mi hanno detto che la moto si muove un po’ più della MotoGp, chiaramente, perché il telaio è diverso. – ci aveva risposto – Mi hanno anche detto che le gomme sono un po’ più morbide di queste, e per me va bene perché sono leggero: penso che questo potrebbe essere ideale per il mio stile di guida”.
SBK a Jerez: avanti tutta!
A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.
Alvaro Bautista pronto per la Superbike
Abbiamo incontrato Bautista a Misano: peso piuma, calzini giallo fluo, baffi e capelli biondi; occhi che si sgranano quando Alvaro parla di moto e di corse.
Pochissime informazioni, ma osservando come interpreta adesso la V4 R paiono mirate e molto precise.
Viene quasi da pensare che qualcuno in Ducati questo colpo l’avesse ben studiato, conoscendo già le caratteristiche della moto e del pilota (“I tecnici Ducati dopo ogni prova e dopo ogni gara vengono sempre nel nostro box – ci aveva detto Álvaro, ed è il nostro secondo indizio – sento che c’è attenzione nei nostri confronti”); non vi diciamo chi secondo noi è il sospettato numero uno per questo colpo, ma leggete le interviste e lo troverete citato.
Ma iniziamo subito il nostro percorso alla scoperta “dell’enigma” Bautista parlandone con Serafino Foti, Team Manager di Aruba racing team.
Qual è il segreto di questa alchimia tra moto e pilota?
“Nessun segreto. Noi conosciamo il valore di Álvaro e sappiamo che ha un grandissimo talento; secondo il mio punto di vista in MotoGp non è mai stato messo in condizioni di provare a vincere un campionato; quando gli è stata data la possibilità di sostituire Lorenzo a Phillip Island ha dimostrato qual è il suo vero valore. Gli addetti ai lavori questo lo vedono molto meglio: ad esempio, per me è stato anche più importante quando è arrivato quinto con la moto del team Aspar in Giappone a 6 secondi da Marquez; da dentro le cose vengono vissute in un’altra maniera. Personalmente credo che se Álvaro avesse una MotoGp ufficiale sarebbe costantemente fra i primi cinque, è uno con tali potenzialità. Quindi non c’è nessun segreto. E’ il pacchetto moto pilota che porta a questi risultati. Bisogna intanto fare i complimenti alla Ducati che ha fatto una moto straordinaria, soprattutto perché è un prodotto di serie; sfruttando il connubio delle tecnologie tra produzione e corse è stata messa sul mercato una moto tecnologicamente evoluta: chapeau a chi è riuscito a legare insieme corse e produzione per tirar fuori una moto stracompetitiva”.
C’è qualcosa di speciale nell’approccio e nella preparazione di Álvaro?
“Dà sempre il massimo in qualsiasi situazione, forse perché arriva dalla MotoGp dove il livello è esasperato e dal primo all’ultimo giro devi dare il 110%; non lascia mai nulla al caso, anche in momenti dove non c’è bisogno di dare tutto vuole sempre mettersi alla prova e cercare di migliorare il suo livello”.
Il suo punto di forza nell’interpretare la V4R?
“Il motore ha un carattere simile a quello che lui ha usato negli ultimi due anni, lo conosceva già; ovvio, la MotoGp ha più potenza, però comunque il carattere è simile; è riuscito soprattutto a interpretare le gomme Pirelli, che non aveva mai usato. Non c’è un solo punto di forza, è il pacchetto a far sì che faccia queste cose straordinarie, fortunatamente si è abituato presto e bene alla moto”.
Cosa vi aspettate da Chaz Davies per la seconda parte della stagione?
“Intanto Chaz sta facendo progressi incredibili. Forse ha patito di più il salto tra il 2 e il 4 cilindri, perché ha guidato per 5 anni il bicilindrico: l’adattamento è stato più problematico per Chaz che per Álvaro, perché comunque lui ha cambiato proprio caratteristiche del motore e tipo di moto. Però Chaz è un grandissimo combattente, non molla mai, il suo punto di forza è proprio la testa, è sempre stato molto forte, si è sempre messo in discussione, anche lui lavora sempre per migliorarsi. Comunque, ad esempio, nella gara di Aragon dove è arrivato terzo, è andato più forte dell’anno prima: il tempo di gara è stato di circa sette secondi più veloce. Quindi Chaz in alcune piste sta andando già più forte che col bicilindrico e sta facendo progressi; siamo certi che nella seconda parte della stagione sarà un osso duro per tutti, come lo è sempre stato: uno che vince 29 gare non può dimenticarsi di come si va in moto. Non siamo preoccupati, siamo concentrati per dargli il massimo supporto e poterlo far tornare a fare quello di cui è capace. Lui in questo momento è già a un livello buono, il problema è che con l’arrivo di Álvaro e della nuova moto l’asticella si è alzata e tutti quanti stanno andando più forte degli anni scorsi”.
Visto che con Foti abbiamo introdotto l’argomento dell’importanza delle gomme, chi meglio di Giorgio Barbier, Racing Director Pirelli Superbike, per avere la voce più autorevole in proposito?
La moto di Bautista si muove tanto, poi taglia il traguardo e le gomme non hanno problemi. Mi confermi?
“Sì, decisamente. Ne parlammo con Dall’Igna alla fine della stagione scorsa, quando mi preannunciò che sarebbe arrivato questo pilota che dal suo punto di vista aveva caratteristiche spiccate e precise: tra queste, quella di aver sempre utilizzato il materiale più morbido messo a disposizione dai costruttori di pneumatici, con tutte le marche e in tutti i campionati in cui ha corso. Spunto interessante, considerando che non è sempre stato così con le Ducati degli anni passati”.
Usa sempre le gomme più morbide?
“Finora nel campionato il materiale a disposizione è stato tra il medio e il morbido. Il gioco in una gara è sempre quello di riuscire a usare gomme più performanti e farle funzionare per tutti i giri, che è la cosa più difficile. Lui non ha mai avuto problemi, il materiale medio non l’ha mai preso in considerazione perché ha un ‘tocco’ particolare, per cui riesce a tirar fuori il meglio di performance dal materiale morbido senza portarlo a uno stress eccessivo. La sua è un’efficienza veramente devastante”.
Eppure la moto non è certo una di quelle che possiamo definire come ferme sui binari!
“I piloti che vengono dalla MotoGp sono abituati ad avere moto che, per la ciclistica e per il materiale rigido delle gomme, sono molto ferme sugli pneumatici, mentre lavorano tanto i telai e gli ammortizzatori. In questo senso, le moto stradali e le derivate di serie sono diverse. Mettere quel materiale sulle derivate di serie significherebbe perdere i denti a ogni curva: noi seguiamo una filosofia diversa, che è quella di utilizzare le carcasse stradali che facciamo per le supersportive anche nelle competizioni, per mantenere quel legame necessario a fare prodotti stradali di un certo livello. Hai una carcassa che si muove di più sotto stress estremi, ma poi con il materiale di battistrada diamo più grip rispetto a quello della MotoGp. La velocità con cui un pilota che viene da un’esperienza di moto e di gomme diverse si trova a suo agio in questa nuova configurazione è un segnale importante: significa che stiamo andando nel senso giusto anche per gli utenti finali, per i quali non ha senso complicarsi la vita, ma scegliere le gomme giuste e divertirsi”.
Hai parlato del ‘tocco’ di Bautista, qual è il suo punto di forza?
“Prima tutti dicevano che vinceva perché la Ducati è una MotoGp travestita, un missile in rettilineo. Ma se poi vai ad analizzare, Álvaro guadagna dappertutto, perché la moto non è soltanto veloce, è anche molto maneggevole: lui la guida e la porta molto bene, con molta leggerezza, scioltezza, se la sente addosso, frena fortissimo, e anche nel misto si muove con un’agilità che non era facile trovare nel modello precedente. La messa a punto del due cilindri sulle diverse piste era sempre abbastanza lunga. Questa moto, dove la mettono funziona. Lo vedi subito al venerdì, dalle prime sessioni: questo è un vantaggio fortissimo in un campionato dove devi essere pronto in un giorno. In questo senso, ecco che cos’è il ‘tocco’, secondo me: è quella capacità che lui ha, insieme a Giorgio Nava, alla squadra, agli ingegneri e ai meccanici, di concentrarsi sulle cose che contano, di lavorare in funzione della gara fin dal primo turno, e, a quel punto, non gli resta che dimostrare quel che sa fare. Venendo dalla MotoGp, essendo abituato a gestire una montagna di cavalli su moto anche molto diverse, si è adeguato velocemente”.
Non potevamo concludere questa carrellata di opinioni senza interpellare la voce che ogni weekend di gara ci racconta il mondo Superbike, ovvero Max Temporali, telecronista Sky.
Álvaro Bautista ha fatto un inizio di stagione straordinario. Cosa pensi di quello che sta avvenendo?
“Penso che Bautista fosse sicuramente uno fra quelli più bravi che c’era in MotoGp; secondo me là c’è un 50% di piloti che comunque è in grado di fare la differenza nel motociclismo in generale. Questo per motivazioni legate un po’ alla formazione con la 125, la 250, con tutti motori a due tempi che insegnavano tantissimo, fino ad arrivare poi alla MotoGp, una moto a livello generale più difficile rispetto a una Superbike, con delle gomme più complicate da saper sfruttare; chiaro che quando fai un passo indietro tutto diventa più facile da usare, ti sembra quasi di giocare; questo è quello che probabilmente sta facendo lui in questo momento, con una super moto, ma con una facilità di adattamento che ha imbarazzato un po’ tutti”.
Sembra che ci sia un’alchimia speciale.
“Credo che ogni pilota abbia la sua moto ideale nella carriera, nella vita; ci sono la marca, il carattere e l’anima della moto; per caratteristiche tue personali, ti trovi meglio su una e un po’ meno bene su un’altra, ma non sai neanche tu perché: semplicemente quando sali in sella ti accorgi che quella è la tua. E’ un po’ come succede a noi motociclisti della strada, sali su e dici ‘porca miseria, questa è la mia moto’, perché capisci che tutto funziona a meraviglia. Penso che a lui sia successo questo, si è ritrovato ad avere un grande feeling con questa Ducati. Guardando le classifiche, non è una moto della quale si innamorano tutti, perché gli altri stanno facendo più fatica e lui invece no; pensa che è solo all’inizio del percorso, sono tre mesi che è in sella a questa V4, non oso immaginare cosa accadrà alla fine della stagione. Storco un po’ il naso quando sento dire che questa moto è un aeroplano: siamo d’accordo, la moto va fortissimo, però alla fine va così nelle piste che lo consentono, o comunque dove ci sono tratti che le permettono di fare la differenza; nelle altre piste è importante come viene guidata”.
Ad Assen, ad esempio, alcuni davano favorita la Kawasaki, poi hanno dominato Bautista e la Ducati.
“Esatto, quindi stiamo parlando di un pilota che ci mette del suo quando c’è la parte guidata, e di una moto che fa la differenza dove c’è da sfruttare il motore; alla fine se la pista è divisa in quattro settori, e tre sono guidati e uno invece è solo da dare gas, lo troviamo comunque sempre davanti”.
Nei tratti guidati, però, la nuova Ducati sembra scomporsi abbastanza.
“La moto si muove, ma credo che dopo la scuola MotoGp abbia imparato a capire che non esiste la moto perfetta, è impossibile: può andar bene in alcuni punti della pista, ma poi ci sono gli altri, e alla fine ti farà sempre tribolare. Probabilmente però l’ha capita così tanto che oramai modifica anche poco a livello di assetti. Dicono che alla fine lui è uno che si accontenta, cioè fatta una messa a punto generale poi non sta lì a cercare il pelo nell’uovo: questa, se vuoi, è una caratteristica del pilota da Superbike. Mi raccontava Virginio Ferrari, sempre a proposito di Ducati, che così era anche Fogarty, uno di quelli che se gli giravi il manubrio al contrario non se ne accorgeva, gli interessava guidare e basta”.
Però bisogna saper guidare…
“Per guidare questa V4 ci vuole veramente la capacità, più sali di potenza e più deve salire anche il talento per poter gestire la moto, per fare quello che fa lui. Per di più, oltre che agevolato dal suo peso, Bautista ha una sensibilità nel polso come aveva anche Stoner, che non si appoggiava mai sull’elettronica: anche lui era uno che riusciva sempre a fermarsi un attimo prima che intervenissero i controlli; questo gli consentiva di essere più veloce e di non devastare le gomme. Secondo me, questo è un vantaggio anche di Bautista: è una sensibilità che, mi confermava anche Dall’Igna, storicamente ha sempre avuto. E’ un pilota delicato”.
SBK a Jerez: avanti tutta!
A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.
La V4 R e la stagione SBK 2020: intervista a Marco Zambenedetti
Intervista a Marco Zambenedetti, coordinatore tecnico progetto Superbike e in generale di tutti i progetti attinenti la Ducati V4 R.