L’attesa è stata lunga, probabilmente più lunga di qualsiasi altra Ducati presentata in precedenza, ma alla fine è arrivato il momento della verità: dopo le numerose anticipazioni apparse sui giornali e sul web, tra immagini “rubate” e altre centellinate ad arte, il pubblico di Intermot, a Colonia, ha potuto assistere in esclusiva all’unveiling del nuovo Scrambler.
O meglio, dei nuovi Scrambler, visto che le versioni proposte sono addirittura quattro, e questa è forse la notizia più inaspettata, in quanto durante tutta la fase di “avvicinamento”, che come dicevamo è durata a lungo, si è sempre parlato di novità al singolare.
Invece, evidentemente, Ducati ha deciso di fare le cose in grande, dando vita a una vera e propria famiglia di nuovi veicoli: oltre al modello standard, che è stato ribattezzato Icon, sono infatti apparse tre declinazioni dello stesso concetto, una per ogni specifico utilizzo.
Si va dalla Urban Enduro (quella che strizza l’occhio al fuoristrada) alla Full Throttle (ispirata viceversa al mondo del flat track e, quindi, più sportiva), passando per la Classic (per gli amanti dei cerchi a raggi e dello stile anni Settanta): quattro proposte che identificano un modo completamente inedito (per gli standard attuali) di possedere una Ducati.
Non più, dunque, la Ferrari a due ruote, sinonimo di prestazioni, tecnologia e design all’avanguardia, ma un mezzo semplice, accessibile e da usare con impegno relativamente contenuto, così come accadeva con il suo illustre predecessore di quasi mezzo secolo fa.
Si tratta di una svolta epocale, che potrebbe ridare a Ducati quei “numeri” che in questi ultimi anni ha perso nel mercato interno; perché se è vero che l’azienda di Borgo Panigale è famosa in tutto il mondo e che ogni anno ritocca i propri record di vendita, in realtà le cifre che totalizza in Italia sono decisamente ridotte rispetto a quelle di un tempo e lo Scrambler sembrerebbe avere le carte in regola per innescare un’inversione di tendenza in tal senso.
Nel nostro Paese, infatti, le maximoto hanno ormai un bacino d’utenza piuttosto piccolo, perché i costi di gestione e acquisto, oltre all’impegno richiesto nel gestire certe prestazioni, attirano sempre meno appassionati, mentre un oggetto come lo Scrambler, divertente, anticonformista e dinamico, sembra fatto apposta per risvegliare la voglia di andare in moto nell’utente medio, quello che dopo essersi tolto lo sfizio della guida in pista negli anni in cui un weekend in autodromo non costava come un mese di stipendio è rimasto affezionato al Marchio, ma non ha più voglia di “correre”, neppure su strada.
Ben venga dunque, con buona pace di chi voleva a tutti i costi un “mono”, il bicilindrico a due valvole con raffreddamento ad aria di 800 cc dotato di 75 Cv a 8250 giri e 6,9 Kgm di coppia a 5750 giri, ma soprattutto il prezzo di 8240 Euro franco concessionario previsto per la versione base, che non sarà certo tra i più bassi del mercato per quanto riguarda questa fascia di tipologia/prestazioni, ma rappresenta pur sempre la Ducati più economica in listino.
Insomma, gli elementi perché lo Scrambler ottenga successo ci sono tutti, senza contare la massiccia operazione di marketing (in cui a Bologna sono ormai diventati maestri) che ha accompagnato e accompagnerà questo modello, opera dell’apposita business unit di cui abbiamo parlato pochi mesi fa. Dai primi teaser all’idea del container giallo, dai contenuti audio-video alle iniziative lanciate attraverso il sito internet dedicato, fino ad arrivare alla completissima linea di abbigliamento e accessori: l’obiettivo è quello di trasformare una semplice moto in un vero e proprio stile di vita.
SBK a Jerez: avanti tutta!
A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.
Ritorna lo Scrambler, l’erede di una Ducati che ha fatto storia
“Lo Scrambler è come il Monster o la 916: una sorta di monumento, una pietra miliare della nostra azienda”, parola di Gianluigi Mengoli!
In passato è stato così per il Monster, ma i tempi erano ben diversi rispetto a ora, senza contare il fatto che lo Scrambler porta con sé un’eredità storica che la celebre naked non aveva.
Fino a questo momento, emerge senz’altro il fatto che nulla è stato lasciato al caso: il design, le caratteristiche tecniche, il prezzo e la destinazione del mezzo hanno fatto centro, cosa che non era né facile né scontata.
Delle quattro versioni, quelle che ci convincono di più sono la Icon, ottima come base di partenza per eventuali personalizzazioni e dotata del giusto equilibrio tra modernità e rispetto della tradizione, e la Full Throttle, che pur mantenendo la stessa impostazione sa trasmettere quel pizzico di grinta in più che, su una Ducati, non guasta mai, mentre appare un po’ forzata la Urban Enduro, che al di là della parte estetica ha un layout troppo basso per quel tipo di equipaggiamento, e rischia di cadere nel “nostalgico” la Classic, come già era successo con le varie Paul Smart, Sport 1000 e GT, anche se in questo caso i toni sono decisamente più soft e meglio amalgamati.
Tra i dubbi che sono emersi da parte di chi ha avuto modo di osservare la moto solo attraverso le immagini diramate su internet e sulle riviste, invece, c’è il fatto che quest’ultima possa risultare troppo piccola a livello dimensionale, alimentando così il rischio di ritrovarsi in mano un oggetto poco “sostanzioso” in rapporto alla cilindrata e al prezzo d’acquisto, ma su questo ci sentiamo di dissentire: dal vivo lo Scrambler è dotato di una sua concretezza, che rispetta perfettamente la filosofia concettuale del progetto, quella di una mezzo compatto, agile e improntato alla massima facilità di guida, ma non per questo “finto” o poco consistente, come testimoniano anche i materiali con cui è realizzato, vedi il serbatoio in acciaio e il forcellone in alluminio.
Questa Ducati, semmai, va dritta all’essenza della moto senza far leva su tutti quei fronzoli ai quali siamo ormai abituati, ma è proprio guardando il modello del 1962 che ci si rende conto di come alla fine, per divertirsi, basti lo stretto necessario.