Il circuito di Austin è pericoloso, tanto da costringere tutte le squadre a reinventarsi gli assetti per permettere ai piloti di guidare con la massima padronanza possibile le proprie moto, che sulle numerose buche dell’asfalto della pista texana parevano impazzite. Il circuito di Austin, da quando è entrato in calendario, è terra di Marc Marquez e della sua Honda.
Esclusa la parentesi Rins nel 2019, qui ha sempre vinto il pluricampione spagnolo. E Marc, ieri, lo ha fatto di nuovo. Partito dalla prima fila, ha preso il comando, ha preso margine, e nessuno lo ha più visto fino al parco chiuso.
Austin è del pilota numero 93, che torna a vincere con la prepotenza che gli era propria quando non ce n’era per nessuno. Sono sette le vittorie su questa pista sugli otto Gran Premi disputati. E’ il suo circuito, dal quale in questo 2021 tribolato Marc ha bevuto un buon sorso rigenerante alla bottiglia dell’autostima.
Lo aspettiamo le prossime gare, per vedere quanto del pilota che era prima dell’incidente sia stato capace di restaurare, e per vedere quanto la gara americana lo avrà fatto risalire di valore rispetto allo stuolo di avversari agguerriti che da quando è rientrato sono i padroni del livello assoluto. E questo vale anche per la Honda.
Fabio Quartararo, secondo staccato dietro di lui, a sua volta conduce una gara solitaria e fa tesoro di un piazzamento che – sono parole sue – vale quanto e più di una vittoria. La gara noiosa che vede il primo e il secondo guidare ed arrivare in solitaria, per le posizioni restanti è vivace, appassionante, e alterna gloria momentanea per diversi contendenti.
C’è all’inizio Alex Rins, con la Suzuki, poi arriverà il momento di Jorge Martin, con la Ducati Desmosedici del Team Pramac, poi sarà la volta di Jack Miller con la stessa moto del Team Lenovo che risalirà a fionda dalle retrovie dove lo aveva costretto una qualifica non proprio brillante.
Ad Austin poi Pecco Bagnaia sembrava destinato ad essere inghiottito inesorabilmente nelle posizioni di rincalzo, impossibilitato già dal via a farsi valere, a rimanere se non con Marquez almeno con Quartararo, e a far valere la splendida pole position ottenuta sabato. Bagnaia però è un combattente: arretra fino a ritrovarsi in sesta posizione e poi – presa confidenza – rimonta fino al podio, arrivando rapidamente sul compagno Jack Miller in difficoltà con le gomme, che lo favorisce facilitandogli il sorpasso, e su Jorge Martin, autore anche lui di una buona gara.
Francesco Bagnaia ha combattuto, dando l’impressione di essere lucido, veramente maturo dal punto di vista tattico e agonistico, capace di trarre il massimo possibile anche nelle difficoltà. Ci sbilanciamo: sono Pecco Bagnaia e Fabio Quartararo a fissare l’asticella del massimo livello in questo momento. Anche la Ducati è cresciuta, non tanto quanto a prestazioni assolute, quanto se mai riguardo alla costante presenza al massimo livello.
Ducati è prima nella classifica dei costruttori ed è il Ducati Lenovo Team a guidare la graduatoria riservata alle squadre. Ad Austin per un eroe che vede le proprie quotazioni scendere di nuovo verso il basso, Joan Zarco, che va per terra al quinto giro, fa da contraltare la bellissima realtà rappresentata da Enea Bastianini. Enea interpreta splendidamente la Desmosedici e il sesto posto di ieri, ottenuto anche grazie alla manovra infelice con la quale all’ultimo giro Mir ha colpito Miller, non ha meno valore del terzo posto ottenuto due settimane fa sulla pista di Misano.
Ed proprio sul Misano World Circuit “Marco Simoncelli” che il mondiale farà di nuovo tappa fra quindici giorni. Le attese, sulla pista di casa della Ducati, sono al massimo, come sarà al massimo la volontà della Casa di Borgo Panigale di mettere in condizione Francesco Bagnaia di giocarsi le proprie possibilità al meglio, anche con il gioco di squadra – la gara di ieri lo ha dimostrato – facendo leva su piloti in forma come Jack Miller e Jorge Martin, confidando su Joan Zarco che possa ritornare al livello dei migliori, su Bastianini, che possano inserirsi a togliere punti a Fabio Quartararo, dove il perno dello sforzo sarà incentrato sulla solidità ormai a tutto tondo della Ducati Desmosedici. Difficile ma non impossibile.