Auto da cross con doppio motore Desmo

Auto da cross con doppio motore Desmo

Una vettura da autocross molto particolare, spinta dai 310 cavalli dei due propulsori Testastretta Evoluzione che lavorano in parallelo.

Dopo aver attraversato i deserti africani durante la Parigi-Dakar con la Cagiva Elefant, messo la parola fine al dominio Harley-Davidson negli ovali sterrati dell’AMA con una flat track motorizzata Hypermotard e scalato la vetta della Pikes Peak, stabilendo anche il nuovo record di categoria, con la Multistrada 1200, il bicilindrico Ducati (anche se bisognerebbe dire i bicilindrici, visto che in questo caso sono due) ha fatto il suo debutto anche su una vettura da autocross!

E’ la prima volta, infatti, che il propulsore bolognese trova applicazione in questo campo. A impiegarlo in un esperimento così ardito è Cristian Grasselli: figlio della terra dei motori, appassionato di auto, pilota, ducatista.

Suo padre Delio corre e allestisce prototipi nell’autocross da circa vent’anni, ma nel garage di Cristian, oltre alle varie vetture con cui ha corso e corre tuttora sotto le insegne della scuderia “New Team Emiliano”, c’è anche una Ducati 916. Del resto, la livrea della sua macchina è rossa, anche se in realtà è sempre stato il colore “di famiglia”.

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Cristian Grasselli, pilota e proprietario di questa vettura da autocross spinta da due bicilindrici Ducati con la quale ha partecipato a tre gare del campionato europeo, cogliendo un ottavo posto come miglior risultato su quaranta partenti.

Sul sound, però, e soprattutto sulla competitività di questa insolita “Ducati a quattro ruote” non ci sono dubbi e perfino il suo telaio tiene fede a quelli che sono i capisaldi dei veicoli made in Borgo Panigale.

Una cosa del genere, tuttavia, non ce la saremmo mai aspettata, neppure nel più sfrenato slancio di fantasia, anche perché questo “oggetto” funziona davvero. Non si tratta, infatti, di un ingenuo tentativo artigianale dettato dalla semplice passione, ma di un mezzo nato per gareggiare.

Senza le conoscenze e la perizia necessarie, del resto, non sarebbe stato possibile “accordare” due motori che lavorano in parallelo.

Già, perché a spingere questo prototipo, in virtù del regolamento in voga nella cosiddetta “Velocità su Terra”, ci sono due Testastretta Evoluzione di 1098 cc completamente indipendenti se non per la parte relativa al comando del gas e alla trasmissione finale. Disposti trasversalmente rispetto all’asse del veicolo, uno più avanti e uno più indietro, i due bicilindrici trasmettono il moto a un differenziale che ripartisce a sua volta la spinta alle quattro ruote motrici, per un totale di circa 310 Cv.

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A sx: i due motori Testastretta Evoluzione con gli alberi del pignone all’interno. A dx: la doppia strumentazione, una per ogni propulsore.

In passato, erano già stati impiegati motori di derivazione motociclistica sulle vetture da autocross. – racconta Grasselli – Tuttavia, l’idea di utilizzare due bicilindrici in parallelo, per di più Ducati, nasce dal vantaggio in termini di prestazioni e di peso che questa soluzione è in grado di offrire, oltre che dalla passione personale, naturalmente.

L’aspetto tecnico più difficile da risolvere nell’utilizzare una doppia motorizzazione come questa consiste senza dubbio nella realizzazione di un’unica trasmissione finale. Nel caso specifico, ciò è stato ottenuto disponendo i propulsori in modo che i loro alberi del pignone risultassero “affacciati”.

Anziché essere muniti di catena, questi ultimi terminano all’interno di una “scatola” di ingranaggi che, oltre a unificare la coppia motrice dei due bicilindrici, essendo collegata ai differenziali, provvede alla funzione di retromarcia, resa obbligatoria dai regolamenti.

In questo modo, – prosegue Cristian – la spinta è più omogenea, sempre a patto che il comando del gas faccia salire di giri i motori nella stessa maniera. Anche la frizione, naturalmente, è sdoppiata, nel senso che esiste un solo comando che agisce contemporaneamente su ciascun propulsore, e lo stesso vale per il cambio. In questo caso, infatti, può capitare che non agendo con la dovuta decisione ci si ritrova con i motori in due marce diverse. A quel punto, bisogna riallinearli scalando fino in prima, per poi ripartire.

Per tenere sotto controllo il funzionamento dei due bicilindrici, all’interno dell’abitacolo ci sono altrettante strumentazioni (di serie sulla 1098) che indicano alcuni valori fondamenti come il regime di rotazione, la temperatura dell’acqua e le spie del folle e dell’olio.

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Al di là del risparmio in termini economici che paradossalmente comporta l’installazione di due propulsori motociclistici rispetto a quella di un singolo propulsore da auto, come ci illustra lo stesso Grasselli, questa soluzione si rivela comunque funzionale e valida dal punto di vista delle prestazioni.

Non è stato facile mettere a punto la parte meccanica, soprattutto tenendo conto del fatto che abbiamo fatto tutto da soli io e mio padre. Per quanto riguarda i motori ci ha dato qualche consiglio Gianfranco Bursi. Ad ogni modo, l’erogazione del bicilindrico Ducati si adatta abbastanza bene alle esigenze di guida dell’autocross e i motori hanno un’ottima coppia fin dai bassi regimi e salgono di giri molto rapidamente, forse troppo! Talvolta, infatti, per non far slittare le ruote sono costretto a cambiare in anticipo, in modo da spingere un rapporto più lungo e fare più strada, tenendo conto che non è ammesso l’utilizzo del controllo della trazione e che di solito si utilizzano solo le prime quattro marce.

Per realizzare il telaio, che come abbiamo anticipato è in tubi di acciaio al cromo molibdeno saldati a Tig, esattamente come le Ducati che escono dagli stabilimenti di Borgo Panigale, ci sono voluti circa tre mesi di lavoro.

La struttura in tubi ci permette di ottenere la massima leggerezza possibile, – spiega Cristian – visto che per regolamento dobbiamo rispettare un certo peso, che varia in base alla cilindrata e al numero dei cilindri. Il nostro riferimento è costituito dalla categoria che prevede motori aspirati fino a 2500 cc con un massimo di quattro cilindri e un peso di 6 quintali. Volendo è possibile arrivare anche fino a 4000 cc con propulsori a 6 cilindri, ma il peso sale fino a 7 quintali e mezzo.

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La vista posteriore della vettura mette in risalto uno dei due propulsori a quattro valvole di 1098 cc e, sulla sinistra, i due terminali sdoppiati dell’impianto di scarico catalizzato.

Cristian aveva anche preso in considerazione l’idea di allestire un’altra vettura con un singolo motore della 1198 per gareggiare nella categoria “fino a 1600 cc”, ma per il momento si diverte con questa, anche perché, come detto, si è rivelata particolarmente valida fin dall’inizio.

Rispetto ai motori di derivazione automobilistica, il bicilindrico Desmo non ha tantissimo allungo, ma è molto rapido nel prendere giri. Inoltre, nell’autocross è molto importante il tiro del motore quando la macchina si appesantisce per via del fango e il propulsore Ducati di coppia ne ha più che a sufficienza.

A livello di elettronica, dunque, non è stato necessario adottare mappature particolari, se non in virtù del nuovo scarico che Grasselli ha realizzato ispirandosi, a livello di diametro dei tubi (70 mm) e lunghezza dei collettori, a un impianto della Akrapovic, con l’aggiunta di un doppio terminale di tipo automobilistico che, per regolamento, deve essere catalizzato.

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A sx: l’airbox necessario per la molta polvere presente sulle piste di autocross. A dx: la scatola di ingranaggi grazie alla quale i motori “uniscono le loro forze”.

Le gare di autocross prevedono manche di qualificazione e gare (alle quali sono ammessi dieci piloti per volta) abbastanza brevi, che in termini di tempo non superano i 5 minuti di durata. Le piste sono tutte in terra battuta, e all’estero, a differenza che in Italia, possono prevedere anche dei salti, tra una curva e l’altra. Parlando di risultati, Cristian non ha avuto una stagione particolarmente fortunata al volante di questa monoposto, anche se le ultime tre corse disputate (che lo hanno visto impegnato nel campionato europeo) si sono concluse con piazzamenti a cavallo della top ten e quindi per niente male.

E’ chiaro che realizzando tutto in proprio, dagli ammortizzatori ai differenziali, lo sviluppo della macchina richiede quasi il doppio del tempo, però devo dire che siamo molto soddisfatti della nostra scelta e a tal proposito devo ringraziare Davide Serra, mio fedele meccanico da un paio di anni.

Relativa è anche la spesa necessaria per realizzare una vettura di questo tipo, sempre ammesso di possedere la perizia e l’attrezzatura per farlo ed escludendo naturalmente il costo della manodopera. A Cristian, per esempio, è venuta a costare circa 15.000 Euro ma, come da tradizione in ambito motoristico, spendendone di più si sarebbe ottenuto un risultato ancora più performante con minor fatica. La passione, tuttavia, è quell’elemento che, in assenza di risorse, può ancora fare la differenza.

Poi, c’è il fattore sound, quello per cui Grasselli, al di là dei risultati, ha sempre ricevuto complimenti, soprattutto in giro per l’Europa: “Pur non conoscendo l’inglese, – dice Cristian – è stato facile capire l’apprezzamento manifestato da alcuni appassionati in Ungheria e Repubblica Ceca. Qualcuno, esagerando, ha addirittura paragonato il rumore della mia macchina a uno Stradivari!

Foto di Enrico Schiavi

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