Sulla falsariga delle reintepretazioni dello Scrambler come non dimenticare la versione di Borile che, nel 2013, presentò alla stampa questa simpatica proposta, chiaramente ispirata al modello storico.
In anticipo su quanto avrebbe poi fatto la Ducati stessa, con la fortunata serie dei nuovi Scrambler, il geniale costruttore veneto dette vita, partendo dal bicilindrico del Monster da 1100 cc, a un monocilindrico da 450 cc, con un alesaggio di 98 mm e una corsa pari a 60 mm. L’obiettivo di Borile era infatti quello di ottenere un monocilindrico facile da guidare, che si accordasse alle doti di leggerezza e maneggevolezza del modello in questione, accreditato di 43 Cv a 6300 giri. E’ forse il caso di ricordare che il motore progettato da Borile aveva il gruppo termico girato di 180° rispetto a un monocilindrico tradizionale, anche se il costruttore sottolineava come, in realtà, questa fosse la sua disposizione naturale, visto che il cilindro posteriore dei V-twin Ducati è orientato proprio in questo modo.
La parte bassa del motore fu invece opera di Francesco Villa, che aveva già collaborato con Borile alla realizzazione della B500 CR, ma che in questo caso si dovette misurare con un progetto ancora più importante.
Altro aspetto singolare, era il fatto che il serbatoio, dalla capacità di 9,5 litri, si trovasse sotto la sella, mentre la struttura che di solito contiene il carburante costituisse in realtà un voluminoso airbox: una scelta che, al di là della sua anticonvenzionalità, secondo Borile determinava interessanti benefici a livello di guidabilità, Non bisogna poi dimenticare che si trattava di un mezzo particolarmente leggero, visto che la Scrambler Borile pesava solo 131 Kg a secco, con il 48% di questo valore a carico della ruota anteriore e il 52% su quella posteriore.