Per meglio operare e curare la salute e l’installazione della batteria della nostra moto è bene conoscerne le diverse tipologie oggi disponibili sul mercato.
Anzitutto, occorre ricordare che si tratta sempre di accumulatori al piombo che funzionano nella maniera già spiegata nei precedenti articoli: tuttavia, in base alla natura dell’elettrolito, si può distinguere tra batterie classiche (acido libero), batterie al gel e batterie AGM (ad acido assorbito).
Le prime, come ben sappiamo, non sono altro che delle “bacinelle” contenenti la soluzione acida libera e allo stato liquido. In questo caso, è evidente come vi siano dei limiti nel maneggiare e nel posizionare l’accumulatore sul veicolo.
Inoltre, esiste il pericolo concreto di esalazioni e dannose fuoriuscite sia durante il normale esercizio che nel malaugurato caso di esplosione o danneggiamento della struttura esterna. Per questo motivo, ultimamente, vengono preferite le ultime due categorie di accumulatori, caratterizzati da una struttura ermetica: la batteria può essere capovolta e posta in qualsiasi posizione senza alcun pericolo.
Com’è facile intuire, negli accumulatori al gel il liquido è soppiantato da una soluzione gelatinosa, mentre in quelli ad acido assorbito il liquido è trattenuto da una sorta di spugna fibrosa che ne contiene l’intero volume.
In ogni caso, quando ci apprestiamo a maneggiare la batteria della moto è opportuno usare più precauzioni di quanto possa suggerire il comune buon senso.
Nel migliore dei casi ci si rimette un paio di pantaloni o scarpe, ma ustioni anche gravi sono sempre in agguato, così come l’eventualità che si realizzi un principio di incendio.
Innanzitutto, quando acquistiamo una batteria nuova questa può esserci consegnata previa o meno attivazione della stessa: in linea di massima, è sempre meglio il fai da te, sia per agevolarne il trasporto che per avere la certezza di un buon battesimo dell’importante e costoso componente.
Le batterie consegnate già attivate, e quindi cariche di acido, sono pronte per l’uso. Diversamente, è bene aspettare qualche ora o anche una notte intera dopo aver versato il liquido nelle celle. Riempiremo pertanto ogni elemento facendo attenzione nel portare il livello ad almeno 5 mm sopra il limite dei separatori, effettuando un eventuale successivo rabbocco prima della carica, che sarà bene effettuare con intensità di corrente (A) pari a 1/10 della capacità della batteria espressa in Ah, per almeno 6-7 ore e in un luogo fresco e ventilato, controllando sempre che la temperatura non superi i 50° C.
Diversamente, è necessario abbassare l’intensità di carica o, meglio, interrompere temporaneamente l’operazione. In linea teorica, la carica è completa quando la densità dell’elettrolito è uniforme (1,27-1,28 Kg/l) e la tensione raggiungerà almeno i 16 V, misurata con un multimetro ai poli sotto tensione.
Montaggio della batteria sulla moto
Una volta completata la prima ricarica, giunge il momento di installare la batteria al suo posto: ovviamente, tutti gli eventuali assorbimenti di corrente devono essere eliminati (quadro spento, soprattutto).
Può sembrare una banalità, ma altrettanto importante è evitare qualsiasi cortocircuito sia con attrezzi metallici che con il traliccio del telaio. La batteria, a seconda del modello, può essere fissata con una fascia elastica o con un morsetto. Una volta eliminato il vincolo, toglieremo prima il morsetto del polo negativo, poi quello del polo positivo e, infine, si rimuoverà il tutto.
Prima di procedere al montaggio della nuova batteria, è bene spalmare un velo di vaselina sui poli e sui morsetti e poi procedere in senso inverso a quanto fatto finora (collegare quindi prima il polo positivo e poi quello negativo). E’ molto importante serrare correttamente i morsetti ai poli: ogni eventuale allentamento potrebbe causare un deficit di ricarica, di avviamento e persino danneggiare il regolatore e le varie centraline.
Una nota per l’eventuale tubo di sfiato: è bene verificare che la sua estremità scarichi al suolo e lontano da ogni superficie della moto e, soprattutto, che l’altra estremità sia ben fissata alla batteria (non è una cattiva idea stringerla con un’apposita fascetta usa e getta).
La batteria nuova non dovrebbe richiedere particolari attenzioni: nel caso di accumulatore tradizionale, tuttavia, bisogna fare sempre molta attenzione al livello dell’elettrolito.
Se necessario, ricordiamoci che occorre aggiungere solo acqua demineralizzata: mai acqua comune o, peggio ancora, acido.
Qualora la moto sia messa a riposo per il periodo invernale, è sempre meglio scollegare o togliere del tutto la batteria, caricarla e custodirla in un luogo fresco.
Costruire un caricabatteria per moto
Esistono sul mercato una varietà di caricabatteria e manutentori più o meno complessi, tali da garantire la tenuta della carica e la salute della batteria nei periodi di inattività del mezzo su cui è montata.
Se avete un minimo di esperienza e vi piace il fai-da-te, ecco come costruirne uno artigianale, ma ugualmente efficace (al riguardo ringraziamo l’amico Emanuele per l’importante contributo).
Anzitutto, una precisazione: diversamente dai caricabatteria comuni, dotati di elevata corrente di ricarica, veloci ma poco “cortesi” con le batterie, quello di questo articolo è uno strumento che permette di ricaricare la batteria in tempi medio-lunghi, ma nel pieno rispetto dell’accumulatore in modo da preservarne la piena efficienza. Un punto a favore di questo circuito è che non presenta, diversamente da altri schemi, il transistor di potenza. In questa maniera, infatti, si ha un’autolimitazione della corrente di ricarica a un massimo di 1,5 A, così da soddisfare in maniera automatica il valore di corrente di ricarica massimo per le batterie motociclistiche a bassa capacità. Per la realizzazione occorre una basetta millefiori con dimensioni di 10 x 5 mm, per non avere problemi nella sistemazione dei pezzi, ma il dispositivo si può ridurre ulteriormente.
Per le connessioni utilizzeremo filo di rame con diametro 0,75 mm, in maniera da avere una densità di corrente al di sotto di 1 A/mm2. Come contenitore possiamo acquistarne uno apposito, oppure ricavarlo in legno o metallo, avendo cura di lasciare spazio sufficiente per il raffreddamento e la circolazione d’aria.
Il circuito si può dividere in due parti: la prima è formata dal trasformatore e dal circuito raddrizzatore, la seconda dal circuito di regolazione della tensione. Il trasformatore ha la funzione di abbassare la tensione di rete dai 220 V a una tensione minore adatta ai nostri scopi. Facendo qualche calcolo, per ottenere alla fine del circuito i fatidici 13,8 V occorre fornire al circuito elettronico almeno 13,5 V.
Ragionando in maniera cautelativa, conviene utilizzare un secondario a 14-16 V. Maggiore è il salto di tensione rispetto ai 13,8 V che vogliamo ottenere, infatti, e maggiore sarà il riscaldamento del circuito integrato.
La potenza nominale del trasformatore deve essere almeno di 25 VA. Il circuito raddrizzatore si compone di un ponte formato da 4 diodi e di un condensatore elettrolitico che funziona da filtro.
Il suo scopo è quello di trasformare la tensione alternata in uscita dal trasformatore in tensione continua raddrizzando mezza sinusoide tramite i diodi e rendendo la forma d’onda il più possibile rettilinea tramite il condensatore. Possiamo cimentarci anche nella costruzione del ponte, ma in questo caso vengono venduti circuiti integrati già pronti. Ad ogni modo, le specifiche sono: tensione 100 V e intensità 2 A, mentre il condensatore elettrolitico deve essere da 4700 mF.
Il circuito regolatore utilizza come elemento principale l’integrato LM317 per mantenere una tensione costante in uscita, mentre la regolazione del valore della tensione viene effettuata tramite una resistenza variabile. Non entreremo qui nei dettagli del funzionamento di questi elementi.
Possiamo decidere di aggiungere uno o più interruttori, un fusibile da 2 A lungo una fase del primario dopo l’interruttore e, eventualmente, una spia luminosa a valle di entrambi i componenti.
Consigli utili per la realizzazione del caricabatteria
E’ buona norma identificare i componenti prima di iniziare la realizzazione del caricabatteria: le resistenze hanno un codice a bande colorate, fatevelo dare dal negoziante, o sinceratevi del loro valore tramite il tester.
I condensatori devono essere montati rispettando la polarità, pena la rottura; il polo negativo è indicato su quelli più grossi e, in ogni caso, è intuibile dal piedino di minor lunghezza. I diodi devono essere inseriti rispettando il verso, il segno sul corpo corrisponde al verso della freccia sullo schema.
Il trimmer è dotato di tre piedini, ma sullo schema il componente presenta solo due connettori; occorre cortocircuitarne due adiacenti collegandoli assieme; a seconda di quale scegliete, il trimmer presenterà una resistenza minima ruotandolo in un senso o nell’altro.
Ricordatevi di interporre l’isolante tra l’aletta di raffreddamento e l’integrato. Tracciate con un pennarello le linee di congiunzione e bloccate i componenti in sede piegando opportunamente i piedini; saldate i vari componenti e il filo di rame che crea le connessioni.
Quando dovete collegare i fili del trasformatore e quelli in uscita, stagnateli insistendo con il saldatore fino a che vedrete lo stagno “risucchiato“ tra i fili di rame: sarà più facile saldarli all’altro filo. I trimmer con alberino e gli interruttori da pannello hanno un gambo filettato al massimo di 5 mm, quindi fate attenzione allo spessore del materiale che costituisce il fronte della scatola.
Se avete intenzione di realizzare l’alimentatore come semplice caricabatteria, vi consigliamo di scegliere un trimmer senza alberino, in maniera da impostare la tensione del caricabatteria solo in fase di taratura e da non dovervi preoccupare di misurare nuovamente la tensione per eventuali rotazioni accidentali della resistenza variabile. Isolate con nastro o guaina termoretraibile le connessioni e collegate a terra la scatola, se metallica, e il trasformatore. Dotate infine la scatola di una chiusura, in maniera che nessuno possa aprirla accidentalmente.
Lista dei componenti necessari
Un trasformatore da 220 V Primario/14-16 V Secondario Potenza min. 25 VA; una basetta millefiori (10 x 5 mm); un ponte raddrizzatore 100 V 2A (P); un condensatore elettrolitico da 4700 mF (C); un condensatore a disco da 0,1 mF (C1); un condensatore elettrolitico da 10 mF (C2); un condensatore elettrolitico da 1 mF (C3); due diodi 1N4001 da 2 A; una resistenza da 240 W (R3); una resistenza variabile (trimmer) da 5 KW (R4); un integrato LM317; un’aletta di raffreddamento completa di mica isolante e di guaina per isolare la vite di fissaggio
Costo medio del caricabatteria (scatola esclusa) 6-7 Euro.
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