É stata una chiacchierata interessante, ricca di particolari, condita dalla gentilezza del nostro interlocutore. Per addentrarci nel merito degli esordi di Casey Stoner, abbiamo interpellato Lucio Cecchinello, team manager del Team Honda LCR, che quest’anno punterà le sue carte sul francese Randy De Puniet.
Lucio non si è fatto pregare, lasciando trasparire l’affetto che lo lega al giovane pilota australiano e tracciando le tappe che lo hanno portato a poter esibire il numero uno sulla carenatura della propria Desmosedici.
L’ex pilota veneto è stato tra i primi a credere nella classe di Casey e dunque ha, a pieno titolo, il diritto di raccontarne gli esordi: “Casey è vissuto, fin da bambino, nell’ambiente delle competizioni. – inizia a raccontare – Correva con le dirt bike, delle mini cross che in Australia si sfidano su degli ovali. Il padre è un grande appassionato di moto che in passato ha avuto modo di partecipare anche a qualche gara di livello minore. Assieme alla moglie ha deciso che la strada delle competizioni in moto fosse quella giusta per Casey, per completare un sogno che lui non era riuscito a realizzare: diventare un pilota del Motomondiale. Così, a prezzo di anni di sacrifici, la famiglia Stoner ha portato Casey a correre in Europa.”
Come spesso accade per i piloti australiani, la porta verso il mondo delle competizioni ad alto livello è rappresentata dall’Inghilterra: “Sì, là ha iniziato a partecipare alle gare Sport Production con una Aprilia, ottenendo subito dei risultati di rilievo. Vinse la maggior parte delle gare alle quali partecipò, soprattutto infliggendo agli avversari dei distacchi notevolissimi.”
Era il modo migliore per bruciare le tappe, per farsi notare, per raggiungere subito l’obiettivo prefissato e Casey, appunto, non passò inosservato.
“Mario Rubatto, ex Team Manager di piloti come Manako e McCoy, che si trovava in Inghilterra per assistere a delle gare di categoria superiore, si rese conto che questo ragazzino aveva un ottimo potenziale. Fu lui a segnalarlo agli organi competenti della Dorna, che si occupano di cercare giovani talenti che non siano necessariamente italiani o spagnoli.”
La carriera di Casey prende quindi le mosse da un aspetto al quale Dorna è sempre stata oltremodo attenta: bilanciare la presenza, diciamo pure, “invasiva” di piloti italiani e spagnoli per rendere il campionato appetibile sui mercati di ogni parte del mondo.
Non dimentichiamo che, dopo il dominio di Doohan, l’Australia era rimasta senza piloti di primo piano.
“Una volta segnalato alla Dorna, Stoner è stato inserito in un programma che era sponsorizzato dalla Telefonica Movistar, per farlo correre nel campionato spagnolo. Fu dunque inserito nel Telefonica Movistar Junior Team.”
Un percorso che aveva già intrapreso Pedrosa, se non andiamo errati: “Sì, esattamente. Pedrosa vi aveva corso l’anno prima. Nel 2001 Pedrosa debuttava nel Mondiale e Stoner nel campionato spagnolo. Anche qui, con le piccole Honda 125 GP, dopo un paio di prove iniziò a vincere a mani basse. Vinse anche l’ultima prova, girando con tempi di tutto rispetto.”
Ed è in questo periodo che le strade di Casey e di Lucio Cecchinello si incrociano per la prima volta: “Ancor prima che si svolgesse l’ultima prova del campionato spagnolo, presentai alla Dorna un progetto per far correre due piloti in 125, io e De Angelis, e due piloti in 250, ovvero David Checa e un altro pilota che stavo cercando.”
C’era quindi un posto libero per un pilota in questo progetto: “Infatti! Con l’intento di preparare una squadra competitiva – continua a spiegarci Lucio – e con dei giovani che potessero esibire delle potenzialità, perché noi abbiamo sempre preso i piloti in funzione delle loro capacità e mai del loro portafoglio, parlandone con Carmelo Ezpeleta e Alberto Puig, venne fuori una rosa di nomi e Puig spinse molto perché prendessimo Stoner.”
A questo punto Cecchinello ci racconta di aver avuto delle perplessità: “Il debutto però doveva avvenire in 250 e, consapevoli delle difficoltà che avrebbe potuto avere questo ragazzo nell’esordire in una categoria così competitiva, senza per altro conoscere i circuiti, sapevamo che in realtà la strada migliore da percorrere sarebbe stata quella di partire dalla 125. Anche perché in 250 non avrebbe potuto disporre di una moto ufficiale.”
Nonostante questo, Stoner debutta nel mondiale della quarto di litro nella stagione 2002, in sella ad un’Aprilia Kit conseguendo comunque dei piazzamenti di tutto rispetto.
“L’esperienza del 2002 è stata fondamentale, perché gli ha permesso di entrare nel Motomondiale, altrimenti avrebbe dovuto aspettare ancora un anno e fare esperienza in una categoria che prima o poi avrebbe dovuto affrontare. Devo dire che, dopo la segnalazione della Dorna, con la volontà di portare avanti un giovane, analizzato un curriculum già così pieno di vittorie, nonostante la giovanissima età, ho detto: lui è l’uomo! Abbiamo quindi cercato di metterlo nelle condizioni di poter vivere in Europa, di poter viaggiare con la famiglia, di poter avere il telefonino, che prima non aveva, di fare in modo, insomma, che potesse affrontare nel migliore dei modi la sua avventura. Organizzato tutto questo – continua Lucio – siamo partiti ed è stata un’esperienza bellissima, perché già dalle prime prove invernali era costantemente nei primi dieci, finendo poi delle gare nei primi sei, con una moto non ufficiale, battendo spesso piloti con moto più competitive.”
Ricordiamo che in quella stagione, Casey finì onorevolmente al dodicesimo posto, con 68 punti.
“Alla fine del 2002 parlammo con l’Aprilia. Non c’era la disponibilità di una moto ufficiale per lui e allora abbiamo optato di farlo scendere in 125, con materiale che potesse permettergli di puntare alla vittoria. In effetti, fu una scelta azzeccata, che lo portò a vincere l’ultima gara a Valencia.”
Fu in quella stagione che Lucio, che ricopriva la doppia carica di manager e pilota, decise di smettere di correre, anche per causa del talento di Stoner!
“Ero cosciente del mio limite d’età (Lucio aveva già 33 anni, ndr) e che avrei dovuto smettere di lì a poco. Però, nell’interesse del team, avevo sempre detto che avrei mollato nel momento in cui avessi trovato un sostituto capace di ottenere dei risultati di rilievo, di poter vincere delle gare; devo dire che trovando un Casey così forte nella seconda metà della stagione, ovvero uno che era passato da prendersi un secondo al giro da me, a girare poi sugli stessi tempi, per poi rifilare un secondo lui a me, mi resi conto che era arrivato il momento di smettere di correre e di portarlo avanti, dedicandomi a lui a tempo pieno.”
Lucio smise alla fine del 2003 e Casey, ricevuta una proposta allettante dalla KTM, con le dovute scuse lasciò il Team LCR. La stagione 2004 fu però al di sotto delle aspettative, fruttando comunque all’australiano la vittoria in Malesia e il quinto posto finale.
Così, Casey torna di nuovo da Lucio: “Alla fine del 2004 ha bussato alla porta del Team LCR, non troppo soddisfatto della sua esperienza in sella alla KTM.”
La domanda è: fu quindi riaccolto a braccia aperte? “Sì, perché eravamo rimasti comunque in buoni rapporti.”
Ecco, interrompiamo Cecchinello perché vogliamo parlare del carattere di Casey. Lucio se lo è ritrovato, per così dire, in età scolare.
“E’ un ragazzo squisito, se preso fuori dall’ambiente delle corse – puntualizza – assolutamente normale, direi estremamente gentile, educato, simpatico! Anche da ragazzino aveva una personalità spiccata, nell’ambiente delle corse parlava poco, ma ho notato un cambiamento, che poi è naturale, quando è diventato un uomo. Nel 2005 i genitori lo lasciarono girare il mondo da solo. Si tratta di una maturazione assolutamente normale, in qualsiasi persona. L’ho trovato con un carattere più forte, ancora più concentrato nel voler raggiungere i propri obiettivi. Quindi trovavo un Casey che al reparto corse aiutava a scaricare il camion, giocava con il cane e un Casey in pista che, nelle vesti di pilota, vedeva solo se stesso, la moto e il suo capo tecnico ed è così che deve essere! Tutti quelli che sono i fronzoli di contorno non li ha mai amati troppo. Ha capito che la chiave del successo è dedicarsi al 110% al proprio impegno in pista.”
Nel 2005 Stoner disputa la migliore stagione in 250. In sella all’Aprilia del Team LCR è secondo nella classifica finale, dietro a Pedrosa, vincendo a Estoril, Shangai, Sepang, Doha e Istanbul.
La MotoGP bussa alla sua porta: “Si propose a lui il Team Pons, che poi perse lo sponsor e dovette chiudere. Allora io, all’ultimo minuto, fui in grado di convincere la Honda ad affidargli una RCV211 e a mettere su un progetto per farlo correre in MotoGP. Il contratto prevedeva di correre con noi nel 2006 con un’opzione per l’anno successivo. Non mi nascondo: per ragioni economiche non fui in grado di esercitare l’opzione e quindi, alla fine della stagione, mi presentai da lui con in mano una proposta che non era così allettante come quelle di altri team. Così, a malincuore, lo lasciai libero di approdare alla Ducati, riconoscendo che quella squadra ufficiale, il suo sponsor e quello che gli offrivano, avrebbero rappresentato un miglioramento per lui, rispetto a quello che allora potevamo dargli noi.”
Il resto è storia recente: “Nessuno poteva immaginarsi quello che sarebbe stato capace di fare!”
“Non ci avrei scommesso neppure io”
Neanche lo stesso Cecchinello, aggiungiamo noi: “Sì, nemmeno io. Non certo perché non credessi nelle sue capacità, quanto perché è stata la costanza a impressionarmi. Si può considerare tutta una serie di situazioni che si sono ribaltate. Elementi indiscutibilmente competitivi, come la Honda, come le Michelin, hanno deluso. La Ducati si è preparata con una moto eccezionale, la Bridgestone ha fatto un lavoro egregio e Casey si è trovato particolarmente bene con questo pacchetto.”
Che però non era a disposizione solo di Casey: “Sì, era a disposizione di altri top riders, come Capirossi, Barros e, oggi, Melandri. Però per Casey è come un vestito che gli va particolarmente a pennello!”
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