Il cuore del WDW 2018 lo abbiamo sentito battere la notte di venerdì 20 luglio, seduti fuori da una pizzeria illuminata al neon, lungo l’Adriatica, tra Riccione e Cattolica. A un paio di metri dalla Multistrada 1260 in prova, insieme a amicizie nuove e già sincere (sincere come lo sono solo quelle che nascono da passioni vere), abbiamo ascoltato a lungo il passaggio continuo, a intervalli di decine, dei motociclisti a cavallo dei loro telai a traliccio, delle loro frizioni a secco, dei loro monobracci e dei loro pomponi, con o senza compagnia sulla sella.
Oppure, a volte in serie di cinque o sei, qualcuno in solitaria, in certi casi a coppie, a tagliare il buio della statale con le parabole tonde o i fari full led, sound più o meno cupi e gas aperto a piacere, a far risuonare i Termignoni e gli Akrapovic.
Hanno continuato a passare a lungo, per tornare alle pensioni e agli agriturismo, le migliaia di partecipanti alla parata che, nella serata di venerdì, dal circuito di Misano (sede princiale del WDW) aveva raggiunto il molo di Rimini: mezz’ora per far uscire tutti i ducatisti dalla pista, un lento andare sotto un tramonto minaccioso di pioggia, lungo gli abitati della Riviera, circondati dall’accoglienza e dalla curiosità dei turisti e degli abitanti, accompagnati dai saluti dai balconi di centinaia di mani di bambini. Poi la festa Scrambler sulla spiaggia, sotto le tende e sul lungomare, con la cena servita da Claudio Domenicali e Gigi Dall’Igna in grembiule e maglietta gialla, con Carlos Checa a spillare birra alla spina.
Dopo la parata e il ritrovo sul mare, c’era forse una vena di stanchezza nel lungo rientro verso i letti e i cuscini, ma l’aspetto delle facce salutate ai parcheggi di Rimini, a mezzanotte, prima di rimettersi in sella, era quella piena di soddisfazione di chi ha vissuto intensamente una giornata di passione ed emozioni: il primo giorno del World Ducati Week 2018, con la gara dello Scrambler Flat Track vinta nel pomeriggio da Andrea Dovizioso, con Xavier Simeon e Danilo Petrucci a fargli compagnia sul podio, l’apertura degli stand del Monster Village per i 25 anni della “moto più iconica” di Borgo Panigale, il padiglione dell’Heritage World, lo stand International e il Doc Village, la Ducati University, le prime file al sole per vedere – solo vedere! – l’anteprima del modello 1309 nella Preview Room.
In poche parole, stanchi per l’inizio della festa, con la voglia di riposo e di ristoro e per prepararsi a vivere appieno il crescendo rossiniano (Pesaro è a pochi chilometri da qui!) che si attendeva per il sabato.
Per sentire il cuore del WDW, dicevamo, abbiamo dovuto attendere uno scampolo di pace notturno, un attimo di tregua in quel chiasso euforico che per tutto il resto del tempo ha coperto i battiti nel petto.
Perché il WDW è quanto di più adrenalinico, roboante, musicale, colorato, abbronzante, spettacolare, coinvolgente un appassionato di motori possa vivere. E’ colore rosso in un’unica sfumatura possibile; è mille occhi che ridono, voci e orecchie che si conoscono e fanno presto a capirsi; è un wheeling ininterrotto, burn out e gomma bruciata, 10.250 giri di pista: è la voce inconfondibile, competente, incessante nel segnare e descrivere ogni momento, di Giovanni Di Pillo; è il record di questa decima edizione da 91.596 presenze, il 13 % in più del 2016.
Quest’anno gli italiani sono stati il 60% dei partecipanti, il resto dei ducatisti è arrivato da 73 nazioni di cinque continenti diversi; 173 i Doc, i Desmo Owners Club presenti, provenienti da 33 Paesi.
Il sabato è stato impressionante: l’afflusso non ha dato tregua, le bicilindriche non hanno mai smesso di arrivare, la festa ha raggiunto il massimo: per parcheggiare le moto sono stati necessari 75 mila metri quadrati di paddock!
Tribune e colline stracolme per l’esibizione delle Frecce Tricolori e la Race of Champion, a cui hanno preso parte tutti i piloti Ducati di MotoGp e Superbike, a parte il povero Chaz Davies, infortunatosi in bici. Hanno corso in sella a dodici Panigale V4S preparate in configurazione race, con le grafiche che i piloti hanno sulle carene con cui corrono nei rispettivicampionati, messe poi all’asta su eBay dopo la gara; come Chaz Davies, Casey Stoner non ha corso perché convalescente dopo un intervento alla spalla.
Ha vinto Pirro, secondo Rabat (premio rimonta e simpatia travolgente: “Stronzi voi piloti, ho chiesto come partire: tutti a dirmi ‘usa il launch!’ e alla prima curva ero ultimo”), terzo Fores, con Miller e Melandri tra i più battaglieri: nella Race of Champion, corsa “così tanto per giocare”, si sono confrontati 11 titoli mondiali.
La sera del sabato a Riccione il concerto di Nina Zilli, ma soprattutto l’incontro tra Ducati e il suo popolo, organizzato con la collaborazione di Radio Deejay e presentato da Linus.
Protagonisti indiscussi Claudio Domenicali e i piloti, quelli veterani soprattutto, perché la lezione di questo WDW è che i ducatisti sostengono il presente nella produzione, lo tifano nello sport, ma la storia la celebrano alla grande! Storia a chilometri zero o dall’altra parte del mondo, poco importa: inizia Pierfrancesco Chili, che ha aperto due stabilimenti balneari proprio a Misano; Regis Laconi, invece, davanti alla marea dei tifosi non trattiene le lacrime, e immediatamente vediamo altri occhi lucidi sotto al palco, attorno a noi; il tripudio è per Troy Bayliss che continua a correre e a vincere a 49 anni nella Superbike australiana.
Troy Bayliss, appunto (che ha corso la Race of Champions col 2+1 per lasciare il 21 al giovane Rinaldi, citando così i suoi tre titoli mondiali), e Casey Stoner sono stati i campioni più evocati dai partecipanti al World Ducati Week. Ma il pilota che sembra essere più in famiglia è Carlos Checa, sempre a suo agio, disponibile con tutti: lo avevamo lasciato a servire birra e brindare la sera sulla spiaggia, lo ritroviamo in un capannello a raccontare le sue avventure di pilotaggio in volo e a commentare, allarmato e ammirato, quelle di Ruben Xaus, anche lui applaudito sul palco di Riccione (ma per i trascorsi in sella, non alla cloche).
La storia celebrata, appunto, ma anche il presente conosciuto e condiviso: acclamato il Dovi, sempre applaudito Lorenzo, Petrux circondato d’affetto.
Per quanto riguarda la produzione nessuno ha invece sottolineato abbastanza come, per la prima volta nella sua storia, un WDW abbia avuto protagonista assoluta, ammiratissima e incontestata, una quattro cilindri; non era scontato questa volta, come non era scontata l’accoglienza due anni fa per la nascita della famiglia Scrambler.
Niente male per un popolo considerato da troppi e per troppo tempo ultratradizionalista: il ducatista, alla prova dei fatti, si rivela pronto e aperto alle novità.
Altra lezione della tre giorni di luglio a Misano: Ducati è definitivamente patrimonio mondiale. Da 20 anni nel nome dell’evento, World Ducati Week, c’è il riferimento alla dimensione planetaria di questa passione.
Nell’edizione 2018 due storie hanno raccontato meglio di qualsiasi campagna marketing come una scintilla possa accendersi per dar vita a un’avventura, non importa dove tu sia, non importa la distanza da Borgo Panigale.
Se sei negli States e vuoi essere il più veloce a guidare oltre le nuvole prendi una Multistrada 1260, vai in Colorado e vinci la Pikes Peak (per la quarta volta in sella a Ducati, in verità, a trionfare nella “Race to the clouds”).
Se invece sei in Cina nello Xinjiang e proprio la distanza da Borgo Panigale ti sembra troppa e insopportabile, allora prendi con un amico due Multi – versione Enduro – e mettiti in sella per arrivare a Bologna; con qualche litro di benzina in più, poi, si può raggiungere anche Misano!
SBK a Jerez: avanti tutta!
A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.
Attraverso l’Asia con la Multistrada Enduro
7575 Km in sette giorni con la Multistrada Enduro 1200. Dalla Cina a Bologna, poi a Misano per partecipare al Ducati World Week 2018.
Nel paddock del circuito, infatti, c’erano sia Carlin Dunne, il plurivincitore della Pikes Peak, che Ken Lu e Lv Fei, i due motociclisti cinesi che si sono presentati in Ducati dopo aver fatto 7575 chilometri su strade di tutti i tipi, attraversando 10 Paesi.
Di Carlin Dunn avevamo già parlato: a Misano lo abbiamo incontrato e ci siamo fatti raccontare di persona la sua esperienza.
Quali sono le emozioni nel correre e vincere la Pikes Peak con la Multistrada?
“E’ incredibile, perché c’è così tanto lavoro, così tanto impegno, per poi tentare il tutto e per tutto in una sola volta, una sola occasione. Con il team, sviluppiamo e mettiamo a punto la moto sapendo che abbiamo solo un tentativo per farcela; basta un piccolo errore e hai perso! Devi quindi riuscire a far andare a segno tutto il lavoro di un anno, senza sbagliare: però, quando vinci, la sensazione è travolgente! Solo quando sei lassù e guardi giù in basso, verso la valle, capisci che sei arrivato nel posto più strabiliante del mondo: l’emozione è indescrivibile, travolgente”.
Quali sono le differenze tra la moto con cui corri e quella che si trova dal concessionario?
“La moto che trovi in negozio ha il 90% delle parti di quella che usiamo noi in gara: abbiamo sostituito la leva del cambio, perché ho i piedi grandi come un clown (ride); l’intero leveraggio del cambio è differente, in quanto corro con il cambio rovesciato. Poi, il profilo del manubrio è un po’ più basso, per la sola ragione che mi aiuta a girare meglio nelle curve. Nessuna elaborazione per il motore, un piccolo step per le sospensioni, ma niente di più. Ho anche la parte di sella del passeggero, nel caso incontrassi una bella ragazza che vuole un passaggio!”
Quante persone lavorano nel tuo team?
“Dieci persone, dieci persone fantastiche che lavorano con me: senza di loro sarebbe impossibile”.
Sono tutte degli States?
“Sì, tutti americani, da diverse parti dell’America. E’ un gruppo di persone che ha già lavorato in passato per altri piloti che hanno corso la Pikes Peak e che conosce bene la montagna. Probabilmente un ingegnere che viene dalle gare in pista non capirebbe le dinamiche della montagna, i cambiamenti nelle condizioni climatiche che sono assolutamente instabili. Ogni giorno ti presenti per le prove e non sai che tempo troverai. Un giorno puoi trovare la pioggia, altre volte la neve; in altri ancora più di 30° gradi proprio come oggi, e questa è la condizione perfetta per la gara”.
Perché hai scelto la Multistrada?
“Abbiamo scelto la Multistrada proprio per questo motivo, perché è la miglior ‘General bike’. Quando ti presenti alla partenza, ed è il momento di correre, alla Pikes Peak tu non sai come saranno le condizioni che troverai. La Multistrada è consistente, valida, va bene con ogni clima. Per questo l’abbiamo scelta e la usiamo”.
Possiedi una Multistrada anche per usa2rla in strada tutti i giorni?
“Sì, ne ho una. Non posso avere tutte le moto, quindi ho scelto una Multistrada!”.
Foto Ducati
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A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.
Multistrada 1260 Pikes Peak di Simone Santarsiere
Una Multistrada 1260 Pikes Peak personalizzata da Simone Santarsiere con i colori e il design delle Ducati MotoGp del 2018.