Nel dopoguerra sono stati progettati e realizzati numerosi tipi di micromotori, ma nessuno ha avuto la validità e la vita del Cucciolo. Gradualmente, infatti, molti di essi sono scomparsi dal mercato, per cui solo i migliori hanno potuto affermarsi e diffondersi.
I costruttori del Cucciolo non si sono lasciati sedurre dalla classica semplicità costruttiva del ciclo a due tempi, anche se l’avv. Farinelli inizialmente, anche alla luce dei disegni “francesi” avuti dall’ingegner Remondini, aveva sposato questa soluzione tecnica. Su sollecitazione del tecnico Leoni si decise subito di adottare il ciclo a quattro tempi, eliminando tuttavia ogni superflua complicazione.
Percorso identico è stato seguito per il passaggio dalla presa diretta alla soluzione delle due marce con frizione, anche se in seguito si è tentata anche la via della presa diretta col T0 che però non ha avuto successo.
Il risultato della progettazione e del lavoro di Farinelli-Leoni è stato un motorino industrialmente poco costoso, di scarsissimo consumo (circa 100 Km con un litro di benzina), che richiedeva una manutenzione molto diluita nel tempo (aveva bisogno di essere disincrostato nelle parti meccaniche principali solo dopo percorrenze di 7-8000 Km), che non imponeva la creazione di miscela ai rifornimenti e che, in fatto di ripresa, non aveva nulla da invidiare al più elastico dei due tempi.
Negli anni si arrivò addirittura a una versione a quattro marce che consentiva il superamento di pendenze eccezionali grazie a una prima ridotta (cosa impossibile per i mezzi a trazione diretta) e punte velocistiche altrettanto rilevanti con una quarta lunga che abbatteva sostanzialmente i consumi e lo sforzo del motore.
Il Cucciolo, infatti, pur con le sue modeste dimensioni, aveva una cilindrata esuberante rispetto alla potenza sviluppata che era contenuta in 1,25 cavalli (esistevano versioni che sfioravano addirittura i 2 cavalli), entro limiti tali da non creare pregiudizi all’applicazione del motorino ausiliario alle normali biciclette. Specie all’inizio un motore troppo potente avrebbe messo in crisi i telai.
Solo in seguito si fece il salto di qualità e furono progettati telai ad hoc, molto più robusti strutturalmente e con molleggio, per sfruttare al meglio le potenze erogabili. Tuttavia tale limitazione di potenza inizialmente non è stata ottenuta riducendo la cilindrata, il che avrebbe dato luogo a un motorino obbligato a funzionare a un elevatissimo numero di giri, quindi molto delicato, ma limitando il diametro e il tempo di apertura delle valvole.
Così il cilindro si riempiva completamente solo ai bassi regimi e questa scelta assicurava un tiro meraviglioso in tale situazione, mentre a quelli elevati il riempimento era solo parziale, per cui la potenza era contenuta entro i limiti desiderati. Grazie a questa azzeccata opzione tecnica, il cambio a due velocità di cui il motorino era dotato, veniva usato solo eccezionalmente, essendo possibile superare in seconda ogni salita normale.
La limitata potenza erogata ha consentito inoltre a molti artigiani di sbizzarrirsi in versioni potenziate e impreziosite da varie soluzioni, come cambi ausiliari che ampliavano il numero delle velocità a quattro e addirittura a sei marce, soluzione questa molto rara perché richiedeva una ruota posteriore con rapporti molto differenziati tra loro.
Altra sua caratteristica vincente era la particolare sistemazione del Cucciolo sul telaio della bicicletta, in posizione abbassata, così da migliorare la stabilità del mezzo e non dare fastidi alle gambe del guidatore.
Infine, il sistema di trasmissione permetteva di utilizzare la stessa catena della bicicletta e il cambio di cui era provvista, assicurando un ampio numero di rapporti di trasmissione: da due fino a otto se la serie di rapporti presenti sulla ruota posteriore presentava un salto di almeno due-tre denti a salire da un rapporto all’altro.
Dal punto di vista della distribuzione, una notevole semplificazione era stata raggiunta con le aste che lavoravano per trazione e non per spinta: i due bilancieri venivano così infulcrati in un punto esterno fra le valvole e le aste, con sostanziale avvicinamento fra questi organi meccanici e una forte riduzione dello sforzo cui era sottoposto l’innesto dei bilancieri. Con queste soluzioni le aste hanno consentito una realizzazione molto più semplice e contenuta nei costi.
Anche il sistema di lubrificazione era davvero originale, di tipo automobilistico più che motociclistico. Il ricircolo dell’olio era a sbattimento, senza l’ausilio di alcuna pompa, cosa molto importante perché venivano così eliminati pezzi e interi sistemi che avrebbero potuto creare disservizi nell’uso prolungato.
Si aveva comunque una vera è propria circolazione di olio: gli ingranaggi del cambio lo pescavano direttamente nel carter e lo lanciavano in una coppa posizionata sotto l’albero motore, mantenendo sempre nella coppa un livello costante, indipendentemente dalla quantità di olio contenuta nel carter.
Il segreto era ovviamente quello di tenere un pelo d’olio sempre oltre il massimo per favorire così la lubrificazione, evitando così buchi di pescaggio che avrebbero potuto causare problemi.
Con la pulizia costante della parte alta del motore, e la registrazione continua delle valvole, il livello dell’olio maggiorato era uno dei punti fondamentali per la manutenzione ideale di ogni Cucciolo.
Interessante anche il cilindro fuso in silumin, in blocco con la parte superiore del carter. Nel cilindro, incorporata durante la fusione, c’era anche una camicia in ghisa. Le alette di raffreddamento erano molto allungate e sovrastimate, in questo modo il motore poteva essere sottoposto a lunghi sovraccarichi senza subire surriscaldamenti che ne avrebbero limitato l’impiego e messo a rischio la tenuta.
Per quanto riguarda le prime versioni, l’alesaggio e la corsa erano rispettivamente di 39 e di 40 mm, per cui la cilindrata era stata fissata in 48 cc. Il rapporto di compressione era di 6,25:1, il regime di rotazione normale era di 4000 giri al minuto, quello massimo sotto carico di 5250 giri al minuto, che poteva essere mantenuto anche per tratti abbastanza lunghi senza mettere in crisi la resistenza meccanica del complesso.
Le valvole avevano un diametro di 12 mm e un’alzata di 3,5 mm. Con gioco sulle punterie fra 0,1 e 0,2 mm, il diagramma di distribuzione era all’incirca il seguente: l’aspirazione apre 8° prima del P.M.S. e chiude 32° dopo il P.M.I., mentre lo scarico apre 32° prima del P.M.I. e chiude 8° dopo il P.M.S.
Era un diagramma adatto a un mezzo studiato appositamente per reggere sforzi prolungati senza picchi di velocità. Ma il Cucciolo, sapientemente rielaborato e spinto, ha dimostrato di potersi trasformare in una minimoto da corsa capace di dare la polvere a mezzi molto più dotati in cilindrata e cavalli.
L’accensione era a volano magnetico a quattro poli, realizzato da Leoni, che forniva anche la corrente per il faro anteriore. Su alcuni telai, specie stranieri, l’impianto di illuminazione però non esisteva.
L’eccellente raffreddamento del motorino consentiva l’utilizzo di una candela a basso grado termico. Il carburatore Weber aveva un diffusore da 9, la frizione era a dischi metallici multipli in bagno d’olio, il cambio di velocità a ingranaggi sempre in presa con innesto a espansione di sfere.
Grazie a cambio e frizione, il Cucciolo era in grado di partire anche da fermo col motore in moto e la normale bicicletta motorizzata col Cucciolo si trasformava così in una vera e propria motoleggera. Tanti costruttori hanno ritenuto opportuno per questo non limitarsi alla bicicletta motorizzata realizzando invece col Cucciolo piccole ma complete motoleggere. Lo stesso motore, inoltre, fu impiegato su tandem, come fuoribordo per piccole imbarcazioni e si progettò di utilizzarlo anche per un motocarro con una portata di 200 Kg (realizzato da Capellino) e per il traino di un’appendice posteriore (tipo taxi) in cui potevano essere ospitate due persone.
Il cambio era a due rapporti interni al carter e l’innesto delle marce avveniva spostando i pedali nella posizione appropriata e tirando in seguito la leva della frizione: con il pedale sinistro in avanti si innestava la prima, con il pedale destro in avanti la seconda, con i pedali verticali si era in folle. Il piccolo carburatore Weber da 9 millimetri (era Feroldi nella prima serie e in Francia si preferì lo Zenith) era collegato al cilindro da un collettore di aspirazione piuttosto lungo, che garantiva un’ottima coppia motrice.
Difficult to know where to begin. Better than most articles as this doesn’t repeat innaccuracies, but there are still many, far too many.
The original Cucciolo was designed and named by Siata. Ducati had really nothing to do with design, even the T3’s had Siata/Cameri T2 cases (Cansa was named after the factory, not the company). Ducati didn’t produce it’s own design until the 98cc; everything else was modification or copies. See the Idroflex for example; Marzzocchi design, Ducati just built it.
In 1943 Siata had the idea of building a 2-stroke. Aldo Farinelli, an automotive industry Commercial Lawyer, launched a joint venture with Siata and became its Commercial Manager. He had the alternate idea of a 4-stroke and drawing on the existing in-house skills of Siata. This was implemented by Aldo Leoni, an old-school, self-taught engineer who was then the Project Manager. The patent license was held by Enzo Forio, Farinelli’s brother-in-law, who was also an engineer. Lioni did not “request” anything.
There were fifteen different types of Cucciolo engines. None of the manuals indicate ‘descaling at 7-8,000km. Where is this source reference from?
Technically: There was no 4-speed version. The 65cc T3’s had 3-speeds. 4-speeds was from the use of geared hubs. There was certainly no 6-speed version ever made. Similarly, the first T1’s were 0.95hp, the last 65cc S was 2.5hp. Most of the figures do not relate to any identified engine versions and are confused. The 1.25hp T50 can/could not manage a hill without pedaling assist. lastly, the splash lubrication system was not “original” and it did not oil the upper engine; the valve gear was never “lubricated”, even on the enclosed T3’s. It was not ‘constantly cleaned’ at all.
Cucciolo’s were not the best-selling engines in the world. Not even close. In total, at least 260,088 units made over 13-years production. Garelli’s Mosquito had sold 2-million units by 1956 and Velosolex had been in business for three decades before the war and were still being made in the 1980’s.
Roschers had Gurtner carburetors, The Zenith 10MS was only on a Cointot-Ferres engined frame. Ferolidi’s were only fitted to the T1-a 45′ versions and there were only about 3,900 of those. Most Cucciolo carburetors are Webber 14/8’s. There were no USA built frames, none whatsoever, and Cucciolo’s barely sold at all there until the pushrod’s were introduced by the Berliner Corporation in New Jersey. The picture is just an advertising stunt.
Magneto’s were mostly made by Dansi. Some on the T2-SC Cansa’s were Marelli and had only one coil. The T1’s had proprietary units that Dansi later sub-supplied.
Don’t know where you get the Ducati outboard engines being twin Cucciolo’s. The DM50 5hp was a single cylinder 2-stroke.
If you are going to discuss Ducati, particularly to an Italian audience, you should mention the history during the war, the workforces struggle against the regime, Bruno Ducati’s fascist politics, collaboration and Ducati’s involvement in the military since Abyssinia.
The only reason Cucciolo’s are of interest now is because of there present fame as an icon. Otherwise they would be forgotten like most makes of the era.