Questa è la storia dei titoli mondiali vinti dalla Ducati nel 1991 e 1992, il racconto di quello che rappresentarono per la Casa di Borgo Panigale e il ritratto del pilota che fu lo strumento di queste splendide vittorie.
Anche la Superbike, nel 1991, vide calare sui propri scenari un marziano. Così come Kenny Roberts era arrivato poco più di un decennio prima sul Motomondiale, meritandosi l’appellativo di extraterrestre, anche Doug Polen atterrò sul mondiale per le derivate dalla serie e sembrò provenire da un altro pianeta.
Ma procediamo con ordine, cercando di conoscere il pilota, la sua carriera e provando poi a enunciare l’eredità che seppe lasciarsi dietro, per la Ducati e per la Superbike.
La carriera di Doug Polen
Doug Polen nasce a Detroit, nello stato del Michigan, il 2 settembre 1960 e ha diciassette anni quando disputa la prima corsa della carriera sul tracciato di Oak Hill. Correrà fino all’inizio degli anni Ottanta, nelle categorie Lightweight Production e Superbike, arrivando al livello dei migliori.
In un ambiente, quello delle corse oltreoceano, che vive già di professionismo, il giovane Polen non riesce tuttavia a trovare sbocco e si ritira alla fine del 1982.
La passione del pilota di Detroit però è grande e, dopo anni di assenza, nel novembre del 1985 gli si presenta la prospettiva di correre nel neonato trofeo Suzuki “GSXR National Cup Series”, questa volta con l’eventualità di guadagnare abbastanza soldi da potersi dedicare alle corse con le spalle coperte e con la possibilità allettante, offerta dalla formula del trofeo, di poter calcare palcoscenici importanti per potersi mettere in luce: il monomarca Suzuki si correrà nel 1986 su 23 piste differenti, spaziando in lungo e in largo negli States.
Doug è determinato e il 1986 passa di vittoria in vittoria, spingendosi al top: con 45 vittorie su un totale di 51 gare, infatti, l’americano si aggiudica il primo posto nella classe 750 e arriva terzo nella 1100.
Le porte del campionato AMA gli si aprono nel 1987, sempre in sella a una Suzuki. Adesso fa il pilota a tempo pieno e il quarto posto che ottiene a fine campionato, trovandosi spesso a battagliare con gente come Kevin Schwantz, Wayne Rainey e Bubba Shobert, tanto per citarne alcuni, è la dimostrazione dell’accresciuta esperienza e della consistenza di Polen.
Suzuki e Yoshimura compongono un binomio inscindibile, così, per il 1988 (anno della nascita del campionato del mondo Superbike), Doug si ritrova a correre per il Team Yoshimura R&D.
Adesso fa parte di una delle squadre più importanti e trova il modo di affinare ancora talento ed esperienza, tanto da ritrovarsi l’anno successivo a correre per la squadra Yoshimura Japan nel campionato giapponese.
Doug Polen inizia ad affermare la propria legge fuori dai confini nazionali e vince i titoli riservati alla Formula 1 e alla Formula 3. L’incontro del pilota del Michigan con Eraldo Ferracci, allora responsabile dell’attività sportiva della Ducati negli USA, avviene alla fine della stagione 1990.
Per Polen c’è una Ducati 888 pronta, mezzo con il quale, sotto l’ala della Casa madre, è chiamato a vincere il titolo Superbike AMA.
Il mercato d’Oltreoceano tira parecchio e a Borgo Panigale hanno nella splendida bicilindrica a quattro valvole il mezzo per far breccia nella fantasia degli appassionati americani.
Eraldo Ferracci sa, dal canto suo, di avere il pacchetto vincente, in termini assoluti. Vuole lanciare il proprio pilota sulla ribalta del campionato del mondo, con la presunzione di far sbarcare sulla terra il suo “marziano”.
Lo ha visto correre (e vincere) la gara di Daytona riservata alla categoria Protwin GP1, siamo a marzo e non c’è tempo da perdere!
La Ducati, nel frattempo, ha vinto il suo primo mondiale con Roche nel 1990. Forti del numero uno che campeggia sulla carena del pilota francese, dunque, a Borgo Panigale si accetta di dare una chance al pilota di Ferracci.
E’ il 1991 e la prima gara è sul circuito di Donington Park: Polen e Ferracci sanno bene che bisogna vincere subito. Così Doug inizia facendo segnare il miglior giro in prova, arrivando primo sotto la bandiera a scacchi che chiude Gara-1 e facendo suo anche il giro più veloce. Il marziano è sbarcato: Ferracci ottiene di correre tutto il mondiale.
Vince le due manche di Jarama (con pole e giro veloce), è primo in Gara-2 in Austria e non può fallire la gara di casa, quella che si corre sul circuito di Brainerd: doppia vittoria anche qui, entrambe le volte davanti a Scott Russell e alla Kawasaki.
Anche il pubblico italiano conoscerà presto lo strapotere del marziano sull’astronave rossa: a Misano, nel Gran Premio di San Marino, Polen e la Ducati conquistano ancora una perentoria pole e una nuova doppia vittoria.
Ormai Doug è lanciato e questa non sarà che la prima delle tre doppiette consecutive che avranno come teatro anche le piste di Anderstorp e Sugo, con altrettante pole position.
Per la Ducati, vincere a Sugo, in maniera così decisa, segnando anche il giro più veloce con l’asso americano, aggiunge sapore al dominio. Anche Roche, come un pugile che si scuote da un ideale e duro uno-due iniziale si risveglia, centrando la doppietta in Malesia. Però è tardi: nonostante il francese venda cara la pelle, Polen è primo in Gara-1 in Germania, mentre lui fa sua Gara-2. Doug, però, arriva secondo e gli strappa la corona mondiale con tre gare d’anticipo.
C’è la gara in Francia, in casa di Roche, a rappresentare una sorta di platonica rivincita. Il mondiale, vissuto sul duello tra il francese e l’americano, entrambi su Ducati, ha messo di fronte il campione del mondo, nella squadra ufficiale, e il pilota calato da un altro mondo.
Roche si beccherà due altre sconfitte, perdendo in entrambe le manche il duello con Polen che, insaziabile, impone la sua legge anche davanti al pubblico dell’avversario.
La vittoria di Polen è anche l’affermazione della supremazia degli “specialisti” della categoria contro i piloti provenienti dai Gran Premi.
Nella tappa italiana del Mugello i due si divideranno la posta e sarà ancora l’americano a vincere Gara-2 in Australia, portando a 17 i suoi successi stagionali e relegando Roche a 150 punti di distacco in classifica finale.
Il pilota di Detroit, oltre a essere veloce, alla fine di ogni turno di prove scende dalla moto, sa quello che dice e porta i tecnici sulla giusta strada. In patria, tanto per allungare la striscia dei successi, Doug Polen vince il titolo AMA Protwins.
Il 1992 vede la Ducati inserire l’americano nella squadra ufficiale, includendo nel team, diretto da Franco Uncini, anche Eraldo Ferracci e il pilota rivelazione Giancarlo Falappa.
Polen, all’inizio, sembra essersi ridimensionato, con le prime gare ad appannaggio di Slight e Roche in Spagna, e ancora di Roche e dell’astro nascente Fogarty in Inghilterra.
La riscossa dell’americano non tarda a concretizzarsi sulla pista di Hockenheim, dove centrerà la doppietta e la pole.
Nel Mondiale Superbike, anche nel 1992, dunque, si dovranno fare i conti con lui, pur essendo impegnato anche nella serie AMA.
Ed è proprio nelle gare in patria la dimostrazione che il campione del mondo è in forma più che mai: dopo la gara tedesca del Mondiale Superbike, il pendolare tra il nuovo e il vecchio continente vince a Laguna Seca.
La fila delle vittorie di Doug si allunga con la conquista di Gara-2 in Belgio, per poi volare a vincere nell’AMA a Brainerd, tornare al Mondiale e vincere ancora Gara-2 a Jarama una settimana dopo, nel GP di Andorra.
Il campionato del 1992 è diverso: adesso, al rivale storico Roche, si sono aggiunti altri piloti competitivi, primo fra tutti il compagno di squadra Giancarlo Falappa. Vincere è più difficile, ma non certo impossibile: Polen vince la gara del campionato AMA a Lexington, per poi iniziare di nuovo a vincere nel mondiale. Gara-2 in Malesia è sua, poi fa segnare la pole a Sugo, bruciando sul traguardo in entrambe le gare Kevin Magee e la sua Yamaha.
Il marziano e la sua 888 sono velocissimi, la pole e Gara-1 ad Assen lo testimoniano, ma per vincere il titolo mondiale questa volta bisogna accontentarsi anche dei piazzamenti. Così, per arrivare a una nuova vittoria occorrerà aspettare l’ultima gara in Nuova Zelanda, sulla pista di Manfield. Il pilota di Detroit farà sua Gara-1, con Falappa che parte dalla pole e vince Gara-2. Polen è di nuovo campione del mondo e finisce terzo nel campionato AMA.
Il buon piazzamento negli States alimenta la voglia della Ducati di vincere anche questo importantissimo titolo: c’è la consapevolezza di avere il pilota giusto e una moto formidabile. Così, nel 1993, i vertici sportivi di Borgo Panigale chiedono a Polen di concentrarsi sul campionato nazionale americano Superbike.
Doug accetta e vince il titolo con due gare d’anticipo, affermandosi a Phoenix, Laguna Seca, Charlotte, Elkhart Lake, Atlanta e Brainerd. La storia di Polen con la Ducati finisce così, in bellezza, in quanto il pilota, forse in cerca di nuovi stimoli, passa alla Honda nel 1994, ritornando a disputare il Mondiale con la RC45.
Alla fine sarà quarto in classifica finale, non riuscendo mai a tagliare per primo il traguardo. L’anno seguente corre qualche gara di durata verso la fine della stagione e scopre così un nuovo mondo: nel 1996, in sella alla Suzuki, è impegnato nelle gare del Mondiale Endurance.
Ancora con la Suzuki della squadra francese S.E.R.T. (Suzuki Endurance Racing Team) torna nel 1997 a potersi fregiare della corona mondiale, in coppia con Peter Goddard. Si confermerà campione anche nel 1998, ma in sella alla Honda.
Con l’americano iniziò davvero la leggenda della Ducati nel Mondiale Superbike. Le sue trionfali vittorie nel 1991 e nel 1992 contribuirono a creare l’immagine di eccellenza che, da allora in poi, è sempre stata imprescindibile dalla Casa bolognese.
Con Polen, il Marchio italiano passò definitivamente dallo stato di splendido outsider a quello (definitivo) di avversario da battere, diventando il reparto corse con il quale tutti avrebbero dovuto fare i conti.
La Ducati divenne la moto che ogni pilota bramava di avere per poter vincere. E c’è di più: anche il Mondiale Superbike, già lanciato dal Gruppo Flammini verso livelli crescenti di professionismo, deve qualcosa a Doug.
Con l’americano in prima fila, le connotazioni caratteristiche del campionato per moto derivate dalla serie assunsero un carattere personale, che andò progressivamente rafforzandosi per delinearne l’unicità e decretarne, quindi, il definitivo successo: si profilano dunque quei connotati che faranno dei piloti di Superbike dei veri specialisti della categoria, a spese dei transfughi dal mondo dei Gran Premi.
Foto archivio Uncini
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