C’è chi si danna per capire come mai il settore delle moto sia in crisi. Notti insonni alla ricerca del modello che ancora non c’è, della nuova nicchia di mercato e di forme e colori che invoglino nuovi potenziali clienti al tanto sospirato acquisto.
Poi, capita di dare un’occhiata alla GT 750, la prima Ducati bicilindrica con il famoso motore a carter tondi: un concentrato di bellezza pur nella sua assoluta semplicità. Una moto che ancora oggi, a distanza di cinquant’anni dalla sua prima apparizione, esercita un fascino magnetico al di là del suo pur consistente valore collezionistico.
Quelle linee eleganti, con la meccanica a giocare un ruolo fondamentale anche dal punto di vista estetico, non possono lasciare indifferente neppure chi non è propriamente un appassionato.
Il segreto, dunque, sta nell’essenzialità e nella razionalità di certe scelte, piuttosto che nella spasmodica ricerca di quel qualcosa in più che poi, magari, non serve a un bel niente.
Anche Alessandro Giorgio, proprietario di questo esemplare splendidamente conservato, non può che essere d’accordo: “Questa moto è la ventunesima 750 GT assemblata all’interno della fabbrica di Borgo Panigale per raggiungere il tetto delle 100 unità che permettesse all’azienda di partecipare alle competizioni riservate alle derivate di serie. A dire il vero, anche io, inizialmente, l’avevo acquistata per trasformarla in una moto da corsa, su segnalazione di un vigile urbano di Tivoli. Poi, però, quando mi sono reso conto della rarità dell’oggetto, che è perfettamente originale al di là dei carburatori, che sono stati sostituiti, e della sella, che presenta un diverso rivestimento, ho deciso di tenerla così com’è. Tra l’altro, il motore presenta delle specifiche molto particolari, come i carter fusi in terra, e quindi sarebbe stato un vero peccato cannibalizzare una moto del genere.“
Giorgio ci rivela anche come il primo intestatario di questa 750 risulti essere la stessa Ducati Meccanica che, evidentemente, aveva interesse nell’immatricolare in fretta un certo numero di moto per ottenere, come già detto, l’omologazione necessaria per far correre la versione da competizione.
In un certo qual senso, dunque, la GT è un po’ l’antesignana di tutte le Ducati attuali (4 cilindri escluse), quella che ha dato vita al mito del cosiddetto “Pompone”.
E dire che, stando ad alcune testimonianze, la scelta di questa tipologia di motore è stata oggetto di un’accesa disputa tra la dirigenza di allora e l’ufficio tecnico capitanato dall’Ingegner Fabio Taglioni; non tutti sanno, infatti, che lui avrebbe preferito sviluppare un’architettura leggermente diversa, con l’angolo compreso tra i cilindri di 60°, frutto di precedenti esperienze nell’ambito dei plurifrazionati, mentre fu costretto dall’Amministratore Delegato Arnaldo Milvio a “ripiegare” sul bicilindrico a L.
Come detto, l’impostazione generale del mezzo era piuttosto sobria, anche per gli standard di allora, eccezion fatta per il serbatoio in fibra di vetro e per la presenza del freno a disco anteriore, una vera anteprima per l’epoca.
Per quanto riguarda l’esemplare in questione (equipaggiato con telaio grigio, a differenza delle serie successive che lo avevano nero), la sella originale (caratterizzata dalla scritta Ducati sulla parte posteriore) si è purtroppo deteriorata, così è stata provvisoriamente rifoderata con della pelle nera standard.
Da sottolineare anche come la GT sia dotata della distribuzione tradizionale (a molle), mentre quella desmodromica arriverà con il debutto della Super Sport, un paio di anni più tardi, nel 1973, sulla scia del clamoroso successo ottenuto alla 200 Miglia di Imola con Smart e Spaggiari.
Erano gli anni in cui, oltre ad Agostini e la sua MV Agusta, a dominare la scena erano ancora le moto inglesi, con le quali la 750 GT, come ci fa giustamente notare Giorgio, vanta in effetti alcune affinità: “La componentistica prevede gran parte degli elementi ‘made in England’, come le pinze e il comando al manubrio dell’impianto frenante Lookheed, il disco da 260 mm di derivazione Mini Cooper o la strumentazione Smiths. Allo stesso modo, se vogliamo, anche il telaio, pur essendo realizzato a Borgo Panigale, si ispira a quello della Seeley e il fatto che il motore abbia il cambio sul lato destro rappresenta una specifica in voga tra i modelli d’Oltremanica.“
Rispetto alle concorrenti dell’epoca, però, la 750 GT vanta una guidabilità e una maneggevolezza (dovuta non solo alle principali quote ciclistiche, ma anche al peso contenuto) nettamente superiori, oltre che una fantastica erogazione da parte del motore.
Un oggetto con cui divertirsi ancora oggi, nonostante i quasi cinquant’anni trascorsi dalla sua prima immatricolazione, datata nel caso specifico ottobre 1971: “A dire la verità, la utilizzo pochissimo. – spiega Giorgio – Per farla funzionare come si deve, infatti, andrebbe usata tutti i giorni, ma questo mi è impossibile per mancanza di tempo, quindi ci ho percorso solo una manciata di Km. Ciononostante, basta davvero poco per apprezzarne le caratteristiche di guida: in questo senso, infatti, si può dire che la Ducati riuscì a produrre una moto di serie molto vicina a quella da corsa, mentre gli altri dovevano ricorrere a una configurazione apposita. La richiesta economica per entrarne in possesso, ormai circa quindici anni fa, era già piuttosto elevata, ma non ho esitato nemmeno un secondo!“
Foto Paolo Grana
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