Nel 1953, la Ducati era poco più che una debuttante nel settore motociclistico, nel quale si era lanciata per risollevarsi dagli orrori della Seconda Guerra Mondiale, l’Ingegner Taglioni non lavorava ancora nella fabbrica di Borgo Panigale (sarebbe arrivato l’anno successivo) e il Desmo non aveva niente a che fare con le moto bolognesi.
Eppure, le Ducati erano già straordinariamente evolute in rapporto alla loro relativa “giovinezza”; basta pensare che all’epoca era stato da poco presentato un progetto ambizioso come il Cruiser 175 che, al di là dei deludenti risvolti commerciali, faceva sfoggio di una dotazione tecnica ammirevole.
Subito dopo fu la volta della Ducati 98, una motoleggera inizialmente concepita come modello essenziale e dalle prestazioni ridotte, ma che poi, grazie alla sua versatilità, seppe assumere molteplici forme e destinazioni d’uso.
Nel caso della versione TL, che sta per Turismo Lusso, siamo infatti di fronte a un mezzo con ben altre prerogative: elegante, confortevole, curata nei minimi particolari, questa piccola Ducati aveva in realtà l’appeal di una moderna maximoto: non a caso, secondo una prassi che in seguito sarebbe diventata un vero e proprio pilastro della strategia commerciale promossa dalla Casa bolognese, la 98 fu anche fatta partecipare, con le opportune modifiche, alle competizioni più importanti di quel periodo, come la Milano-Taranto e il Motogiro d’Italia.
A caratterizzarne la parte ciclistica era un telaio in lamiera stampata (che in seguito sarebbe stato convertito in una più semplice ed economica struttura in tubi saldati tra loro) con il motore montato a sbalzo: un layout estremamente razionale che costituiva un’ottima base (oggi la chiameremmo “piattaforma”) sulla quale sviluppare modelli differenti, dal più accessibile al più sofisticato.
Il TL rappresentava la versione d’elite, quella che coniugava il fascino delle prestazioni esibite nelle corse con la comodità e l’affidabilità dell’utilizzo su strada, da soli o con passeggero al seguito.
La doppia sella è infatti perfettamente in grado di ospitare due persone, con quella del conducente di tipo molleggiato, dotata addirittura di un sistema regolabile! Infatti, sotto il piano di seduta, in parte nascosto dal telaio, compare una sorta di ammortizzatore che serve a smorzare le sollecitazioni trasmesse al pilota, mentre l’eventuale passeggero può contare su un cuscino solidale a quello che altrimenti veniva utilizzato come portapacchi.
“Grazie alle sue caratteristiche, il 98 TL riscosse un discreto successo anche negli Stati Uniti.” ricorda Enea Entati, specialista in materia e autore del restauro apprezzabile nelle immagini, al quale, al momento in cui è stato realizzato il servizio, mancavano ancora i filetti che avrebbero dovuto decorare il parafango anteriore e i fianchetti laterali, come quelli che viceversa compaiono già sul serbatoio del carburante.
In effetti, il manubrio rialzato che distingueva il TL dalla più basilare versione T ben si abbinava ai gusti dei motociclisti d’Oltreoceano e lo stesso vale per la ricca dotazione di serie, vedi il tachimetro-contachilometri integrato nella calotta del faro, i cerchi in lega d’alluminio, i freni a tamburo Amadori (maggiorati rispetto al 98 T e dotati di apposite alette di raffreddamento), gli ammortizzatori con molle coperte e, addirittura, la pompa destinata al gonfiaggio dei pneumatici, posta sopra al copricatena.
Tutto ciò veniva affiancato da finiture di pregio, come le targhette metalliche ai lati del serbatoio, l’uscita “tricuspide” del silenziatore di scarico e il fatto che la culla del telaio venisse “chiusa” attraverso due vistosi tubi cromati, cui era demandata una funzione prettamente protettiva, o tutt’al più estetica, piuttosto che strutturale.
L’impianto elettrico, inoltre, ha il supporto di una batteria, fatto tutt’altro che scontato per una motoleggera di questo tipo, con la quale era pertanto possibile azionare il clacson, la luce di posizione e quella di stop anche a motore spento.
Il propulsore ha misure di alesaggio e corsa pari a 51 x 46 mm, per una cilindrata di 98 cc, in accordo con il nome del modello stesso, secondo una prassi che si sarebbe consolidata negli anni e tuttora in voga all’interno della famiglia Superbike Ducati.
L’alimentazione è assolta da un carburatore Dell’Orto MA18B, grazie al quale il monocilindrico ad aste e bilancieri sviluppa una potenza massima di 5,5 Cv, in grado di spingere il Turismo Lusso fino a 85 Km/h.
Il cambio è a quattro rapporti, dotato di comando a bilanciere e di un curioso indicatore della marcia inserita sul lato destro del motore: una soluzione di dubbia utilità, come conferma lo stesso Entati: “Più che altro serviva a chi non era molto pratico e, magari, non si rendeva conto se era in terza o in quarta. Tuttavia, non era certo il massimo della comodità dover distogliere lo sguardo dalla strada per controllare il piccolo riferimento sul carter mentre si procedeva a una certa velocità!”
Decisamente più pratica è invece la trousse di attrezzi contenuta all’interno di uno dei due portaoggetti laterali (nell’altro era alloggiata la batteria), che comprende anche un kit per rimuovere le gomme dai cerchi, eventualità tutt’altro che remota considerato lo stato in cui vertevano le strade di oltre sessant’anni fa.
E’ interessante notare anche come sul tappo della benzina, all’epoca realizzato in bachelite e oggi praticamente introvabile, sia ancora riportato il marchio SSR, che inquadrava la Ducati come “Società Scientifica Radio Brevetti”, a testimonianza del suo passato svincolato dalla produzione motociclistica.
Stiamo dunque parlando di un oggetto da veri intenditori e non è un caso se l’esemplare curato da Enea appartiene niente meno che a Gianluigi Mengoli, Presidente della Fondazione Ducati nonché grande appassionato dei mezzi che hanno fatto la storia dell’azienda bolognese.
“Ormai siamo amici di vecchia data ed è sempre un piacere aiutarlo a sistemare qualche moto d’epoca. – rivela lo specialista di Bondanello di Moglia – Insieme allo Scrambler, il 98 TL è uno dei suoi modelli preferiti. Si tratta di una questione puramente affettiva, che esula dal prestigio che certi esemplari possono riscuotere tra i collezionisti.”
Lo dimostra il fatto che per un 98 come questo possono bastare meno di 4000 Euro, restauro compreso, mentre per uno Scrambler appena decente c’è chi chiede anche più del doppio!
Foto di Enrico Schiavi
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