Ducati 998 R: monografia

Ducati 998 R: monografia

Monografia del modello che rappresenta la massima espressione del progetto 916 iniziato nel 1994

Anche se abbiamo parlato recentemente della famiglia 998, ci piace approfondire l’argomento dedicando questa nuova monografia alla versione R, in quanto siamo convinti che, per contenuti tecnici e storici, meriti senz’altro un capitolo a parte.

Del resto, la 998 R ha rappresentato la massima espressione del progetto 916 iniziato nel 1994, che rappresentò una felicissima sintesi fra le qualità del bicilindrico quattro valvole messo a punto dall’Ing. Bordi con il talento stilistico e telaistico di Massimo Tamburini.

Dalla prima 916 in poi si alternarono numerose varianti sul tema, sia con sigle che sono rimaste nella storia come SP, SPS e, appunto R, ma la moto che è oggetto di questo articolo è unica nel suo genere in quanto rappresenta il canto del cigno della supersportiva di Tamburini, in quanto subito dopo di essa apparve la nuova 999 su cui Ducati puntava tutte le sue carte per rinnovare la gamma hypersportiva Ducati.

La storia, poi, come sappiamo, è andata in un modo ben diverso, in quanto la nuova serie non è stata certamente apprezzata come quella generata da Tamburini, come dimostrano bene le quotazioni sul mercato dell’usato che vedono richieste sostenute per tutte le variazioni sul tema 916, senza parlare di versioni speciali come possono essere la prima SPS, la Fogarty replica (venduta solo in Inghilterra) o la cosiddetta 996 F (Factory), che i più facoltosi acquistarono per la bellezza di 50 milioni di lire nel 1999! Tornando alla nostra 998 R va subito sottolineato come questa moto rappresenti l’apice dell’intera famiglia, tanto che il tester del tempo non poté che sottolineare il divario prestazionale di questo modello con la prima 916: l’evoluzione, infatti, fu veramente notevole tanto che nell’uso in pista la differenza in termini di tempo sul giro tra una 916 e una 998 era molto significativa, non certo quantificabile in pochi decimi.

Senza tempo, solo così possiamo definire la leggendaria linea delle supersportive firmate da Massimo Tamburini; nessuno potrebbe affermare che siamo davanti a un progetto di quasi 30 anni fa! Ogni ducatista sogna di avere una moto così nel suo garage!

Del resto, rispetto al prima versione, a parte la veste estetica, nulla era rimasto uguale, neanche il telaio che fu modificato nel 1998 per far posto all’air box di maggior volume richiesto dal modello Superbike.

Diverse le ruote, le sospensioni, per non parlare del motore, che fu riprogettato completamente, pur tenendo fede alle sue caratteristiche principali, ovvero bicilindrico a L di 90°, quattro valvole per cilindro e distribuzione desmodromica.

Questa foto è stata scattata a Misano in occasione del WDW 2002; notare sullo sfondo il gazebo di Mondo Ducati, sempre presente in quegli anni alla manifestazione organizzata da Ducati.

Infatti, con l’avvento del Testastretta si aprì decisamente un nuovo capitolo, molto fortunato, che permise alla Casa di Borgo Panigale di riaffermare il proprio dominio non solo nel campionato delle maximoto derivate dalla produzione di serie, ma anche sul mercato delle supersportive.

IL MODELLO

Come detto la versione R era all’apice della famiglia 998, nella quale erano presenti anche la versione base (123 Cv) e la S (136 Cv).

Dagli altri modelli si differenziava per l’aumento dell’alesaggio, portato a ben 104 mm (ovvero lo stesso delle moto da gara al tempo pilotate da Ben Bostrom, Ruben Xaus e Troy Bayliss); una modifica, questa, che comunque non si tradusse in un aumento deciso di potenza rispetto alla S; in effetti, la R raggiungeva solo 139 Cv, ovvero solo tre in più rispetto alla S.

Dimostrazione evidente di come i cavalli non sempre si possano contare, in quanto, a volte ci sono quelli che pesano più di altri; in effetti, il gap prestazionale tra le due versioni era abbastanza notevole, considerato come l’incremento dell’alesaggio gli permettesse di girare più in alto.

Il propulsore della R aveva il carter fuso in sabbia a coppa bassa, una coppia di 10,7 Kgm a 8000 giri e un rapporto di compressione aumentato rispetto alla 996 R (12,3 contro 11,4).

Come anche le altre versioni della gamma 998, l’airbox aveva un volume maggiore e un nuovo corpo farfallato a iniettore unico soprafarfalla.

Inoltre, arrivò la nuova centralina Marelli 5.9 che offriva prestazioni superiori a fronte di dimensioni estremamente contenute e peso ridotto, utile per una migliore razionalizzazione degli spazi.

Già, perché sulla 998 R si cercò di ridurre il peso complessivo agendo su ogni singolo componente, giungendo a un risparmio di ben 15 Kg rispetto al modello base, con 183 Kg a secco.

Questo risultato fu ottenuto anche grazie alla carenatura completa in fibra di carbonio (con tanto di porzione inferiore per il recupero dell’olio e codone privo di sfoghi dell’aria), ai cerchi Marchesini alleggeriti (400 gr in meno all’anteriore e 800 al posteriore), ai nuovi dischi freno da 4,5 mm di spessore che, grazie alla massa inferiore, assicuravano anche un aumento della maneggevolezza.

Il telaio della moto, direttamente derivato dalle corse, è quello della 996 R come per tutta la gamma 998, mentre la forcella è una Öhlins, completamente regolabile, con trattamento TiN che ne migliora la scorrevolezza delle canne; al posteriore ecco un ammortizzatore della stessa marca (così come l’ammortizzatore di sterzo), anch’esso completamente regolabile, che al tempo rappresentava il massimo.

Il nostro tester alla guida della 998 R, di cui apprezzò soprattutto la potenza del motore, la qualità delle sospensioni, l’efficacia frenante dell’impianto Brembo Triple Bridge; una moto, insomma, capace di dare il meglio di sé esclusivamente in pista.
Il modello raffigurato in queste foto era una sorta di preserie, non in tutto uguale alla moto in vendita nei concessionari.

A fermare quella che possiamo definire senz’altro come una SBK replica ci pensava un impianto anteriore Brembo con dischi da 320 mm e pinze Triple Bridge a quattro pistoncini e altrettante pastiglie.

Fra le novità estetiche, da ricordare gli specchietti retrovisori in tinta con la carrozzeria e lo scudetto Ducati Corse applicato sul codone.

Diverso anche il disegno delle tabelle portanumero e la carena con porzioni verniciate e altre con carbonio a vista.

 

LA PROVA

Riportiamo qui di seguito il test della prova della 998 R effettuato dal tester Lorenzo Miniati e pubblicato sul numero 27 del 2002 della rivista Mondo Ducati, versione abbonamento: “Non capita tutti i giorni di salire in sella alla Ducati di serie più veloce e potente mai prodotta, pertanto rivolgo un doveroso ringraziamento all’Ing. Forni del Reparto Esperienze Ducati per averci concesso questa straordinaria opportunità.

L’esemplare in questione era già abbondantemente “rodato” dall’Ingegnere, dunque è ipotizzabile una discrepanza prestazionale del 5% rispetto a un “pezzo” di parco stampa (a favore di quest’ultimo).

Per contro, l’equipaggiamento in termini di pneumatici era senz’altro superiore rispetto al modello di serie, visto che i Metzeler Rennsport rappresentano, insieme ai Pirelli Dragon Super Corsa (che appartengono allo stesso Gruppo), il meglio disponibile sul mercato.

Tornando al motore, non è stato difficile verificare, anche senza banco prova e cronometro alla mano, quanto la R sia evoluta rispetto al 998 standard.

L’Ing. Forni, con stile impeccabile, alla guida della “sua” 998 R.

Il circuito di Misano dispone infatti di una sorta di prova del fuoco costituita dal tratto che va dalla curva del Carro alla staccata del Tramonto.

A suo tempo, con la 998 gommata Dunlop, ero rimasto sorpreso da come fosse possibile percorrere in pieno il curvone grazie all’erogazione iperfluida del Testastretta da 123 Cv.

Dal canto suo la R, pur costringendo il pilota a parzializzare durante la permanenza in piega, offre una dimostrazione di forza impressionante “presentandosi” abbondantemente oltre i 240 Km/h indicati alla staccata successiva.

Credo che non occorra aggiungere altro se non che, proprio in virtù delle sue straordinarie performance, la R richiede coperture adeguate (come nel nostro caso), pena una certa apprensione nello scaricare a terra tutta la potenza disponibile.

Il rovescio della medaglia è costituito da una resa chilometrica davvero limitata da parte di quest’ultime, tanto da garantire a stento il rientro a casa dopo un’intensa giornata in pista.

L’Ing. Domenicali nel 2002 in sella alla SBK di Troy Bayliss; alle sue spalle la linea di montaggio della 998 S, come a voler sottolineare lo stretto legame che c’è sempre stato in Ducati fra le moto di serie e quelle da competizione.

In termini di allungo ci troviamo di fronte a valori davvero ragguardevoli per un bicilindrico, visto che il quattro valvole che equipaggia la R è capace di oltrepassare tranquillamente la soglia degli 11.000 giri al minuto e, a giudicare dalla prontezza con la quale entra in funzione il limitatore, l’impressione è che voglia proseguire anche oltre.

Del resto, se si pensa che stiamo parlando di valori assoluti vicini, se non addirittura superiori, alle Superbike di qualche anno fa, ci si rende conto dei passi da gigante fatti da questo propulsore.

Un’evoluzione che ha naturalmente visto protagonista anche la ciclistica.

Come già sottolineato, l’equipaggiamento della R in termini di sospensioni prevede materiale di primissima qualità.

A patto di non esagerare con le staccate, la forcella Öhlins digerisce qualsiasi tipo di manovra, dimostrando un’eccellente scorrevolezza e un’altrettanto valida taratura di base.

Stesso discorso per l’ammortizzatore, tendenzialmente più rigido di una qualsiasi sportiva (non dimentichiamoci che la R è prevista nel solo allestimento monoposto), ma molto sensibile alle regolazioni.

Praticamente superfluo, a meno di non essere impegnati nel classico giro “a vita persa”, l’ammortizzatore di sterzo che comunque contribuisce a impreziosire l’allestimento generale. Se il livello delle sospensioni è in sintonia col calibro del mezzo, quello dei freni non è comunque da meno.

L’impianto Brembo Triple Bridge non ha ormai bisogno di presentazioni: la sua efficacia è talmente elevata che con un solo dito sulla leva si arriva facilmente a mettere in crisi anche l’avantreno più sofisticato. A poco valgono le possibilità di regolazione offerte da forcella e ammortizzatore, quello che conta è la sensibilità del pilota nel saper gestire una così grande potenza frenante.

La versione R si differenzia dalle altre 998 per il motore Testastretta da 139 Cv con alesaggio da 104 mm, il carter fuso in sabbia a coppa bassa, il codone in carbonio senza prese d’aria, i cerchi ruota alleggeriti, i dischi freno da 4,5 mm, gli specchietti retrovisori color carena e lo scudetto Ducati Corse sul codone.

D’altro canto l’impianto posteriore serve esclusivamente a correggere la traiettoria in inserimento, degnamente supportato dall’intervento della frizione con dispositivo antisaltellamento.

Come per la S, anche in questo caso l’impegno psicofisico richiesto in corrispondenza di questi “numeri” è comprensibilmente sopra la media, facendo della 998 R un mezzo destinato a mani esperte e ben allenate.

Del resto, mai come quest’anno la gamma Hypersport Ducati ha offerto un’ampia caratterizzazione tecnico/prestazionale, con un motore diverso per ciascuna versione, in modo tale da soddisfare ogni appassionato”.

Dopo tanti anni, ne sono passati quasi venti!, si rileggono con piacere queste note che rimandano a un tempo ormai passato dove le potenze descritte sono oggi quelle che esprime una moto turistica, mentre allora erano il massimo di quanto offriva il mercato. Un mondo lontano, senza il conforto di nessun aiuto elettronico, neanche l’Abs, dove tutto era affidato alla sensibilità e abilità del pilota.

Macchine difficili da guidare, sicuramente, ma che fascino! Se si guardano le foto della 998 R però non sembra passato così tanto tempo, anzi potrebbe essere una delle novità Ducati per il 2022.

Che opera d’arte!

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