Tutto è iniziato così: “Ciao Emanuele, un cliente mi sta proponendo in permuta delle vecchie ducati Desmo. Saresti interessato a prenderle?”. Fu questo l’inizio di un’interessante conversazione e una gran bell’avventura!
Ricordo con precisione l’istante in cui tutto cominciò: era l’inizio della primavera del 2014. Il sole splendente faceva da cornice alla tiepida giornata di aprile. Io in officina a lavoro, con le mani incastrate dentro ai guantoni della macchina lavapezzi, intento a pulire un carter motore di una Ducati 1199 Panigale in revisione.
Non riuscii a liberarmi in tempo per rispondere al telefono e approfittai per finire la fase di pulizia e asciugatura dei semicarter.
Richiamai. All’altro capo del telefono era Tonino, dalla sua rivendita auto; la chiamata fu concisa, come se il tempo disponibile per parlare fosse poco e il messaggio troppo prezioso per divagare troppo e scambiarsi i saluti.
“Sì, sono interessato, ho bisogno di vedere qualche foto!”, dissi incuriosito.
Chiusa la brevissima telefonata, già mille ipotesi nella testa; provando a pensare di che modello potesse trattarsi, pensai subito a due Desmo bicilindriche parallele, fortunato sì, ma non troppo dissi fra me e me!
Dopo qualche ora, arrivarono le prime foto: seppur parecchio pasticciate avevo tra le mani non una, ma ben due Ducati Desmo 250 monocilindriche!
Sono però a 1000 km di distanza. Do qualche indicazione a Tonino per permettergli di condurre la trattativa e mi affido alle sue spiccate capacità di venditore e commerciante.
Poche ore più tardi stavo già prenotando un volo Roma-Palermo per andare a concludere l’affare.
È la mattina del volo! Atterro a Palermo dove ad attendermi c’è mio padre. Arrivo a casa dei miei, saluti veloci, scarico frettolosamente i bagagli e via di corsa con papà a prendere il furgone, già convinto di chiudere la trattativa positivamente.
Siamo davanti al cancello, chiamiamo il proprietario delle Desmo e si aprono le porte.
Da buon siciliano, il signor Alberto ci accoglie in casa come si fa tra vecchi amici pur essendoci appena presentati e ci offre un banchetto: io bevo frettolosamente un caffè e chiedo delle moto: “Ah sì, certo seguimi, andiamo di là nell’altra sala”.
Finalmente vedo la prima delle due Desmo, quella arancione con carena integrale; mi chino di fronte alla moto cercando di controllare più particolari possibili.
Poi via con la seconda moto, quella gialla. Anche qui un’attenta analisi: serbatoio parafango e fianchi in vetroresina con qualche traccia di metal flake sotto la vernice non originale; pedane arretrate e rialzate con leva freno posteriore pieghevole per consentire il passaggio della leva di avviamento; semimanubri; forcella Marzocchi; freno anteriore a 4 ganasce; contagiri meccanico Veglia-Borletti con fondo scala a 12.000 giri.
Verifico la parte di vuoto tra cielo testa e alloggiamento albero a camme: sono due testate Desmo! Il verdetto adesso è inequivocabile: si tratta di due rare Desmo sport Pallottola d’Argento 250 prodotta all’epoca in solo 551 esemplari.
Due esemplari con 11 numeri di telaio e 9 numeri di motore di differenza. Tante le modifiche fatte, ma tutte reversibili e, fortunatamente, ci sono anche tutti i ricambi e i particolari sostituiti nel corso degli anni!
Finalmente a casa, le porte del furgone si spalancano come un sipario di un teatro, il bottino è nostro! Non sto nella pelle, solo un appassionato può capire la sensazione che sto provando.
Scarichiamo le moto, attimi lunghissimi di contemplazione con papà, qualche foto fugace e solo pochi minuti più tardi siamo già con gli attrezzi in mano, nella mente ben chiaro il da farsi:ricostruire due gran belle moto!
Il restauro della Pallottola d’Argento
Entusiasti, ma consapevoli della delicatezza dell’operazione, iniziammo a smontare tutte le parti non originali dalle due moto, cercando di lasciare per quanto possibile il maggior numero di particolari originali sulle moto.
Messe a nudo in tutta la loro bellezza meccanica, seppur sporche e impolverate, cominciammo ad analizzare le due moto: “Abbiamo due moto e forse tutte le parti per ricostruirne una originale”.
Questa fu la linea guida del restauro. Smontammo per intero le due moto in modo da poter partire dal nudo telaio, selezionando tutte le parti originali e meglio conservate.
Dopo tante ore di lavoro, sul pavimento del box avevamo “ricostruito” una Pallottola d’Argento con solo parti originali, però: “C’è tutto, ma la scintillante finitura delle sovrastrutture in vetroresina con pagliuzze d’alluminio è stata coperta da questo giallo orrendo!”.
Il lavoro prosegue: l’impianto elettrico viene steso sul banco da lavoro, cablato al bellissimo faro cromato Aprilia. Sfilammo ogni filo dalle vecchie guaine indurite, pulimmo il tutto con cura e cominciammo a ricostruire l’intero impianto infilando i fili dentro alle nuove guaine rigorosamente dello stesso diametro delle originali. Ogni filo al suo posto e alla sua funzione!
Per le componenti della ciclistica, con papà alla mola con le spazzole e paste per la lucidatura e io con gli attrezzi in mano, effettuammo lo smontaggio, pulizia, lucidatura e revisione di ogni componente.
Così per giorni, ore piacevolmente interminabili!
Il motore, con il suo cuore Desmo a coppie coniche, è probabilmente uno dei più bei motori mai costruiti, sia dal punto di vista tecnico che estetico: ma anche per lui era arrivato il momento delle cure.
Meticolosa pulizia dell’intero blocco motore, smontaggio e via con lunga e accurata revisione delle componenti più importanti, tutto per scongiurare ogni possibile noia meccanica se non addirittura qualche costoso o irreparabile cedimento meccanico. Poi via con l’assemblaggio, rimettendo al loro posto anche le brugole originali! Meticolosa la messa in fase della distribuzione e dell’accensione a puntine: ora siamo pronti!
Uniche libertà, albero a camme speciale NCR, carburatore Dell’Orto da 36 mm e scarico libero (pur avendo a disposizione le parti originali) a tutto vantaggio delle prestazioni.
Il telaio, ben conservato nel suo nero d’origine, richiese poche cure se non un’approfondita ed energica pulizia: poche ore dopo, era già pronto a rivestirsi dell’impianto elettrico così come di ogni altro componente
Il lavoro continua fino ad arrivare, dopo decine e decine di ore, a un qualcosa che cominciava ad assomigliare a una moto: mancava però il particolare più iconico e contraddistintivo di questo modello, ovvero il vestito argento!
Metal flake e chi se la scordava quella livrea tutta d’argento!
Avevo recuperato ogni singola parte originale della moto e l’idea di dover riverniciare le sovrastrutture (parafango anteriore, serbatoio, fianchetti) mi ossessionava.
Guardavo e riguardavo la sella originale, che il vecchio proprietario mi aveva consegnato tra i ricambi, prendendo sempre più coscienza del fatto che, per quanto bene avessi potuto fare, non sarei mai riuscito a ricreare il metal flake nella stessa “qualità” dell’originale.
Ne avevo viste tante di replicate, ma nessuna assomigliava al “colore” della sella che avevo tra le mani.
Continuai a leggere e a documentarmi, scoprendo che quelle pagliuzze di alluminio non erano spruzzate come una vernice, bensì venivano annegate nel gelcoat dentro gli stampi, nella prima fase del processo di laminazione delle sovrastrutture in vetroresina.
Una volta asciutto, si estraeva il pezzo dallo stampo e, dopo una lucidatura, ecco pronto il componente e la sua fantastica finitura superficiale.
Fiducioso che la parte più esterna di gelcoat potesse essere abbastanza dura, decido di provare a scartavetrare, con carta abrasiva finissima e abbondante acqua, la vernice gialla.
Cominciai dal serbatoio, in una piccola zona: funziona! L’operazione di sverniciatura fu lunghissima, faticosa e delicatissima.
Non volevo assolutamente rovinare lo strato di gelcoat e metal flake originali e di conseguenza impiegai diversi giorni a riportare alla luce quel “colore”: eravamo riusciti a ricostruire una Pallottola d’Argento al 100% originale!
Arrivò infine il momento del primo avviamento, l’onore a papà; anche io lì, con tanti amici intorno, tutti con il fiato sospeso in attesa di sentire la “voce” del mono.
Apertura dei due rubinetti benzina, arricchitore miscela aria/benzina azionato, contatto elettrico su on e, con pedalata decisa, il Desmo torna a respirare e di colpo è rumore!
La prova su strada della Desmo Sport 250
Per mestiere ogni giorno ho a che fare con le bellissime e performanti Ducati moderne. Guidarne una d’epoca ha un altro fascino, irresistibile e nel caso della Pallottola d’Argento anche scomodo!
In sella si sta distesi con le braccia e con le gambe raccolte, la moto è piccola, leggera e maneggevole, con frenata “potente” e modulabile sull’anteriore. Tutti i comandi al loro posto e in posizione comoda, considerazione non valida per la leva del cambio, posizionata troppo in alto, per lasciar spazio al piede di inserirsi tra il pedale e il lungo silenziatore.
Il motore mi ha riservato delle piacevolissime sorprese: ero abituato alle più diffuse Ducati Scrambler 250, ma questo mono, seppur allo stesso modo corposo, è potente e ha un grande allungo!
Che sensazione uniche con il mono che aspira e respira dal grosso carburatore, il rumore delle coppie coniche e del Desmo, l’inconfondibile rombo: qui non c’è neppure l’ombra delle severe normative antinquinamento!
Poi, come debutto in pubblico non potevo desiderarne uno più coinvolgente: circuito di Imola il 30 aprile 2016 per la parata storica nel 90° anno di Ducati!
I giri di pista dentro a quel tempio, per il novantesimo compleanno di questo grande marchio, ci hanno ripagato delle tante ore di lavoro dedicate a questo restauro insieme a papà Melo, resi orgogliosi di aver riportato all’antico splendore un bel pezzo di storia.
Nello scrivere queste righe, vi ho fatto perdere traccia dell’altra Pallottola d’Argento: qualcuno giura di averla vista sfrecciare sulle strade del Giappone, non lontano da Tokio!
Silver Shotgun
Silver Shotgun, letteralmente “fucile d’argento”: fu questo il soprannome che nei paesi anglofoni fu dedicato a questa speciale versione del Mark 3 Desmo, caratterizzata appunto dalla sua inimitabile livrea color argento.
Il motore è uno dei monocilindrici Desmo più apprezzati dei primi anni Settanta, il cosiddetto propulsore a carter larghi, la cui produzione era partita nel 1968: aveva una coppa dell’olio maggiorata e una pedivella di avviamento più efficiente, visto che questo aspetto aveva sempre creato dei problemi sul motore a carter stretti. Il carter largo era stato progettato per rendere più solidi i monocilindrici Ducati, oltre che per poterne aumentare la cilindrata, e fece il suo esordio sullo Scrambler e sul Mark 3, anche se in questi modelli c’era la normale distribuzione a molle.
La Shotgun comunque non era certo un semplice restyling del Mark 3 Desmo, ma era stata concepita con dettagli tipicamente racing, come le pedane arretrate in acciaio, i semimanubri, il contagiri Veglia a fondo bianco (montato su un apposito supporto), il frenasterzo e le sovrastrutture in fibra di vetro, come il serbatoio della capacità di 13 litri e il codino monoposto verniciato, passando per i fianchetti e il parafango anteriore (quello posteriore era in acciaio).
La componentistica era davvero eccellente e fu installata quella di qualità migliore disponibile all’epoca, compresi i bellissimi cerchi in alluminio della Borrani da 18”, con canale da 2,50″ davanti e 3,00″ dietro, con i freni a tamburo Grimeca.
SBK a Jerez: avanti tutta!
A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.
Ducati 175 Turismo: il piccolo Apollo
Costruito verso la fine degli anni Cinquanta per il mercato americano, il 175 Turismo rappresenta un modello molto interessante al giorno d’oggi, nonostante all’epoca non abbia riscosso grande successo.