Verso la fine del secolo scorso, Ducati si accorse che, a fronte di un certo declino della categoria Sport Tourer, a cui appartenevano modelli come la ST2 e la ST4, vi era in controtendenza un discreto successo di quelle che furono definite come le Sport Tourer “altamente performanti”: appartenevano a questa sottocategoria modelli come la Honda CBR1100XX, presente sul mercato fin dal 1997, a cui si aggiunsero, via via, modelli come la Suzuki Hayabusa, la BMW K1200RS e la Kawasaki ZX12R.
Viene spontaneo immaginare che qualcuno, in quel di Borgo Panigale, si sia improvvisamente domandato: e noi? Beh, certo la ST4 rientrava probabilmente a pieno titolo nella definizione di “altamente performante” con i suoi 105 Cv, ma si vede che non erano ritenuti sufficienti per svolgere un ruolo da protagonista in quello che sembrava un promettente sbocco di mercato.
Dai dati di vendita dell’anno 2000, infatti, risultava che nei 12 paesi principali del mercato motociclistico vi era un costante incremento di questa specifica tipologia (con ben 37.586 moto vendute), contro un sostanziale declino delle Sport Tourer “normali” sopra i 750 cc (pari a 23.706 moto vendute).
Se due più due fa quattro, fu a quanto pare questo il ragionamento, significa che il mercato richiede sempre di più moto con l’accento sullo Sport piuttosto che sull’aspetto turistico, privilegiando quindi le prestazioni.
La risposta di Ducati a questa tendenza sportiva fu il lancio della ST4s: in effetti il desmoquattro da 996 cc garantiva tanta potenza e tanta coppia utile all’utente che ne volesse approfittare per lunghi viaggi, ma soprattutto, a questo punto, consentiva di soddisfare il proprio ego sportivo, fino a immaginarla come potenziale compagna in caso di estemporanee uscite in pista.
Un motore potente e sospensioni sopraffine: basta questo per una ricetta vincente?
Con la S, quindi, si completava il range della famiglia ST, con la due valvole posizionata come entry level nel settore (desmodue da 944 cc raffreddato a liquido, 83 Cv), la ST4 con il motore della 916 (desmoquattro da 105 Cv e 9 Kgm a 7500 giri) come step intermedio e la versione S (desmoquattro da 996 cc, 117 Cv e 10 Kgm a 7000 giri) per l’utente smanettone, ma con famiglia a carico o comunque con velleità turistiche.
A questo proposito, leggiamo insieme le note che pubblicammo sul numero 19 di maggio 2001 redatte dal nostro tester Claudio Falanga in occasione della presentazione alla stampa del modello, purtroppo avvenuta in una giornata caratterizzata dal maltempo: “Questa moto mantiene invariate le ottime caratteristiche d’erogazione che avevo apprezzato sulla ST4, e che la rendevano preferibile, anche per l’uso turistico, rispetto alla ST2. In più, la ST4s ha una potenza e valori di coppia superiori, chiaramente avvertibili quando giri la manopola dell’acceleratore. Certamente, con l’asfalto bagnato non è possibile dare tutto il gas, ma in queste condizioni riesci maggiormente ad apprezzare la capacità del propulsore nel concederti la sua potenza in maniera regolare e senza picchi improvvisi. La moto è neutra e si lascia condurre con facilità. La posizione di guida è frutto dello stesso ottimo compromesso fra comodità turistica e propensione agli spostamenti del corpo per la guida sportiva. In sella ci si sposta bene, sempre con naturalezza e rapidità. Il settaggio standard di ammortizzatore e forcella in quelle condizioni d’aderenza si è dimostrato buono, ma sono convinto che sull’asciutto, lavorando sulle sospensioni, si possa attuare una guida di tipo estremamente sportivo. Del mono posteriore ho potuto apprezzare la facilità nel regolare il precarico molla tramite un comodo pomello posto di lato, molto utile per il potenziale utente di questa moto, diviso tra gita con fidanzata e bagagli, o “tiratina” con gli amici. In ogni caso, l’assieme ciclistico è di tutto rispetto e non ha mai mostrato segni di crisi o reazioni indesiderate, supportato anche dalle gomme Michelin Pilot Sport disponibili per la prova. Con questa moto sono convinto che, in pista, la maggior parte dei possessori di 996 non otterrebbe prestazioni peggiori. L’unico vero difetto della serie ST è di non aver agganci diretti con l’immagine corsaiola. Ma forse questo non è un difetto della moto, bensì dell’utente (soprattutto italiano), che se non sogna d’essere Fogarty non è contento. Poco importa se sulla ST4s si va forte lo stesso; poco importa se sta più comodo e quando scende è più rilassato. Poco importa se può portare anche la moglie in vacanza o andarci al lavoro. L’importante (e dicendo questo critico gli amanti delle sportive compreso il sottoscritto) è sognare di fare il pilota”.
Ecco, in poche righe definite le peculiarità e i difetti della proposta S, che sicuramente fu penalizzata dalla scelta di mantenere lo stesso aspetto estetico degli altri modelli della famiglia ST, che aveva già dimostrato ampiamente di non essere apprezzato dai ducatisti, in quanto assolutamente lontano dallo stile e dal carattere a cui eravamo abituati in quegli anni.
Resta il fatto che la versione S era una vera bomba
Spinta da una speciale versione del Desmoquattro 996 con teste dotate di un’architettura analoga a quella del 916 dell’ST4, ovvero con camma di scarico ribassata, la moto, grazie ai suoi 117 Cv, raggiungeva con facilità i 250 km/h, con un’accelerazione e ripresa degne di una supersportiva dell’epoca.
Come detto, i tecnici Ducati dedicarono notevole attenzione nell’adattamento del rude e spigoloso Desmoquattro 996, in modo da renderlo più idoneo a un utilizzo più versatile, sicuramente più indicato su una moto dedicata ai lunghi viaggi, anche con passeggero a bordo.
In effetti, già a 4000 giri erano disponibili ben 8,3 kgm di coppia, mettendo così a disposizione del pilota una progressione travolgente, che, se non utile per strappare il miglior tempo sul giro, aveva il suo senso nel rendere instantanei, e quindi più sicuri, i sorpassi su strada!
Forcella Showa e mono Ohlins
Dove la versione S faceva effettivamente la differenza, anche rispetto alla concorrenza di altre marche, era nel comparto delle sospensioni: all’anteriore, infatti, si trovava una forcella Showa completamente regolabile con riporto Tin, mentre al posteriore ecco un ammortizzatore Öhlins, completamente regolabile dotato di una regolazione idraulica remota azionabile anche in movimento con apposito pomello.
Il mono operava in combinazione con un inedito forcellone in alluminio dalle incrementate caratteristiche di rigidità sia flessionale che torsionale. Molto belle, infine, le ruote Brembo a cinque razze, dal look sportivo e soprattutto più leggere (-1 kg) rispetto a quelle a 3 razze.
Rimane, come detto, l’handicap di una veste estetica inalterata rispetto agli altri modelli, che, a tutti gli effetti, risultò il limite maggiore alla buona diffusione di questo modello che altrimenti avrebbe avuto tutte le carte in regola per ottenere ottimi risultati di vendita.
La vita della ST4s è proseguita successivamente al 2001 con piccole modifiche, come per l’anno successivo, quando si adottò un silenziatore con catalizzatore conforme alla normativa Euro 2 e una campana e dischi frizione in alluminio (in sostituzione dell’acciaio del modello precedente); nel 2003, furono effettuati alcuni interventi sul tamburo cambio, per eliminare la posizione di ‘folle’ tra le marce (riducendo dunque il rischio di ‘sfollata’ nel passaggio tra una marcia e l’altra), aumentando la precisione e la funzionalità del cambio.
Inoltre, sempre con il MY 03, si introduce sulla versione S un nuovo sistema di sicurezza della frizione: in questo modo si ovvia al problema dell’interruttore che non permetteva di tenere il motore acceso a cavalletto laterale abbassato.
Se ciò da un lato aumentava la sicurezza, dall’altro costituiva anche un limite, poiché non permetteva di poter scaldare il motore adeguatamente prima della partenza a motore freddo; grazie ad un microswitch si permise di tenere il motore acceso anche con cavalletto aperto, con lo spegnimento attivato non appena si toccava la leva della frizione, in modo da rendere impossibile la partenza con la stampella aperta.
In quello stesso anno, per la prima volta nella storia Ducati, arriva un modello dotato di sistema ABS: nasce così la ST4s ABS. Il sistema antibloccaggio delle ruote, prodotto da Bosch e messo a punto da Brembo in collaborazione con Ducati stessa, rappresentava una novità assoluta per il marchio di Borgo Panigale, un deciso passo in avanti in termini di sicurezza attiva.
Il 2004 è l’anno di un importante restyling
Il rinnovamento della famiglia ST diventa significativo nel 2004, con un cambio estetico importante, che aveva anche l’obiettivo di migliorare la protezione del pilota, grazie a una nuova carena che garantisse un adeguato riparo nei lunghi viaggi in cui, in teoria, doveva essere impiegato il bicilindrico Ducati. Degno di nota, anche il faro a due parabole con superfici complesse, che garantiva un fascio luminoso ai vertici della categoria.
Nel 2005 vengono modificati gli attacchi della carena: se pensate che sia una variazione di poco significato, vuol dire che non avete mai avuto una ST in garage! Solo per arrivare alla batteria, era necessario smontare mezza moto, con una notevole perdita di tempo se la piccola manutenzione era effettuata in proprio o un notevole costo se il lavoro era svolto dal meccanico: con la nuova soluzione si ovvia a questo notevole handicap: della serie “meglio tardi che mai”!
Un altro aggiornamento che invece, almeno nell’immaginario ducatista, risultò negativo fu l’abbandono della classica frizione a secco, sostituita con un gruppo in bagno d’olio: certo, più silenziosa e affidabile, ma sicuramente con meno fascino e sound!
La ST4s sparisce dal listino 2006, lasciando spazio alla sola ST3, nelle due versioni standard e con Abs.
Termina così un capitolo interessante nella storia Ducati; certo non fondamentale, ma che ha rappresentato bene un’epoca in cui la potenza e le prestazioni sembravano a tutti gli effetti l’unico parametro di interesse per intere schiere di motociclisti, soprattutto italici; una sbornia che è passata solo recentemente, certo con la crisi economica, ma sicuramente anche con una diversa consapevolezza di quello che sia utile richiedere a una moto.
Resta il fatto che la S ha rappresentato un bel capitolo e, visto i prezzi da saldo con cui è presente sul mercato dell’usato, è diventata anche un’interessante opzione per un acquisto mirato di un modello dotato di un motore (quello sì) che ha fatto la storia, con una ciclistica di primo livello.
Ci sono quindi tutti i presupposti affinché la ST4s fra qualche anno diventi un modello appetibile, proprio considerando quelli che sono stati sempre i suoi punti di forza: comfort, prestazioni ed efficienza della ciclistica.