Il Dovi è l’esperienza e la velocità: “In una parola è una certezza”; Petrucci è la determinazione. Ma c’è anche il lavoro, fondamentale, di un grande collaudatore come Michele Pirro. Per quanto riguarda Casey Stoner: “Ha fatto una scelta di vita e ha dato priorità alla famiglia”, mentre Jorge Lorenzo: “Oltre ai risultati ha dato un buon contributo per lo sviluppo della moto, se mancherà lo vedremo l’anno prossimo; non credo però che a fermarci sarà questo”. Poi un consiglio a Bautista: è veloce e in Sbk potrà fare bene, ma gioca fuori casa perciò serve umiltà.
Davide Tardozzi, Team Manager del Ducati Team MotoGp, risponde diretto e con franchezza alle nostre domande sul prossimo anno e, più in generale, sull’attività sportiva Ducati, in occasione della nostra intervista effettuata durante uno scampolo di tranquillità nella frenesia del paddock, “occupando” il piccolo ufficio del Direttore Sportivo Paolo Ciabatti, all’interno dell’hospitality Ducati.
Prima dell’intervista, Tardozzi ci riassume le tappe della nascita e dello sviluppo della GP19: definizione della nuova moto, primo test di Pirro a Valencia, poi di nuovo in pista sullo stesso tracciato con Dovizioso e Petrucci nei test Irta post ultima gara, per avere un feedback anche da loro, prima di costruire le moto per i test invernali.
Quali sono i punti di forza dei piloti Ducati 2019?
“Per quanto riguarda Dovizioso, i punti di forza sono senz’altro l’esperienza e la velocità: Dovi, a fine 2016, ha fatto un salto di qualità che sinceramente ha sorpreso tutti, ma che oggi è una certezza. Credo che Dovi (lo chiama sempre così, ndr) sia diventato un pilota assolutamente superveloce, uno dei candidati al titolo, e lo sarà secondo me anche nei prossimi anni. Lui, per volerlo definire in una parola sola, è una certezza. Per quanto riguarda Danilo Petrucci, la sua principale caratteristica è la determinazione, la voglia di arrivare. Fino a oggi, per mille ragioni, non si è espresso al massimo, per lui adesso è arrivata l’opportunità di salire sulla moto ufficiale: è una scommessa, è un rischio, ma lo affronta con la voglia e la volontà di fare bene, e questa sua attitudine mentale ci ha convinto molto. E’ chiaro che ha vinto molto meno dei piloti con cui andrà a confrontarsi per il podio, ma, lo ripeto, è la sua determinazione ad averci convinto”.
Davide Tardozzi
Davide Tardozzi è uomo appassionato: classe 1959, romagnolo di Ravenna, è stato pilota Superbike dall’88 al 1992, le prime due stagioni su Bimota e le altre tre in sella a Ducati.
Nella sostanza dei fatti ha il primato della vittoria nella prima gara della storia della Superbike, tuttavia non compare nei palmares ufficiali: vinse infatti gara 1, ma a Donington 1988 – e solo a Donington 1988! – fu deciso che per essere classificati serviva sommare i tempi delle due gare, e Tardozzi in gara 2 cadde quasi alla fine, sempre in prima posizione (la combinata delle due gare andò a Marco Lucchinelli su Ducati 851, Davide Tardozzi era con Bimota, quindi a noi potrebbe anche andare bene così…). Con Ducati, Tardozzi ha poi vinto il Campionato Europeo Velocità del 1991.
Sceso di sella è stato Team Manager Ducati Corse per la Superbike fino al 2009, vincendo i titoli con Carl Fogarty, Troy Corser, Troy Bayliss, Neil Hodgson e James Toseland.
E’ Team Manager per la MotoGp dal 2014.
Per quanto riguarda i piloti Pramac?
“L’anno prossimo Jack Miller avrà la moto ufficiale, come Danilo quest’anno, e dovrà dimostrare che è il talento che tutti noi crediamo e speriamo. Per quanto riguarda Francesco Bagnaia, abbiamo giocato d’anticipo a gennaio 2018 facendo un contratto per il futuro, pensando che fosse il pilota che sta dimostrando di essere oggi in Moto2; è chiaro che dobbiamo dargli tempo di crescere, non bisogna fargli pressione, ma pensiamo di avere uno dei talenti della MotoGp dei prossimi anni”.
Nel 2018, in buona parte delle gare, la Desmosedici ha dimostrato di essere la moto più performante, ma anche la più equilibrata. Questo non sarebbe possibile senza piloti che danno indicazioni precise su quello che sentono in pista.
“Direi che piloti che danno indicazioni precise ne abbiamo! Soprattutto un grande collaudatore, perché secondo me Michele Pirro è una parte fondamentale del lavoro fatto sulla moto dal team di sviluppo. Detto questo, la Desmosedici e i nostri piloti sono stati sempre competitivi, a parte la seconda e la terza gara. Dopo aver vinto la prima, abbiamo sofferto un po’ in Argentina e negli Stati Uniti, ma a partire da Jerez, anche se non abbiamo fatto sempre il risultato, ogni volta avevamo il podio a portata di mano, o addirittura la vittoria come a Le Mans. Secondo me dire che è la miglior moto è difficile, perché non abbiamo provato le moto degli altri, però dire che è una moto supercompetitiva sì, perché è assolutamente così”.
Qual è il pilota su cui fate più affidamento per lo sviluppo.
“Noi abbiamo fatto un grosso affidamento sullo sviluppo che ha effettuato il test team, con il pilota Michele Pirro; però devo dare assolutamente merito anche ai nostri due piloti 2018, Lorenzo e Dovizioso, perché comunque hanno dato un contributo importante nel certificare o modificare alcune cose che ci sono arrivate dopo i test di Michele. Non dimentichiamoci che Dovi quando parla non parla mai a caso”.
Della separazione con Lorenzo si è detto tutto: passerà come una storia intensa, a tratti anche bella, ma amara. Quello che forse non ci siamo chiesti è se nella preparazione della moto si sentirà la mancanza della sua sensibilità.
“Jorge ha sicuramente dato degli input positivi, credo che comunque anche lui abbia fornito, al di là della velocità, delle vittorie e dei risultati, un buon contributo per lo sviluppo della moto. Quanto questo mancherà ce ne accorgeremo l’anno prossimo, comunque con un collaudatore come Michele, con Dovizioso e con Danilo che conosciamo bene, visto che è con noi già da qualche anno, non credo che sarà questo il problema che ci fermerà”.
Con Stoner è chiusa?
“Casey, al di là di tutto, ha fatto una scelta di vita: sostanzialmente ha smesso di correre perché non sopportava più di stare così tanto a giro. Gli piace ancora andare in moto, ma si è reso conto, si sta rendendo conto, che rimanere a questi livelli per qualche test all’anno è uno sforzo che lui non vuole più fare, perché devi stare allenato ed è un impegno; anche se provi poco, comunque, quando sali sulla moto un certo allenamento fisico e mentale lo devi avere. Casey ha dato priorità alla famiglia e credo che questo l’abbia portato a decidere di non continuare. Se poi, in un prossimo futuro, cambierà idea e deciderà di fare qualcos’altro al momento non ci è noto, però prendiamo atto che Casey ha deciso di fare cose diverse”.
In prospettiva c’è qualche opportunità di crescita in qualche campionato internazionale per Michele Pirro, oltre al Civ e alle partecipazioni al mondiale come wild card?
“Al momento no, abbiamo valutato insieme a lui la Moto E, però poi non è stato dell’idea, non siamo stati dell’idea, e questa cosa non è andata avanti”.
Lo chiediamo perché noi eravamo al Mugello quando, con una Superbike del Civ, ha girato in 1’49.4, a 3 secondi circa dalla pole della MotoGp. Sarebbe bello vedere Michele più spesso nella bagarre.
“Ma Michele è un pilota veloce! Michele è uno dei pochi piloti al mondo che non correndo costantemente riesce a stare tra i primi dieci della MotoGp. Non è roba da poco. Stare tra i primi dieci della MotoGp vuol dire che sei uno dei piloti più veloci del mondo. Essere uno dei piloti più veloci del mondo che fa collaudi è qualcosa che sicuramente è per pochi. Noi ci riteniamo fortunati ad avere un pilota come Michele quanto lui si ritiene fortunato di essere in Ducati, la cosa è assolutamente reciproca. Ci compensiamo bene, perché comunque i buoni affari sono buoni affari per tutti e due. Se i nostri piloti ufficiali vanno così è perché lui si fa, passami il termine, un mazzo tanto: questo lui l’ha capito bene, ha capito bene che nel tempo ha rinunciato a parte delle soddisfazioni del pilota per avere tante altre soddisfazioni. Poi, comunque, quando lui corre, sotto al sedere ha una MotoGp ufficiale, che è cosa da pochi, oltretutto competitiva. E’ un qualcosa che alla fine lo soddisfa”.
State pensando a qualcosa per far crescere i piloti del futuro Ducati?
“Ci stiamo pensando. Si è parlato di Ducati in Moto3: è un’idea che c’è. E’ chiaro che al momento la priorità è alla MotoGp, ma mai dire mai”.
Possiamo farti anche domande sulla Superbike?
“Sono un appassionato di Superbike per ovvie ragioni, ma mi dedico totalmente alla MotoGp”.
Come vedi il passaggio in Superbike di Bautista?
“Credo che Alvaro, se approccia il campionato Superbike con la mentalità giusta e con l’umiltà del caso, potrà far bene. Alvaro è senz’altro un pilota molto veloce, l’ha dimostrato nelle gare di MotoGp quest’anno; non bisogna però sottovalutare la Sbk, perché gli specialisti con le Superbike sono veramente veloci. Quello che voglio dire è che stai andando a giocare in trasferta, per usare un termine calcistico, e chi gioca nel proprio campo è bravo, quindi non lo sottovalutare. Tu sei bravo ma giochi fuori casa”.
Ce n’è uno particolarmente bravo…
“Molto bravo, Johnny è molto bravo (Jonathan Rea, ndr)”.
Tu lo volevi in Ducati nel 2007.
“E’ così”.
Il potenziale della V4 in Superbike?
“Il potenziale della V4 è altissimo. In questo momento stiamo facendo sviluppo, siamo forse un po’ indietro, ma ritengo il potenziale della V4 sia veramente alto: sta a noi tirarlo fuori tutto”.
Torniamo alla MotoGp. Perché Petrucci ha il contratto per un solo anno?
“Semplicemente perché ci vogliamo tenere la porta aperta per il futuro. Danilo ha accettato un contratto di un anno, di un anno più un’opzione per essere precisi, e noi abbiamo apprezzato; perché noi stiamo guardando il futuro, abbiamo tre piloti giovani su cui puntare ed è chiaro che ci teniamo le porte aperte”.
Non c’è la possibilità di un pilota che poteva arrivare nel 2017, che poi non è venuto, le cui iniziali sono MM?
“No. In questo momento per il 2020 i piloti candidati sono Petrucci e il team Pramac. Quindi non credo che succederà nient’altro”.
Ma è vero che nel 2017 eravamo vicini a prendere Marquez?
“Dire che eravamo vicini secondo me è sbagliato. Che poi tutti parlino con tutti questo è un altro discorso”.
Cose che rifaresti nella tua carriera di pilota e di manager e cose sulle quali invece hai rimpianti.
“Cosa rifarei? Parto dal presupposto che mi ritengo fortunato per aver fatto nella vita quello che mi piaceva, ovvero di aver trasformato la mia passione in un lavoro. Questo è qualcosa che reputo una fortuna incredibile: come dico spesso, scherzando, coltivo il mio hobby e mi pagano anche! Sono veramente felice di questo e il rapporto con Ducati è ovviamente per me qualcosa che ha segnato la mia vita, in positivo. Però non sono di quelli che dice, perché ormai è un luogo comune «Io rifarei tutto quello che ho fatto». Io di errori ne ho fatti, ne ho fatti sia come pilota che come manager, quindi ci sono errori che oggi non rifarei grazie all’esperienza: calmerei un po’ il mio carattere un po’ focoso. Però alla fine, in un modo o nell’altro, me la sono sempre cavata bene, grazie alla Ducati, grazie a chi ha lavorato con me. Io devo dare molto, molto merito di quello che mi è successo negli ultimi venti, venticinque anni ai piloti che hanno lavorato con me”.
I momenti più belli e quelli più difficili di questa terza fase Ducati, ovvero quella di team manager della MotoGp?
“Il momento più bello secondo me, e non ti nascondo che mi è scappata la lacrima, è stata la doppietta al Mugello. Che gioia: il primo e secondo al Mugello! Chissà quando ci ricapita? No, no, lo dobbiamo far ricapitare l’anno prossimo, però ti dico: quella è stata una gioia incredibile! Io godo in maniera particolare quando vinciamo, sento fisicamente il risultato positivo e quello negativo. Se quando andiamo male soffro, quando andiamo bene godo; per questo dico che per me i risultati sono parte della vita”.
Il tuo desiderio più grande? Il tuo sogno più grande in questo momento?
“Di sogni io ne ho; tra l’altro, in tutta onestà, sono anche un sognatore, e ritengo che sognare sia una delle cose più belle della vita, penso che perseguire i propri sogni sia un qualcosa che ti fa vedere se hai gli attributi. Sì, a me piace sognare, a me piace pensare, e credo che ci siamo vicini, che vinceremo di nuovo il mondiale di MotoGp. Sportivamente e lavorativamente questo è il mio sogno, questo è il sogno che sto perseguendo insieme a chi lavora in Ducati”.