Sono trascorsi ormai cento anni dalla nascita a Lugo dell’ingegner Fabio Taglioni, ritenuto uno dei maggiori progettisti del dopoguerra nel settore delle moto da competizione e di comune impiego, autore di tantissimi progetti, tra cui il telaio a traliccio, il motore a “L” e l’applicazione del sistema desmodromico ai motori Ducati. Sarà forse un caso, ma la Romagna da sempre è appassionata di “e mutor” ed era quasi scontato che il giovane Fabio, cresciuto in questo ambiente e col padre titolare di un’officina, finisse per dedicarci la sua vita.
L’ingegner Fabio Taglioni era nato a Lugo il 10 settembre 1920, città che ha dato i natali anche all’asso dell’aeronautica Francesco Baracca.
In omaggio a questo suo celebre concittadino, su alcuni mezzi da competizione Ducati (come la 100 cc che vinse moltissime gare) Taglioni fece mettere il famoso cavallino rampante che divenne poi il simbolo della Ferrari.
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Il cavallino rampante su Ferrari e Ducati
Il cavallino rampante: l’intreccio di storie e aneddoti riguardanti il grande aviatore Francesco Baracca, Enzo Ferrari e la Ducati.
La passione per i motori gli era nata frequentando l’officina del padre Biagio e per questo aveva deciso di iscriversi al liceo scientifico e in seguito a ingegneria. Dopo essersi laureato in ingegneria meccanica a Bologna nel 1948, in ritardo a causa degli eventi bellici, e aver partecipato alla Seconda Guerra Mondiale nel reparto autieri, aveva iniziato a insegnare all’Istituto Tecnico per periti industriali di Imola.
La sua passione per i motori lo portava a fare continui esperimenti e progetti e proprio da uno di questi, realizzato insieme ai suoi allievi, prese vita il suo primo motore da gara, che fu poi realizzato materialmente dalla Ceccato. E’ stato con questo motore che l’ingegner Taglioni si fece conoscere, avendo poi la grande chance con la Mondial.
Le sue prime esperienze industriali le ha fatte appunto in Ceccato e Mondial, ma i massimi risultati tecnici li ha ottenuti in Ducati, grazie alla sua particolare concezione del sistema desmodromico, che resta validissimo e impiegato ancora oggi sui propulsori delle moto di Borgo Panigale.
La fama iniziale gli è venuta però dalla Mondial 175, portata in gara da Tarquinio Provini, che ottenne vittorie a raffica nel Giro d’Italia e nel Mondiale.
Per questa serie di vittorie al dottor Montano, direttore generale della Ducati, venne subito l’idea di ingaggiare Taglioni e gli offrì condizioni economiche molto vantaggiose e piena libertà di progettazione. Taglioni si decise a fare il grande passo, andò in Ducati e sembra che già al primo giorno nel nuovo stabilimento, il 1 maggio 1954, si sia seduto al tavolo da disegno e abbia iniziato a produrre a tutto gas i motori da competizione che hanno fatto poi la fortuna del marchio di Borgo Panigale.
E’ ovvio che intimamente Taglioni voleva dimostrare alla Mondial di quale abilità progettuale disponesse e come questa si fosse sbagliata a farsi scappare un progettista di caratura mondiale.
La sua vena creativa dà vita subito alla prima vera moto da corsa della Ducati, la Gran Sport Marianna. In quegli anni le corse che richiamano folle incredibili sono proprio quelle su strada, come la Milano-Taranto e il Motogiro organizzato dal quotidiano sportivo Stadio di Bologna.
Il direttore generale della Ducati, Montano, aveva capito subito che ogni vittoria assicurava un salto in alto delle vendite.
Grazie alla sua grande esperienza e capacità tecnica, Taglioni progettò modelli come il 100 cc e il 125 cc Marianna che hanno fatto storia nel Mondiale, sfiorando anche il titolo assoluto, oltre a sbancare in campo nazionale nel Motogiro e in tutte le classifiche italiane.
La Gran Sport Marianna di 100 cc fu quindi la base da cui partire per aumentare la cilindrata che si concretizzarono nel 125 e nel 125 bialbero. Dopo appena due anni dall’ingresso in Ducati fa debuttare il 125 GP Desmo, modello che rappresenta il futuro della Casa di Borgo Panigale.
La 125 Desmo scende in pista a Cesena, guidata da Degli Antoni, e chiude al sesto posto, ma poco dopo centra la vittoria in Svezia a Hedemora, prova non valida però per il Mondiale. Il primo successo iridato lo ottiene Gandossi sul circuito di Spa l’anno seguente.
Taglioni progettò anche un 50 sperimentale e la 175 che doveva correre nel Motogiro e nella Milano-Taranto, gare che furono però soppresse. Per questo la 175 fu dirottata sul Giro del Mondo con Tartarini e Monetti.
Taglioni ebbe poi la grande idea di sviluppare in maniera originale il sistema desmodromico, che è tuttora alla base dei motori di Ducati, soluzione con la quale la Casa bolognese ha vinto e ottenuto ottimi piazzamenti anche nel campionato MotoGp, oltre a dominare per tantissimi anni, con titoli mondiali a raffica, la Superbike.
L’idea gli venne osservando la moglie che cuciva a macchina: notò che il braccio che comandava la salita e la discesa dell’ago era solidale con l’intero sistema di cucitura e che non esistevano punti morti o inutili frizioni. Questo gli diede lo spunto per progettare il sistema desmodromico che rendeva superflua la molla di controllo del ritorno della valvola.
Taglioni era sensibile alle novità e aperto a ogni avventura, specie se implicava l’uso di qualche mezzo meccanico; per questa ragione cercava sempre di mettere in ogni sua creazione, da gara, ma anche nei prodotti commerciali, un pizzico di originalità che la potesse far ricordare al di là della perfetta funzionalità meccanica e del rendimento ottimale.
Così si spiega anche il grande interesse che ha nutrito per le imprese di viaggio, come quella realizzata, dal 1957 al 1958, da Tartarini e Monetti su una Ducati 175 progettata proprio da Taglioni: i due fecero l’intero giro del mondo, coprendo ben 60.000 chilometri su tutti i continenti. La 175 cc era una sua creatura, pensata per vincere il Giro d’Italia Motociclistico e la Milano-Taranto, quindi aveva motivi personali, oltre a quelli aziendali, per sperare che il Giro del Mondo avesse un grande successo. Seguiva giornalmente gli spostamenti, il progredire del viaggio e anche a casa raccontava gli aspetti più interessanti a moglie e figli.
Taglioni capì presto che si potevano fare motori più potenti accoppiando quelli già a disposizione, ovvero unendo 100, 125 e 175 già ben dotati in cavalli in maniera da avere 200, 250 e 350 imbattibili.
Accettò la sfida e la vinse anche grazie alla sollecitazione di Sir Stanley Hailwood, per il quale costruì appositamente, a vantaggio del figlio Mike, una 250 cc bicilindrica desmodromica che non ebbe rivali e fece piazza pulita di titoli in Gran Bretagna.
L’ulteriore passo fu una 350 cc, ottenuta accoppiando due 175, pensata per Surtees e che, dopo un primo utilizzo da parte di Hailwood, fu ceduta a Ken Kavanagh, ottimo pilota australiano, ex Norton, che grazie alla 350 dominò il campionato australiano.
Il decisivo salto di qualità negli accoppiamenti avvenne proprio grazie al Desmo, perché consentiva un regime di rotazione più alto di quello raggiunto dalla concorrenza. Si superava così tranquillamente la piccola perdita di potenza che nasce da ogni accoppiamento tra motori di cilindrate inferiori.
Se il programma fosse stato portato avanti fino al massimo sviluppo, la Ducati sarebbe stata campione del mondo in varie cilindrate per molte stagioni.
A questo punto, è facile capire come l’ing. Taglioni sia stato uno degli uomini più importanti e rappresentativi della Ducati, sia per l’importanza delle sue invenzioni tecniche (ha realizzato circa 1000 progetti di motori e moto), sia per la carica che riusciva ad infondere al suo gruppo di lavoro.
Grazie ai successi commerciali conseguiti, poi Taglioni poté ampliare la gamma Ducati, seguendo soprattutto le richieste provenienti dagli USA dell’importatore Berliner: nacque così, alla fine del 1967, il 350 Mark 3D, il primo Desmo stradale.
A Taglioni si deve poi anche l’introduzione del bicilindrico a L: nel 1969, per tentare di ritornare su tutte le piste del mondo, progetta infatti un motore a L di 500 cc che equipaggerà una moto da corsa che non otterrà però grandi risultati, anche per le scarse disponibilità finanziarie messe a disposizione.
Quel motore però fu la base del 750 cc che aprirà la strada dei “pomponi” a coppie coniche per 15 anni. La prima versione equipaggerà la 750 GT stradale con valvole a molle e distribuzione ad ingranaggi conici, un vero gioiello di meccanica, successivamente uscirà un 750 Sport, poi i famosi 750 SS Desmo oggi contesi a prezzi stratosferici.
Allo stesso modo, a Taglioni si deve il motore Pantah: infatti, a metà degli anni 70, una scelta discutibile tolse dalla produzione Ducati i monocilindrici Mark e Scrambler, sostituiti dai bicilindrici paralleli osteggiati fortemente dall’Ingegnere.
Il flop commerciale fu grande e per metterci una pezza fu chiesto a Taglioni di trovare una soluzione.
Alla fine del 1978 fu presentato il 500 Pantah, un motore bicilindrico ad L di 90° inclinato di 15°, sempre ad albero a camme in testa desmo. La novità era l’adozione di una cinghia dentata per la distribuzione al posto delle costose coppie coniche.
Questo motore, rivisto e aggiornato alle tecniche dei vari periodi nelle sue tante versioni, è il più longevo della storia motoristica Ducati ed equipaggia ancora veicoli attuali.
La sua posizione di grande rilievo per quasi 40 anni in Ducati (dopo il pensionamento ha collaborato fino al 1995) è testimoniata anche da un avvenimento: quando il fondo texano TPG decise di acquistare il marchio bolognese, i massimi dirigenti del fondo partirono appunto dal Texas e si recarono a casa Taglioni per interrogarlo sulle prospettive tecniche di Ducati e per sottoporgli la possibilità di progettare un nuovo motore; l’Ingegnere li ringraziò, ma essendo ormai in pensione rifiutò l’incarico.
Ormai ogni sua energia era focalizzata sul grande amore della sua vita, le orchidee, di cui aveva realizzato anche ibridi molto interessanti e innovativi.
Se oggi la Ducati esiste ed è diventata una realtà mondiale molto lo si deve a Taglioni, perché al momento del suo ingresso in Ducati le cose stavano andando molto male, le disponibilità finanziarie erano di fatto azzerate e, se dalla sua mente non fossero usciti gioielli come la 100 e la 125 Marianna, che ebbero massimo successo in gara e di vendite, quasi sicuramente la Ducati Meccanica sarebbe fallita.
Stesso discorso per il bicilindro a L nelle sue varie versioni, dal coppie coniche fino al Pantah.
Da sottolineare, poi, come Taglioni rimase sempre fedele alla Ducati, rifiutando tutte le numerose offerte che gli provenivano, come quella di trasferirsi alla MV: nonostante un’offerta stratosferica da Cascina Costa, rifiutò per l’amore che nutriva per la “sua Ducati”.
Taglioni era talmente avanti e apprezzato nel mondo della meccanica da competizione che anche Ferrari gli chiese una consulenza per il Testa Rossa 2000 Sport. Andò a Maranello, parlò a lungo col Drake che gli consegnò copia dei progetti del nuovo modello, ma poi non ci furono sviluppi interessanti.
L’ing. Taglioni si è spento nella sua casa di Bologna il 18 luglio 2001 e riposa nella tomba di famiglia nel cimitero di Imola.
Con la collaborazione di Gianfranco Zappoli
Foto Enrico Schiavi e archivio Ducati
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