Un foglio bianco, impalpabile sullo schermo del computer; la tastiera che aspetta, pronta a scandire le parole che lo riempiranno con il suo sordo e ovattato ticchettio. Suoni anonimi che si tramuteranno in una delle più belle storie di coraggio, di generosità e di lealtà verso un marchio. La storia di un amore: non c’è il minimo timore di esagerare a chiamarlo così.
Giancarlo Falappa e la sua Ducati. Prescindere dall’impegno di Ducati nel campionato mondiale Superbike significherebbe l’assurdo di negare la moderna storia sportiva della Casa italiana.
Tutto è rinato da qui: il ritorno alle vittorie di prestigio, l’onda trascinante che ha permesso la nascita e l’evoluzione di tutte le moto di oggi, il risveglio degli animi sopiti dei vecchi appassionati e la conquista del cuore di quelli più giovani.
C’è tanta Superbike in ogni Ducati, questo è innegabile. Se a Marco Lucchinelli si devono le prime esaltanti e inaspettate vittorie della Rossa tra le derivate di serie, a piloti come Giancarlo Falappa, invece, si deve la definitiva consacrazione della Ducati in questo campionato. E’ vero: a vincere i campionati in sella alla moto di Borgo Panigale nell’era di Falappa sono stati il francese Roche e l’americano Polen, però nessuno di loro ha lasciato nell’immaginario degli appassionati una traccia così grande come ha fatto Giancarlo.
Falappa è stato l’uomo del sorpasso impossibile, del tutto o niente, del cuore oltre l’ostacolo. Quello che è piaciuto alla gente e quello che la gente si ricorda. Gli altri sono nomi in cima alle classifiche, ricorrenti quanto si vuole negli ordini d’arrivo, ma comunque senz’anima. Anche il grande Carl Fogarty, lo rispettava e lo temeva come nessun altro.
Il pilota di Jesi debutta come pilota di motocross. Dopo essersi imposto nel campionato italiano Cadetti Boy Cross, passa alla Villa, tra i Senior. Sarà con la Coppa Intermarche, una gara internazionale disputata sul tracciato di Lovolo, che inizia la leggenda di quello che diventerà il Leone di Jesi.
Con una moto poco più che artigianale, cade insieme a due compagni di Marca. Giancarlo risale in sella e si lancia all’inseguimento del gruppo sparito nel polverone. André Malherbe e la sua Honda sono in testa alla muta scatenata. Falappa transita ultimo al primo giro. La rimonta è furiosa. Alla fine sarà sesto e con la prima moto raccolta da terra dopo la caduta: non la sua, ma quella del compagno di squadra Orlando! E’ il 1985 e, non riuscendo a trovare una moto per la stagione seguente, rimane fermo per due anni.
Nel 1988, in sella a una Suzuki GSX-R 1100, debutta nella velocità in pista. Vince le quattro selettive e le due finali. Ormai è sotto gli occhi di quelli che contano. Nella finalissima, al Mugello, è in sella alla Bimota ufficiale. La gara è importante: vincere il titolo significa l’accesso al Mondiale Superbike nella stagione seguente.
La gara di Giancarlo non inizia sotto i migliori auspici: cade nel giro di ricognizione e danneggia la pedana del cambio. Parte comunque, conduce la gara ed è suo il giro più veloce. A metà gara scivola alla esse in discesa.
Il titolo sarà comunque suo e così la promozione al Mondiale. Con la Bimota, come spalla del navigato Fabio Biliotti, dimostra di non avere timori reverenziali: nel round inaugurale della stagione, con soltanto sei gare di velocità alle spalle, Giancarlo si impone in Gara-2, sulla pista di Donington.
Nell’anno del debutto, vincerà ancora una gara a Mosport, in Canada, e al Paul Ricard, facendo segnare anche il giro più veloce. Alla fine sarà sesto e primo dei piloti Bimota.
Nel 1990 passa in forza alla Ducati. Vince di nuovo Gara-2 a Donington e si infortuna seriamente in Austria, compromettendo in modo grave e permanente l’uso di un braccio.
Undicesimo in classifica nell’anno del primo titolo mondiale per la Ducati, nel 1991 resterà a digiuno di vittorie e in classifica sarà nono.
L’americano Polen vince il mondiale portando gli specialisti alla ribalta, a discapito dei piloti provenienti dai GP.
Anche Giancarlo è uno specialista, di quelli capaci di fare la pole position nella gara inaugurale ad Albacete nel 1992, di ripetere l’impresa in Belgio, a Spa, in Malesia, a Johor, e di tornare alla vittoria centrando la sua prima doppietta in Austria, sul circuito che due anni prima avrebbe potuto essere il teatro del suo addio alle corse.
“Dopo il brutto infortunio del 1990 su quella pista, i medici mi dicevano che avevo un braccio al cinquanta per cento: guarda qui – tira su il braccio sinistro e non riesce a sollevarlo oltre la testa – Io ho voluto correre lo stesso. Quell’incidente ha compromesso tutta la mia carriera: da allora ho sempre corso in queste condizioni.”
Tuttavia, Giancarlo è più forte degli infortuni, ama la sua 888 e in quello stesso anno si impone anche in Gara-2 ad Assen, battendo Carl Fogarty nell’Università del motociclismo. In Nuova Zelanda, a Manfield, fa sua la pole e la vittoria in Gara-2. Il mondiale è di nuovo della Ducati e di Doug Polen; Giancarlo, nel suo anno più regolare quanto a piazzamenti, sarà quarto con 279 punti.
Il campionato seguente si apre sotto la sua stella: primo in entrambe le gare di Brands Hatch, sotto la pioggia battente. “Mi vergognai per gli altri – ricorda il Leone di Jesi – doppiai anche il settimo! Doppiare tutti fino al settimo è assurdo! Era una gara di campionato del mondo, non una della parrocchia. Io ho dato tutto me stesso, gli altri erano nelle mie stesse condizioni. Il secondo arrivato, Scott Russell, ha tagliato il traguardo con quarantotto secondi di svantaggio. Si correva sul bagnato, è vero, ma la pista era bagnata anche per me!”
Ad Hockenheim vince in Gara-1 e centra il podio con il terzo posto in Gara-2: un italiano, su una moto italiana è primo in classifica!
Giancarlo centra la pole, ottiene una nuova doppietta sulla pista di casa, a Misano, fa segnare il giro veloce in entrambe le manches e permette agli appassionati di festeggiare il suo talento. Esorcizza ancora la pista austriaca di Zeltweg vincendo Gara-2 e raccoglie di nuovo il tributo degli appassionati italiani imponendosi in Gara-2 a Monza.
In un campionato che, alla fine, premia la continuità dei risultati di Scott Russell e della sua Kawasaki, Giancarlo, genio e sregolatezza, è quinto.
La Ducati 888, seconda in campionato con Fogarty, va in pensione: nel 1994 debutta la 916. Fogarty e Falappa ne firmano le prime chiare vittorie.
Dopo tre round, il duello tra i due alfieri della Ducati vede favorito Giancarlo. Fino a quel fatidico 11 giugno 1994 che pone fine alla sua carriera di pilota, ad Albacete, nel corso di una sessione di test privati: “Stavamo provando noi, la Honda e la Kawasaki – racconta Falappa – otto giorni più tardi, su quella stessa pista, si sarebbe disputata la quarta prova del Mondiale. Io venivo da una vittoria e un secondo posto a Misano ed eravamo in Spagna, a svolgere ulteriori collaudi per la messa a punto della 916. Dell’incidente posso raccontarvi poco, solo che sono volato via picchiando duramente la testa.”
Giancarlo va in coma, in lotta tra la vita e la morte. I fratelli Castiglioni, allora proprietari della Ducati, lo sostengono contribuendo alle cure necessarie.
Durante il coma, lanciando “ordini” sballati, il cervello del pilota attiva una produzione anomala di calcio dove non ce n’è bisogno e l’anca di Falappa si blocca. Sono giorni terribili.
Si tenta di stimolare Giancarlo in tutti i modi: Giovanni Di Pillo, in ospedale, gli fa ascoltare la registrazione delle telecronache che riguardano le sue gare più belle e alla fine Giancarlo ce la fa, esce dal coma e ha un obiettivo: tornare a correre!
Si farà curare, si allenerà in piscina e in palestra, proverà a guidare di nuovo la moto, ma si dovrà convincere che la sua carriera di pilota è ormai finita.
Quello che continua è l’amore per la Ducati: il pilota di Jesi, a lungo l’italiano più vittorioso in Superbike, è un uomo immagine della Casa bolognese. Presente ai più importanti raduni e sui circuiti del Mondiale Superbike e MotoGP, gira l’Europa con il suo camper rosso, dove campeggiano la testa di leone stilizzata, che caratterizzava il suo casco, e il mitico numero 9, che portava in gara.
Dovunque si trovi, Falappa riscuote tanto affetto dagli appassionati quanto grandi sono le emozioni che ha saputo dare duellando in pista alla sua maniera: “Correvo esclusivamente per la gente – confessa – per farla divertire e farla accorrere a vedere le gare.”
La Ducati e Giancarlo Falappa sono ad oggi un binomio anomalo nel contesto delle gare motociclistiche: nessuno si è mai sognato di affermare che fosse più forte la moto del pilota o viceversa. Un rapporto paritario e leale. Un reciproco e profondo rispetto.
Giancarlo è anche un punto di riferimento e un amico per noi, che lo chiamiamo in causa quando abbiamo bisogno di un parere di spessore.
Marco Lucchinelli è stato il suo team manager e, lapidario come sempre, in una frase ha fissato l’essenza della carriera del pilota marchigiano: “La Ducati con Giancarlo si era assicurata uno dei migliori talenti naturali di quel periodo, il cui unico difetto era quello di amare troppo la moto.”
Per chi ama le statistiche, invece, la carriera di Falappa si chiude nel Mondiale Superbike con sedici vittorie (di cui tredici in sella alla Ducati) e sei secondi posti. Otto volte è salito sul gradino più basso del podio. E’ partito sette volte dalla pole position e ha fatto segnare nove volte il giro veloce.
Foto archivio Mondo Ducati
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