Uno degli uomini che hanno fatto nascere e crescere la Ducati “motociclistica” nel dopoguerra è stato il dottor Montano, ex dirigente IRI, inviato a Borgo Panigale dopo l’uscita di scena dei fratelli Ducati e l’inserimento della Ducati nel carrozzone statale IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale). Il dottor Montano, nato il 17 giugno 1910 a Camerino, è stato direttore generale Ducati negli anni ’50 iniziando la sua attività a Borgo Panigale il 7 giugno 1951, come direttore della Società Scientifica Brevetti Ducati. E’ diventato poi direttore della Ducati Meccanica, ex SSR, il 1 gennaio 1954.
Forse gli anni più difficili per Ducati
Sono stati forse gli anni più difficili della vita Ducati, subito dopo il rilancio seguito alla fine della guerra: Montano ha vissuto e condotto in prima persona il lancio della Ducati Meccanica che era nata nel 1953 dopo la divisione delle due sezioni, meccanica ed elettrotecnica, appunto, decisa dai fratelli Ducati.
Oltre al fare autoritario e ai molti problemi dettati dal carattere, è stato dirigente validissimo e grande pubblicitario, innovativo e sensibile a ogni iniziativa che potesse promuovere i prodotti Ducati.
L’idea del Giro del Mondo di Tartarini e Monetti, ad esempio, geniale per quei tempi, limitata alle zone in cui la Ducati non aveva ancora concessionari ufficiali o solo rari punti di vendita (per questo motivo fu esclusa ad esempio l’America del Nord) servì anche per gettare le basi della rete commerciale estera.
Rete che sarebbe poi stata realizzata e ampliata proprio da Giorgio Monetti, diventato responsabile del settore estero qualche mese dopo il rientro dall’impresa realizzata visitando tutti i continenti.Il Giro del Mondo servì anche per sviluppare al massimo livello un modello Ducati appena nato, la 175 cc, moto ideata dall’Ingegner Taglioni, pensata per competere nelle prove di lunga durata in quella che era considerata la categoria più prestigiosa.
La 175 doveva essere impiegata nelle gare di gran fondo, come il Motogiro, il Giro d’Italia e la Milano-Taranto; il divieto di correre su strada, dopo la tragedia di De Portago nella Mille Miglia, fece abortire sul nascere il progetto sportivo.
Fu realizzata comunque un’ottima moto da lanciare in produzione, un prodotto che non portò sul podio alcun pilota, ma diede molte soddisfazioni nelle vendite: la nuova rete di concessionari creata da Monetti regalò infatti importanti successi commerciali, e i prodotti Ducati, venduti in massima parte nei paesi visitati nel Giro del Mondo, salì da 1000 a 10.000 pezzi.
L’abilità di Montano sul piano pubblicitario si rivelò appieno nella gestione mediatica che seppe fare del Giro del Mondo: appena il materiale inviato dai due avventurosi centauri arrivava in fabbrica, ne prendeva visione e subito inoltrava le lettere personali alle famiglie Tartarini e Monetti.
Le notizie di tipo tecnico erano girate all’ufficio studi, ricerche ed esperienze, e infine si stilavano comunicati pubblicitari che venivano inviati ai concessionari Ducati in Italia e affissi su tabelloni all’interno dello stabilimento.
I contatti con gli organi di stampa bolognesi, Stadio per la parte sportiva, Il Resto del Carlino e L’Avvenire per la parte politica, oltre che con quelli di respiro nazionale, erano tenuti direttamente dall’ufficio del dottor Montano, che inviava comunicati particolareggiati alle redazioni dei giornali e provvedeva a informare anche le testate minori. Furono acquistate anche pagine pubblicitarie in cui si faceva il punto del viaggio con cartine esemplificative e articoli appositamente redatti.
Prima della partenza Montano aveva impartito precise linee guida a Tartarini e Monetti sul come tenere aggiornata la sede centrale, contattare gli organi locali di stampa, partecipare sempre a eventi locali organizzati dai concessionari.
Aveva dato loro anche l’ordine di inviare dalle metropoli più note che raggiungevano (Calcutta, Nuova Delhi, Melbourne, Buenos Aires ecc…) 400 cartoline ai concessionari Ducati per tenere vivo l’interesse sull’impresa che stavano realizzando.
Montano, in precedenza, si era già rivelato grande stratega sportivo-commerciale, perché nel 1954 non esitò a strappare l’ingegner Taglioni alla Mondial, dopo aver appreso dei dissapori sorti tra il progettista e il proprietario, il conte Boselli. Prese anche Leopoldo Tartarini dalla Benelli quando vide che, nelle prime edizioni del Giro d’Italia, il pilota bolognese spopolava sul “Leoncino 125” della casa di Pesaro.
Montano decise di toglierlo alla concorrenza anche perché era consapevole della notorietà di Tartarini in tutto il territorio emiliano-romagnolo e lo convinse a passare alla Ducati offrendogli una concessionaria in città.
Il risultato fu molto positivo per la stessa Ducati: Tartarini infatti era l’idolo di molti appassionati bolognesi che frequentavano il suo negozio e le vendite crebbero di conseguenza.
Montano sapeva promuovere ottime strategie commerciali e si deve a lui anche l’idea di aprire concessionarie in Spagna (acquisendo la Mototrans che aveva sede a Barcellona) e Portogallo.
In queste sedi periferiche non si limitò a inviare e promuovere i prodotti Ducati, ma si fece anche grande pubblicità partecipando alle competizioni più importanti, come la 24 Ore del Montjuich, ingaggiando i migliori piloti spagnoli e inviando anche assi italiani come Spaggiari. I successi a raffica colti in sede sportiva diedero ulteriore slancio al marchio che dirigeva, che veniva così fatto conoscere anche in tutte le sfere di alto livello internazionale.
La sua “lungimiranza sportiva” non si limitò all’Europa, perché non ebbe esitazioni nel mandare in missione tecnici-piloti come Farnè, Folesani e Malaguti anche negli Stati Uniti.
La trasferta in USA di Farnè, caldeggiata dall’importatore Berliner, fu sostenuta anche con l’invio di molto materiale da gara (moto preparate nel reparto corse di Bologna e ricambi). Fu uno sforzo commerciale di grande rilievo che diede ottimi frutti e consentì a Farnè di salire sul gradino più alto in molti circuiti, tra cui Daytona, e di far conoscere così l’eccellenza dei prodotti Ducati con cui gareggiava.
Si può affermare che fu proprio l’idea iniziale di Montano ad aprire la strada al bis degli anni ’80 che registrò i successi di Lucchinelli nel 1987, sempre a Daytona, nella celeberrima “Battle of the Twins”. Vittoria colta con la Ducati 851 otto valvole con cui sono state gettate le basi per i trionfi in Superbike.
Già negli anni ’50 si era evidenziata la passione di Montano per i motori, perché contribuì fattivamente all’organizzazione del Motogiro e della Milano-Taranto, convinto che queste prove su strada sarebbero state anche un ottimo trampolino di lancio per i prodotti di Borgo Panigale. Il Motogiro era stato inventato, organizzato e sviluppato dal quotidiano sportivo Stadio di Bologna, diretto dal suo fondatore Luigi Chierici; un giornale che allora apparteneva al gruppo de Il Resto del Carlino.
Montano aveva capito subito che la Ducati da queste corse avrebbe tratto grandi benefici specie se, come capitava, riusciva a recitare il ruolo di protagonista.
A suo merito va anche il fatto di aver creato una strada moderna nella progettazione e lancio dei nuovi modelli commerciali: molte aziende, infatti, prima mettevano in vendita le moto, poi le sviluppavano sul piano agonistico.
Montano decise che si doveva fare esattamente il contrario, imitando in questo la Mondial (che conquistò l’iride prima ancora di avviare una vera e propria linea produttiva), perché così la clientela avrebbe richiesto le moto che vincevano, prodotti studiati e affinati in gara.
Altra grande idea di Montano fu quella di creare una scuderia ufficiale Ducati, gestita direttamente dalla proprietà, a cui affiancò un Moto Club Ducati, anche questo ufficiale e gestito direttamente dal marchio. Il Moto Club iniziò così a raccogliere gli appassionati che venivano fidelizzati al marchio con operazioni di propaganda molto ben pensate e realizzate.
Un’iniziativa che in “nuce” si può paragonare a quella di fidelizzazione svolta attualmente, con mezzi molto più consistenti, anche attraverso il sito Internet e mille iniziative promozionali.
No alla realizzazione del motore da F1
Vero decisionista, Montano era abbastanza istintivo e per questo motivo ha “fallito” anche una grande occasione quando Monetti gli propose di partecipare, come Ducati, alla realizzazione di un motore di Formula Uno che stava già costruendo insieme all’ingegner Taglioni.
Un progetto all’avanguardia che aveva subito destato l’interesse del campione del mondo John Surtees, pronto a versare una cifra consistente per acquisirlo e impiegarlo nel Mondiale di F1 sulle vetture della sua scuderia; Montano disse no, anche se il motore di fatto era nato unendo più motori Ducati.
Un altro grave errore stava per commetterlo quando il padre di Hailwood si presentò a Borgo Panigale per acquistare una Ducati da gara “factory” per il figlio Mike. Montano negò inizialmente ogni possibilità di accordo, ma poi si fece convincere da Monetti che gli illustrò al meglio l’offerta commerciale fatta da Sir Hailwood. L’importazione e vendita nelle sue concessionarie inglesi di alcune migliaia di Ducati dei vari modelli non si poteva rifiutare. Mike Hailwood ebbe così moto e assistenza (con Folesani a sua disposizione a York) e iniziò la fantastica cavalcata che lo portò a vincere tanti titoli mondiali e a diventare una vera leggenda del Tourist Trophy.
L’importanza del ruolo che Montano ha avuto all’interno della Ducati, e del mondo motociclistico mondiale, è confermata anche dall’invito che ricevette dalla Honda: andò in Giappone e, come segno di grande onore, fu ricevuto da Soichiro Honda in persona, il fondatore del colosso giapponese, all’arrivo nella sede centrale. Fu sempre Honda a guidarlo nella visita che si protrasse per alcuni giorni alle linee produttive e all’intero mondo Honda che comprendeva, oltre agli stabilimenti, vari comprensori sociali, abitativi e un grande numero di infrastrutture sportive.
Dopo 18 anni di dirigenza, Montano lasciò la Ducati il 6 luglio 1968 ritirandosi a vita privata. In vista della sua uscita di scena in Ducati aveva pensato di aprire, insieme a Monetti (che poi lo fece con la Fiat), una concessionaria auto del marchio Alfa Romeo, ma il progetto non ebbe seguito.
Gli ultimi anni di Montano sono avvolti dal mistero, perché lasciò Bologna evitando ogni contatto con la Ducati e il mondo delle moto.
Si sa solo che riposa nel cimitero di Allerona in provincia di Terni.