L’idea è venuta così, da sola, come se stesse solo aspettando di mostrarsi, ma fosse già da tempo pronta appena sotto la soglia della percezione. Tutto è successo perché una sera Pier Paolo, il proprietario della special a divenire, nonché titolare della Desmo Power di Chieti, si è trattenuto a disquisire di moto con il clan dei suoi amici, in primis “Calimero” e “Il Presidente”. Il discorso si era sviluppato attorno alla nuova Hypermotard Ducati e aveva preso subito toni accesi ed eccitati.
“Una bella moto certo, ma sarebbe ancora più bello averne una unica. Una Hypermotard che non debba per forza seguire le regole dettate dall’industrializzazione, ma un prodotto al di fuori degli standard, non necessariamente corretto, ma in grado di far sognare”. Detto fatto: dai sogni ai progetti, o meglio, dalle parole ai fatti.
Poche e irrinunciabili le regole di base che Pier Paolo si è imposto: cubatura grossa e potenza in eccesso, accessoristica e parti ai massimi livelli, nonché originalità e unicità del prodotto.
A giudicare dal risultato che abbiamo davanti appare evidente che gli obiettivi sono stati pienamente centrati.
Per prima cosa, da valido specialista qual è, l’autore di questa special si è preparato un motore su misura, ossia non si è accontentato di partire da un modello preconfezionato, ma ha fatto tutto di testa sua, seguendo il detto: “se vuoi una cosa fatta bene, devi fartela da solo…”.
Così ha avuto inizio il collage: carter di una Ducati 916, cilindri e pistoni di una Ducati ST2 con alesaggio da 96 mm che abbinato ad un albero motore (opportunamente tagliato, alleggerito e riequilibrato) della Multistrada con corsa di 71,5 mm, ha portato la cilindrata a 1074 cc.
A questo punto, non potevano mancare due bielle in titanio, chiamate a supportare i trucchi del mestiere cui Pier Paolo ha attinto a piene mani per avere a disposizione i cavalli reputati “necessari”. Si continua con valvole maggiorate: 45 mm il diametro del fungo di quelle di aspirazione, 38 mm per quelle di scarico.
Gli assi a camme, dal profilo più performante, sono della F1 e i corpi farfallati sono saliti di diametro fino a 54 mm, muniti di cornetti in carbonio H 30. Per quanto riguarda la trasmissione, il cambio è di tipo superbike (29/5), la frizione dispone di dispositivo antisaltellamento, gli ingranaggi della primaria sono stati lucidati e la trasmissione secondaria conta su una catena 520, che consente una maggiore capacità di rotolamento.
Il connubio di tutte queste parti ha dato vita a 105 puledri incontenibili e scalpitanti.
Dopo tanto adoperarsi per il motore, non sorprende molto che il nostro amico abbia scelto la stessa strada anche per il telaio, cioè se l’è autocostruito.
La linea è quella classica del traliccio Ducati in acciaio, ma le specifiche e i dettagli sono in funzione di quote studiate ad hoc per il progetto, come l’angolo del cannotto di sterzo di 24°.
Come segnalato in precedenza, la ciclistica e i dettagli tecnici sono di altissima qualità.
Davanti, la forcella è una Öhlins rovesciata con steli da 43 mm trattati al TIN, piastre e riser artigianali in ergal scavati dal pieno e piedini con attacco radiale per le pinze.
Dietro fa capolino il monobraccio di una 916, coadiuvato da un monoammortizzatore con lo stesso marchio presente sulla forcella.
L’impianto frenante è al top sia per estetica che per validità: due elaborati dischi Wave della Braking da 320 mm all’anteriore e un altro uguale, ma da 220 mm di diametro, al posteriore. Una pinza Brembo Racing per il retrotreno e due pinze radiali con lo stesso marchio all’avantreno.
Le pompe al manubrio per freno e frizione sono invece firmate Discacciati.
Come vedete, non si è certo lesinato per raggiungere l’obiettivo prefissato e qui ci potrebbe stare un altro proverbio: qualcosa come “se vuoi il massimo, devi essere disposto a pagare il massimo”.
Ma non è finita, i cerchi a 5 razze sono dei Marchesini da 17” in magnesio e calzano pneumatici consoni, da 120/70 all’anteriore e da 180/55 al posteriore.
Il manubrio è in carbonio (Protaper) come il parafango anteriore e lo spoiler sotto al motore, mentre le altre sovrastrutture sono state realizzate artigianalmente in vetroresina. Il serbatoio, anch’esso artigianale e dotato di pompa di benzina, è realizzato in alluminio.
Una special totale e determinata dove tutto, all’infuori di ruote, freni e sospensioni, è stato realizzato ad hoc, con capacità, manualità e ingegno. Un esempio semplice ma lampante di capacità è già lo stesso impianto di scarico 2 in 1 che, sviluppandosi verso l’alto, passa gradualmente da un diametro di 45 a 60 mm. L’unica cosa prelevata da un’altra moto è la sella, che proviene da una Yamaha YZF e si sposa egregiamente con il contesto, ma anche in questo caso si è intervenuti nella grafica e nella colorazione per abbinarla al resto.
Telaio e forcellone sono stati verniciati a polvere, in classico e serio colore nero. La colorazione “all’americana” delle sovrastrutture e il nome stesso della moto sono invece dovuti alla passione del preparatore/proprietario per le Muscle Car d’oltre Oceano, soprattutto per la famosa Dodge Charger R/T protagonista assoluta del telefilm in voga negli anni Settanta dal titolo “Hazzard“.
Chiudendo, non possiamo esimerci dal fare a Pier Paolo i nostri complimenti per la propria ingegnosità e augurargli di realizzare ancora molte altre special di questo livello.
Foto Iesse Image