Non se ne sente parlare spesso e in Azienda c’è perfino una sorta di reticenza nel farvi riferimento: sono i motori Ducati a due tempi. Progetti che non hanno certo fatto gridare al miracolo per numeri di vendita o gradimento tra gli appassionati, ma che rappresentano comunque un capitolo interessante all’interno della lunga e talvolta intricata storia della fabbrica di Borgo Panigale.
Un argomento che non tutti conoscono e che noi stessi abbiamo dovuto “studiare” con le dovute precauzioni, nel senso che ci siamo basati sugli unici dati certi che siamo riusciti a reperire.
Ne è uscito fuori un quadro magari frammentario, ma comunque utile a capire le scelte e le strategie con le quali, volente o nolente, si misurava l’azienda bolognese negli anni Sessanta e Settanta.
Quelli della gestione Statale, naturalmente, durante i quali l’ufficio tecnico sottoponeva l’idea di un nuovo prodotto alla dirigenza e passavano sei mesi prima che quest’ultima lo prendesse in considerazione, dopo di che ci volevano altri due anni prima che il progetto venisse industrializzato e commercializzato, col risultato che esso si rivelava del tutto inadatto a quelle che erano le esigenze di mercato.
In poche parole, certe moto o certi motori erano già vecchi prima ancora di arrivare nelle vetrine delle concessionarie!
Tutto ciò avveniva nel periodo di maggiore crisi della moto italiana in generale e Ducati, amministrata dalle direttive della politica piuttosto che da soggetti che avevano a cuore le sorti dell’azienda, tentò di guadagnare nuovi clienti in settori ancora inesplorati da parte del Marchio e nei quali, viceversa, alcuni competitor stavano già riscuotendo grande successo: i ciclomotori e le moto da fuoristrada.
Così, sulla spinta dettata dalla possibilità di realizzare volumi importanti in tempi relativamente rapidi, arrivarono i primi motori Ducati a due tempi. Unità che, dal punto di vista strettamente ingegneristico, non si distinguevano per soluzioni tecniche particolari, ma riprendevano un’impostazione classica.
Del resto, simili prodotti servivano a risollevare le sorti della fabbrica con progetti dai costi di produzione vantaggiosi, non a distinguersi nel campo dell’innovazione e dell’esclusività tecnologica.
Nel fare questo, tra l’altro, Ducati motori poteva attingere all’esperienza che aveva maturato nel settore nautico e industriale, tant’è che l’esperimento a due tempi non si limitò solo alla produzione di propulsori destinati ad equipaggiare i modelli di Borgo Panigale, ma anche a quelli che, in teoria, avrebbero potuto essere venduti a terzi e che però, nella realtà, rimasero allo stadio di semplici prototipi.
A proposito di motori storici…
Una bella idea arriva direttamente dall’Australia, più precisamente dalla Vee Two: inizia la produzione di 12 motori a coppie coniche che sono la replica fedele di quello con cui corse e vinse il grande Mike Hailwood al Tourist Trophy del 1978. La Vee Two dispone infatti dei disegni tecnici originali del Desmo da 883 cc con distribuzione a coppie coniche, fatto che assicura come tale propulsore sia la replica esatta di quello che permise a Hailwood di vincere al TT.
“Il motore utilizzato da Mike era un prototipo progettato internamente in azienda verso la seconda metà degli anni Settanta, del quale vennero poi prodotti solo 8 esemplari. – afferma Andrew Cathcart, General Manager della Vee Two – Ducati aveva pianificato che tale propulsore venisse poi adottato sulla nuova famiglia di moto sportive, ma, a causa della sua difficile situazione finanziaria, la soluzione delle coppie coniche venne abbandonata a favore del più semplice e meno costoso Pantah con distribuzione a cinghia. Questo significa che l’ultima versione del coppie coniche non giunse mai in produzione e perciò mai a disposizione degli appassionati. Il senso della nostra operazione è proprio questo: offrire la possibilità di avere il motore che permise a Hailwood di ottenere la sua leggendaria vittoria!”.
Beh, non solo il motore, visto che con questo verranno assemblate 12 moto che, nelle intenzioni di Vee Two, dovranno essere identiche a quella con cui Hailwood ha tagliato la linea del traguardo! Bellissima operazione, anche se ovviamente non certo per tutti: ogni moto, infatti, costerà più di 100.000 Euro!
Ecco dunque una carrellata di “tentativi” più o meno convinti da parte della fabbrica bolognese per entrare in un settore che di certo non le apparteneva, ma che all’epoca sembrava garantire valide prospettive. Motori che si discostano nettamente dai canoni ai quali il marchio Ducati ci ha abituati negli ultimi quaranta anni, ma che non per questo devono essere considerati come una sorta di tabù.
Anzi, servono proprio a farci capire che, in tanti anni di attività, l’azienda di Borgo Panigale ha esplorato molte più soluzioni tecniche di quanto si potrebbe pensare, nel tentativo di adattarsi a un mercato che non era sempre facile da interpretare, sia per la concorrenza degli avversari che per le difficoltà nell’anticipare le necessità del pubblico.
Con la collaborazione di Gianfranco Zappoli – foto Enrico Schiavi