Con la presentazione della nuova Diavel, o meglio “del nuovo Diavel“, Ducati di fatto rinnova e conferma il suo impegno in una categoria del tutto particolare e che certamente può dirsi ormai rappresentare un’icona di rinnovamento per la Casa bolognese.
Sono passati appena tre anni dalla presentazione del Diavel, modello sicuramente di rottura con il passato ancor di più di quanto non fu il Monster negli anni Novanta. I puristi delle bicilindriche sportive, così come i cultori della naked più famosa al mondo, hanno sulle prime storto il naso di fronte a un veicolo che strizzava, almeno apparentemente, l’occhio al mondo custom.
Tuttavia, dopo un più che giustificato iniziale momento di smarrimento, il Diavel è entrato a pieno diritto nella scuderia delle sportive di Borgo Panigale, facendo prevalere le sue doti dinamiche e di potenza al di sopra dell’anima spiccatamente cruiser: anticonformista, esagerato e “ignorante”, il Diavel si è ricavato una nicchia di estimatori, tanto da meritare un corposo aggiornamento dopo pochi anni di sicuramente più che onorato servizio.
Ecco dunque che diventa interessante scoprire quale sia stata la reale genesi di questo modello: l’obiettivo di fondo, a fine 2010, era certamente quello di guardare più che altro verso altri mercati, come quello americano, dove il motociclista vive le proprie esperienze su due ruote in maniera marcatamente differente rispetto a quanto avviene in Italia.
Per tutta una serie di motivi, anche storici e di costume, gli europei, e in particolar modo gli italiani, sono accaniti estimatori di motociclette agili, scattanti e non necessariamente comode, che possano esprimersi al meglio su tortuose strade di montagna.
Oltreoceano, invece, complice anche la conformazione della rete viaria, vengono per lo più privilegiate le motociclette destinate a macinare chilometri su lunghi rettilinei garantendo una notevole dose di comfort, anche a scapito dell’agilità e della sportività a tutti i costi.
Ovviamente, Ducati non poteva proporre una semplice versione moderna e italianizzata di una Harley-Davidson: la nuova moto doveva comunque mantenere un’indole sportiva e privilegiare la manovrabilità, pur mantenendo un’impostazione marcatamente cruiser.
Per forza di cose, il propulsore da installare a bordo di un simile mezzo doveva essere il più muscoloso della contemporanea gamma di bicilindrici: per l’occasione, è stata quindi approntata una versione speciale del Testastretta già installato sulle supersportive bolognesi e identificato dalla dicitura aggiuntiva 11°.
Questo propulsore, introdotto già alcuni mesi prima sulla Multistrada 1200, si distingue proprio per il diagramma della distribuzione modificato, riducendo l’angolo di incrocio delle valvole dagli originali 41° a 11°: la modifica è finalizzata a rendere più fruibile il motore nella circolazione stradale, specialmente alle andature da diporto, introducendo anche un’importante riduzione dei consumi e delle emissioni nocive allo scarico, senza ovviamente intaccare, se non marginalmente, il rendimento termodinamico complessivo: in quest’ottica, rispetto alle versioni più potenti, era modificata anche l’alzata massima delle valvole di aspirazione e di scarico.
Appositamente per il Diavel, sono state in ogni caso approntate opportune modifiche, in particolare alla frizione e all’impianto di circolazione del liquido refrigerante, mentre la diversa geometria del sistema di scarico e dei condotti di aspirazione garantiscono un cospicuo incremento di potenza, pari a quasi il 10%: infatti, a un regime appena superiore (9500 giri contro 9250), il propulsore installato sul Diavel registra un picco di 162 Cv contro i 150 della Multistrada 1200, laddove ovviamente anche la coppia massima subisce un importante incremento di conseguenza (127,5 Nm a 8000 giri contro 118,7 Nm a 7500 giri): tale miglioramento deriva in particolare dalla struttura di un inedito quanto appariscente complesso di scarico, che da solo definisce in maniera inequivocabile anche il design della moto: in pieno risalto sul lato destro, il sistema di scarico di tipo 2 in 1 in 2 è contraddistinto dalla generosa sezione delle tubazioni, da ben 58 mm di diametro e 1 mm di spessore.
Diversamente da quanto visto sulla Multistrada e su altri modelli, il layout di questo impianto consente una superiore lunghezza del tratto primario dei condotti, ovvero del tratto di tubazione compresa tra la testa e la prima unione dei due collettori; nel tratto centrale dello scarico, poi, è inserita un’efficace valvola parzializzatrice, tesa a ottimizzare il funzionamento del propulsore ai bassi regimi di rotazione.
Un dispositivo reso necessario dall’elevata sezione di flusso dei gas di scarico, che confluiscono nei due grossi silenziatori sovrapposti all’interno dei quali, per garantire il rispetto delle normative sull’inquinamento (Euro 3), sono ubicati due catalizzatori, il cui funzionamento è a loro volta coadiuvato dalle due sonde lambda poste a monte.
Per quanto riguarda il complesso di aspirazione, anche qui le differenze rispetto agli altri modelli equipaggiati del bicilindrico Testastretta sono sostanziali, mentre gli iniettori sono i medesimi a 12 fori presenti sulla Multistrada, ubicati all’interno degli stessi corpi farfallati ovali della Mikuni con sezione circolare equivalente da 56 mm di diametro.
A fronte di prestazioni tanto elevate, anche la cruiser offre tre differenti possibilità di mappatura al pilota (i cosiddetti Riding Mode), che può adattare il comportamento della moto al proprio stile o alle diverse condizioni di guida. Il sistema, inoltre, integra anche il controllo delle farfalle, dal momento che le stesse sono azionate in modalità “Ride by Wire”.
In altre parole, la centralina elettronica, dopo aver registrato la richiesta del pilota tramite l’acceleratore, in funzione della mappatura impostata e dei segnali provenienti dai sensori sparsi sulla moto, aziona in maniera ragionata le valvole a farfalla attraverso dei servomeccanismi elettrici: le tre modalità di funzionamento del motore (Sport, Touring e Urban) sono ovviamente operanti in sinergia con una diversa metodologia di intervento del controllo di trazione DTC di cui il Diavel è dotato, vista la notevole coppia erogata dal propulsore; l’intensità di intervento del controllo di trazione è comunque personalizzabile da parte del pilota con conseguente memorizzazione delle impostazioni, così da non dover ripetere l’operazione a ogni avviamento.
Fin qui, dunque, il Diavel non fa altro che riproporre, senza rilevanti modifiche, quanto già visto su alcuni modelli Ducati precedenti: la vera novità dal punto di vista squisitamente tecnico è data dal diverso circuito di raffreddamento, a cominciare dall’installazione di due distinti radiatori con disposizione longitudinale, per i quali vi è la necessità di un maggior flusso di liquido refrigerante, ottenuto con una nuova girante della pompa dell’acqua da 64 mm di diametro contro i 60 mm delle precedenti.
Calcolatrice alla mano, l’incremento di portata agli alti regimi può raggiungere all’incirca il 35%, considerato anche il minor flusso d’aria che investe i radiatori posizionati lateralmente: di fatto, questa è l’unica modifica strutturale al propulsore, con la nuova pompa dell’acqua che rende necessario anche un diverso coperchio del semicarter sinistro.
Ovviamente, sono confermate le peculiarità costruttive già introdotte su altri modelli, come ad esempio la struttura dei due carter costruiti in lega leggera con processo di fusione sottovuoto denominato Vacural, in grado di garantire una struttura più leggera e resistente.
Abbandonata definitivamente la classica e caratteristica frizione multidisco a secco, il Diavel eredita la frizione in bagno d’olio a tre molle della Multistrada 1200; infine, rispetto a quest’ultimo modello, data la principale destinazione d’uso del Diavel, il rapporto di trasmissione finale risulta opportunamente accorciato: con una corona dotata di tre denti in più (43 contro 40), il rapporto passa da 0,375 a 0,349, comportando un ulteriore incremento della coppia erogata alla ruota indipendentemente dal regime di rotazione. L’avvento della versione 2014 del Diavel ha determinato, oltre a un parziale restyling, importanti aggiornamenti proprio per la sezione motoristica, con l’introduzione della doppia accensione e di un rinnovato impianto di scarico e aspirazione, pur mantenendo l’impostazione “11°” e una potenza massima immutata a fronte di una diversa erogazione di coppia e potenza.
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