Prima le cose importanti. A far innamorare Pecco Bagnaia della Ducati, fin da bambino, è stata la 996 dello zio, che però non ha mai potuto guidare. Il futuro di Pecco in MotoGp con le moto di Borgo Panigale potrebbe dunque essere ancora una volta un regalo – l’ennesimo regalo ai tifosi – del genio di Massimo Tamburini.
Altra cosa fondamentale è che Bagnaia ha esordito in sella a una Ducati molto molto giovane, sempre con una moto dello zio, una Hypermotard, su un tracciato particolare: il giardino della nonna.
“Avevo 16 anni – ci racconta – non avrei potuto guidarla neanche lì perché era molto pericoloso, però dovevo provare, in quanto ero caduto nei test a Jerez in Moto3 e mi ero rotto il polso. Dovevo vedere se riuscivo a usare la frizione e a guidare, e allora ho preso l’Hyper dello zio. Andava molto bene”.
Immaginiamo contenta la nonna. “No, le ho distrutto il giardino e lei tiene al giardino più di ogni altra cosa!”.
La cosa certa è che se adesso vuole provare un’altra Ducati da strada – casomai si annoiasse della Desmosedici Gp18 del Team Alma Pramac, con la quale quest’anno partecipa al campionato mondiale MotoGp – deve tornare nel giardino della nonna perché ancora non ha la patente per la moto.
“Non posso ancora andare su strada con la moto, ho uno scooter (giuriamo che non lo diremo a nessuno, ndr), ma la patente la voglio fare quest’anno, perché al mare bisogna avere la moto”.
Al mare, a Pesaro, dove vive adesso Francesco Bagnaia, “Pecco” perché così lo chiamava la sorella da piccolo.
Ventiduenne di Chivasso, dominatore del campionato del mondo Moto 2 nel 2018 (8 vittorie) su una Kalex dello Sky Racing Team VR46, una carriera nel motomondiale iniziata con la Moto 3 dal 2013 al 2016 (Honda, Ktm e due anni su Mahindra), poi rookie of the year 2017 con il 5° posto nel campionato Moto 2, come anticipo del trionfo dello scorso anno. Prima della stagione scorsa Bagnaia e il Team Alma Pramac avevano già firmato il contratto per la MoptoGp di quest’anno, con una moto 2018 (mentre il compagno Jack Miller, che ha un anno di anzianità in più, come da tradizione del team avrà la Gp19).
Ci puoi raccontare com’è stato il passaggio alla MotoGP, e cosa ha voluto dire arrivare dalla Moto 2? Cosa ti ha impressionato di più, qual è l’adattamento che chiede più tempo, dove senti di dover ancora crescere?
“Sicuramente la cosa più difficile è il lavoro che c’è dietro, perché ce n’è molto di più rispetto alle altre categorie: oltre alla parte tecnica, che c’era già in Moto 2, però già quella era un po’ meno rispetto alla MotoGP. Adesso abbiamo tutta la parte elettronica, che secondo me richiede tre quarti del lavoro totale: è un’attività molto lunga, bisogna starci dietro curva per curva, angolazione per angolazione. Però devo dire che la mia squadra è molto avanti, hanno passato praticamente i loro ultimi anni in Ducati e hanno una grandissima esperienza che mi stanno trasmettendo, senza però impormi niente. Anzi, mi hanno aperto le porte per un nuovo metodo di lavoro: all’inizio è stato molto difficile. Invece la moto da guidare è molto diversa, perché frena tanto di più e accelera tanto di più, però in questo caso l’adattamento viene girando, mentre la parte elettronica è un lavoro più lungo e più delicato”.
Della guida della moto, invece, cosa ti ha colpito?
“La velocità a cui si arriva, proprio in un attimo; le piste diventano diverse, sembrano degli altri tracciati. Anche i rettilinei diventano curve! Ad esempio, per non farla impennare bisogna fare traiettorie diverse, cambia proprio il modo di guidare, questa è la cosa che più mi ha impressionato”.
Cosa ha significato l’anno scorso iniziare il campionato con il contratto col Team Pramac già in tasca? E’ stato un gesto di fiducia da parte loro che tu hai ricambiato dimostrando il tuo valore, diventando Campione del Mondo di Moto 2?
“Sì, c’è stata massima fiducia sia da parte loro che da parte mia, perché sapevo che sarei arrivato in una situazione giusta per un rookie: è una squadra indipendente, ma è una squadra che ha potenzialità per vincere, e non tutti i team indipendenti possono permettersi una cosa del genere. Mi sono trovato veramente bene, con un clima perfetto per me, molto tranquillo, senza troppe pressioni: questo è quello che importava. Aver chiuso il contratto a febbraio dell’anno scorso voleva dire proprio che ci volevamo entrambi, perché comunque io volevo la Ducati e loro mi hanno dato il massimo. In questo modo, l’anno scorso mi hanno tolto tante pressioni: firmare a febbraio per me è stato un vantaggio”.
Il tuo nuovo capotecnico, Cristian Gabarrini (ex Marquez, Lorenzo, Stoner…), racconta cose egregie di te; dicci qualcosa anche tu su questo rapporto.
“Sono molto contento, perché sia il capotecnico che il telemetrista, che hanno ruoli fondamentali, mi hanno accolto a braccia aperte e mi hanno ascoltato molto; non mi sarei aspettato una cosa del genere, perché pensavo che avrebbero cercato di impormi una loro strada a partire dalla loro enorme esperienza. Invece non è stato così, anzi, hanno iniziato ad ascoltarmi, mi hanno portato a capire cosa va meglio e cosa no, però sempre lasciandomi tranquillo. E’ stata una cosa molto positiva; sicuramente loro sanno come comportarsi con un pilota perché ne hanno seguiti tanti e con caratteristiche diverse, e li han fatti vincere tutti. Sono in buone mani”.
Team Alma Pramac Racing
Non si può certo dire che il Team Pramac sia novizio nella MotoGP: infatti, con questa che è appena partita, siamo alla diciottesima stagione consecutiva in cui la squadra capitanata da Paolo Campinoti si presenta ai nastri di partenza della MotoGP. Nel 2018, Pramac ha ottenuto un ottimo risultato, conquistando il titolo di “Best Independent Team”.
Con la conferma di Jack Miller, che avrà a disposizione la Ducati ufficiale, e il talento del Campione del Mondo di Moto 2, Francesco Bagnaia, l’obiettivo è senz’altro quello di confermarsi a livelli così importanti. Infatti, se a livello di investimenti, i team ufficiali sono inarrivabili, forte è la sfida fra quelli indipendenti per primeggiare nella loro particolare classifica.
Come ha confermato Francesco Guidotti (Alma Pramac Racing Team Manager) in occasione della presentazione della nuova stagione, che è avvenuta recentemente negli studi di Sky Sport 24: “Quella che sta per cominciare sarà una delle stagioni più elettrizzanti per il nostro team. Jack e Pecco hanno dimostrato durante i test di avere tutte le carte in regola per ottenere risultati importanti. Il compito nostro sarà quello di lavorare al massimo delle nostre potenzialità per mettere i piloti nelle condizioni di poterci regalare grandi soddisfazioni”.
Particolare curioso, lo stile per le moto 2019 è opera del Centro Stile Lamborghini: “Io e il mio team del Centro Stile – ha dichiarato nell’occasione Mitja Borkert, Direttore Centro Stile Lamborghini – siamo grandi tifosi della MotoGP ed è stato per noi un grande piacere contribuire all’attuazione di questo progetto realizzato insieme a Pramac. Il design della livrea della Ducati Desmosedici GP si ispira ai colori della squadra di Alma Pramac Racing e trasmette lo spirito del team pieno di grinta e di voglia di vincere”.
Hai già avuto modo di confrontarti con i piloti del team ufficiale?
“Abbiamo un po’ chiacchierato, ma sinceramente non è che ci siamo proprio confrontati. Ognuno guida davvero in modo diverso. Siamo sei piloti Ducati, però i top alla fine sono i primi tre che hanno le ufficiali (Dovizioso, Petrucci e Miller, ndr) e guidiamo tutti in modo diverso. Forse la mia guida è un po’ più simile a quella del Dovi, ma neanche così tanto. Alla fine, anche nei test in Qatar, abbiamo usato gomme diverse per fare la simulazione, ognuno si trovava bene con una gomma, quindi credo che sia giusto chiedere qualcosa, ma non focalizzarsi pensando ci sia una sola strada: secondo me ci sono mille strade che si possono prendere, noi ne abbiamo presa una che è un po’ diversa dalla loro”.
La tua preparazione questo inverno per il passaggio alla MotoGp?
“La preparazione è stata tosta, difficile, perché comunque è una moto molto più fisica; alla fine l’allenamento era simile a quello dell’anno scorso, però effettuato con più intensità. Credo di essermi trovato bene al primo test, nel senso che abbiamo fatto un bel lavoro e non ho fatto così tanta fatica come mi sarei aspettato, quindi bene. Anche se pensiamo alle simulazioni di gara, è normale non riuscire a farla subito, invece noi ce l’abbiamo fatta e quindi sono contento”.
Come hai impostato invece il tuo lavoro di preparazione in pista questo inverno?
“Ho fatto test molto positivi, diversi l’uno dall’altro, perché in Malesia era giusto per prendere feeling con la moto, che comunque ha molto più potenza rispetto a quella che guidavo l’anno scorso. I test del 2018 non mi erano bastati, quindi siamo partiti col piede giusto: abbiamo fatto tanti giri, tante prove, e in Malesia abbiamo finito con un bel time attack, dove ero secondo. In Qatar invece abbiamo fatto tanti giri con le gomme usate, che era quello che c’era mancato di più in Malesia, e abbiamo fatto grossi passi in avanti: sono contento di questo test. La simulazione di gara, alla fine del terzo giorno, mi è servita tanto per capire molte cose, soprattutto come gestire al meglio la gomma”.
Cosa hai pensato quando hai visto il tempo che hai fatto a Sepang (secondo con 1:58.302, a solo 0.063 secondi da Petrucci)?
“Il tempo lo vedo nel cruscotto; per un attimo ho creduto di essere primo, però non importava perché comunque era un tempo incredibile, quando l’ho visto mi sono messo anche a ridere. Ho detto: ‘Madonna, che roba assurda‘, perché poi è venuto davvero in maniera molto semplice. E’ una caratteristica della Ducati, quella per cui sai di andar forte, sai che stai facendo tutto bene, però ogni tanto ti stupisci di quanto riesce a fare. Ci sono delle volte, quando vai dentro in pista, che magari spingi come nel run precedente, con le gomme anche usate, e riesci ad andare forte come con le gomme nuove; un’altra cosa che abbiamo notato è che ogni volta che mettevo la gomma nuova e facevo il tempo poi rimanevo su quel passo lì. Ogni volta abbiamo fatto dei passi in avanti, questo è importante”.
Quali tracciati vedi bene per te quest’anno?
“Difficile da dire, è un qualcosa che non si sa finché non si arriva sul posto. Ad esempio, Austin è una pista dove ho sempre fatto fatica, ma l’anno scorso ho vinto; oppure, al contrario, Philip Island è una pista che mi piace e dove penso di andar forte, ma l’anno scorso sono andato proprio male. Quindi non si sa mai. Vedremo quest’anno come mi troverò, anche nei test di Valencia sono andato forte, ed è una pista che non mi fa impazzire, quindi è proprio un’incognita. Credo però che con la giusta calma possiamo fare un bel lavoro ovunque”.
Un tuo punto di forza?
“Forse la tranquillità, anche nelle situazioni un po’ difficili. L’anno scorso quando mi stavo giocando il titolo ho sempre cercato di non pensarci troppo, e questo mi ha aiutato molto”.
Obiettivo per questo campionato?
“L’obiettivo principale è finire il campionato come rookie dell’anno. Credo però che tutti gli altri rookie (oltre a Bagnaia anche Joan Mir su Suzuki, Miguel Oliveira su Ktm e Fabio Quartararo su Yamaha, ndr) abbiano lo stesso obiettivo, quindi sarà sicuramente molto importante fare bene fin da subito”.
Di sicuro Pecco ha le carte in regola per regalarci delle belle soddisfazioni in sella alla sua Ducati: siamo certi che in questo 2019 ci sarà da divertirsi!