La storia di Carl Fogarty in sella alla Ducati ha inizio nel 1992. E’ l’importatore Cinelli a strapparlo alla Honda affidandogli una 888. Carl è già famoso, salito alla ribalta grazie agli echi delle sue imprese sui circuiti stradali.
Figlio d’arte (si narra che sia stato suo padre George a distruggere la moto che aveva permesso al grandissimo Mike Haiwood di vincere il TT nel 1978), Carl disputa la prima gara nel 1983.
Il primo risultato di un certo rilievo arriva nel 1987: è quarto nel Junior TT all’Isola di Man, in sella a una Honda. Non sarà che il primo segnale di una serie di imprese che il giovane pilota del Lancashire riuscirà a compiere sugli infidi tracciati delle gare su strada.
Infatti, sempre sotto l’ala della Honda, Fogarty riuscirà a vincere il titolo mondiale Formula 1 TT l’anno seguente.
Nel 1989 si impone per la prima volta sull’Isola di Man, nella gara riservata alle Sport Production e si conferma campione del mondo F1 TT. Tuttavia, la leggenda che il pilota inglese scrive al Tourist Trophy è datata 1990: sempre con una Honda ufficiale si impone nel Senior TT e nella Formula 1, facendo segnare tempi sul giro che resteranno imbattuti per molti anni.
Specialista – abbiamo visto – delle corse su strada, Carl fa la sua prima apparizione nel Mondiale Superbike del 1989.
Nel 1991 inizia a prendere le misure di quel campionato che saprà fare suo per quattro volte: ottiene due quarti posti nel round svedese. Fogarty è ormai un nome noto in patria e questo gli vale l’interessamento dell’importatore britannico della Ducati: Cinelli lo vuole sulla 888.
E’ il 1992 e Carl (Foggy per i fan) vince per la prima volta in Gara-2 a Donington, dopo aver ottenuto il miglior tempo in prova.
Anche il reparto corse di Borgo Panigale non può più ignorarlo. Alla fine sarà quarto in classifica, dietro i compagni di marca Polen e Roche e dietro alla Kawasaki di Phillis.
Nel 1993 è pilota ufficiale Ducati a tutti gli effetti. Da principio, subisce l’aggressività di Giancarlo Falappa, poi deve sottostare alla regolarità dei risultati di Scott Russell, alfiere della Kawasaki, fino a che non infila una serie di affermazioni perentorie che lo portano a guidare la classifica.
Nella penultima gara, il titolo sembra non potergli sfuggire. Essere battuto da Russell in Gara-1 lo manda nel pallone: finisce per terra in Gara-2. E’ la disfatta: sarà Russell il campione del mondo, nonostante l’ultima disperata vittoria di Foggy in Gara-2 all’Estoril.
La 888 vince il titolo costruttori, ma 19 vittorie su 26 manche disputate non gli valgono l’iride piloti.
Nella stagione successiva, debutta la splendida Ducati 916. La rincorsa di Carl parte dalla vittoria in Gara-1 a Donington, quasi a voler esorcizzare la débacle dell’anno prima.
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E’ un campionato difficile: la Ducati si deve privare di Falappa, vittima del terribile incidente nelle prove private ad Albacete, Russell e la sua Kawasaki sembrano più consistenti che mai, dimostrando di saper raggiungere la vittoria nelle varie gare con maggiore facilità rispetto all’anno precedente.
Carl vince numerose manche, fino a che non si torna per la seconda volta a Donington, sede del Gran Premio d’Europa. Sembra di essere sulla scena di un film già visto: Russell porta per due volte la sua Kawasaki per prima sotto la bandiera a scacchi davanti ai tifosi dello stesso Foggy. Si deciderà tutto nell’ultima gara di Phillip Island. Questa volta l’inglese non sbaglia: batte il rivale in Gara-1, arriva secondo in Gara-2 ed è campione del mondo Superbike.
Adesso Fogarty è consapevole di se stesso e della sua Ducati: nel 1995 saprà ripetersi a mani basse, vincendo 13 volte e relegando il secondo, il compagno di marca Troy Corser, a 139 punti di distacco.
E’ un dominio all’apparenza facile, che lo spingerà a cercare nuovi stimoli, cedendo alle lusinghe della Honda.
Sulla sua Ducati sale Kocinski. Dopo un avvio promettente, al pilota americano saltano i nervi, costringendo la Ducati a dirottare le attenzioni sul pilota del Team Promotor, l’australiano Corser, che si aggiudicherà il titolo.
Il ritorno di Carl alla Ducati, dopo una stagione deludente alla Honda, dove ha sofferto problemi di affiatamento con il quattro cilindri e la convivenza con il compagno Slight, è nell’aria: la coppia si ricongiunge per disputare il campionato 1997. Sulla Honda lasciata dall’inglese sale John Kocinski. E’ una guerra di nervi, vinta sorprendentemente dal bizzoso americano, che può alla fine fregiarsi del titolo, mentre Carl lamenta per tutta la stagione la scarsa guidabilità della Ducati.
L’episodio chiave della stagione 1998 ha come teatro la pista di Assen.
Per tutto il campionato, i piloti dello splendido tridente messo in piedi dalla Ducati si sfidano per riconquistare il titolo e si danno battaglia: nel team gestito da Virginio Ferrari ci sono Pierfrancesco Chili e Troy Corser, mentre Fogarty è nella squadra Ducati Performance, diretta da Davide Tardozzi.
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I tre in sella alle rosse sembrano fare il bello e il cattivo tempo, ma si dividono splendide vittorie e sconcertanti passi falsi. Slight e la sua Honda sono regolari e abitano per tutta la stagione i piani alti della classifica.
Ma torniamo ad Assen: in Gara-1, Chili è in stato di grazia, parte male, rimonta e batte Carl in uno splendido corpo a corpo. Il morale del campione di Blackburn è a terra. Sarà l’Ingegner Bordi, sostenitore di Fogarty fin dai suoi primi passi in Ducati, a caricarlo: “Vai Carl, sei tu il campione!“
Foggy va a disputare una gara di raro coraggio e non comune cattiveria agonistica: in un finale che sembra la fotocopia di quello di Gara-1, Fogarty costringe Frankie Chili a perdere le staffe.
Il pilota italiano cade all’ultima curva, chiamandosi fuori dalla lotta per il mondiale. Fogarty vince, riavvicina i primi due in classifica, Corser e Slight, e nell’ultima gara riscuote, sotto forma di fortuna, quello che aveva scommesso sotto forma di coraggio: Corser cade nelle prove e si fa male, Slight va alla deriva e il campione, per la terza volta è lui.
Nel 1999 nasce Ducati Corse, espressione sportiva della Casa di Borgo Panigale, che vuole gestire direttamente la propria squadra ufficiale.
Corser e Fogarty sono i piloti. Per l’inglese si tratterà di una stagione caratterizzata dal dominio a mani basse, con l’australiano relegato spesso al ruolo di guardaspalle.
La quarta corona di re della Superbike cinge la fronte di Carl, il pilota più vittorioso della storia di questo campionato. Nulla lasciava trapelare che la serie si sarebbe interrotta lì, con il rovinoso incidente del 23 aprile, sul circuito di Phillip Island.
La veloce curva 3 del circuito australiano, Ulm che rallenta di colpo, l’inglese che se lo trova in traiettoria e non può evitarlo: fotogrammi impressi nella memoria.
Ci vorrà un po’ per capire che Carl Fogarty non sarà più in grado di guidare una moto in gara, ma, alla fine sarà lui stesso a dichiarare “Smetto perché non sono più in grado di vincere e io ho sempre corso per quello!”
Il mondo della Superbike è sconvolto, Ducati Corse stessa, a stagione iniziata, ci mette un po’ per trovare un sostituto degno, pescando poi il jolly dal mazzo: Troy Bayliss.
Foggy rimarrà nell’ambiente delle derivate dalla serie prima come uomo immagine Ducati, poi come promotore dell’impegno – infruttuoso quanto dispendioso – della Petronas nel campionato delle derivate di serie.
In 219 gare disputate, ha ottenuto 59 vittorie (55 in sella alla Ducati), delle quali 16 doppie, 33 secondi posti e 16 volte è salito sul gradino più basso del podio. E’ partito 21 volte dalla pole position.
Per i ducatisti, l’immagine di Fogarty si identifica con i suoi occhi di ghiaccio che sbucavano da dietro la visiera sulla linea di partenza, quel suo estraniarsi alla ricerca della concentrazione.
Simpatico magari no, disponibile neanche tanto: Foggy è stato più che altro una splendida belva da gara, andato avanti a suon di manciate di gas più che a parole o sorrisi.
Un uomo forgiato tra i marciapiedi del TT
Foto archivio Mondo Ducati
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