Franco e Renzo Sacchetti sono due arzilli pensionati di Campi Bisenzio (in provincia di Firenze) con la passione per le motociclette. Fino a poco tempo fa, erano addirittura soliti partecipare alle gare di corsa in salita riservate ai mezzi storici, ma poi hanno dovuto smettere.
Il fatto, però, è che non hanno desistito per motivi dovuti all’età, ma semplicemente perché nella loro zona non vengono più organizzati eventi di questo tipo.
Sentirli parlare di moto è come stare al bar a discutere con dei vecchi amici, tanto sono coinvolgenti.
Tra i molti esemplari che hanno saputo collezionare in tanti anni di onorata “carriera” ci sono tre Ducati che meritano particolare attenzione: primo perché sono state tutte amorevolmente restaurate, e secondo perché rappresentano un’intera famiglia di modelli partoriti all’interno della fabbrica di Borgo Panigale.
Si tratta, infatti, della serie di monocilindrici Desmo di 250, 350 e 450 cc che venivano prodotti negli anni Settanta. Tra l’altro, sono perfino tutti dello stesso colore, quel bellissimo giallo ocra tendente all’arancio che identificava subito la sportività di questi mezzi.
Va in ogni caso sottolineato che i tre esemplari in questione non sono allestiti tenendo scrupolosamente conto dell’equipaggiamento originale, ma rappresentano una variazione in tema racing.
Sono, in pratica, quelle che potremmo tranquillamente definire come “special” se ci trovassimo di fronte a degli esempi contemporanei. All’epoca in cui questi agili monocilindrici furono concepiti, invece, si parlava di mezzi “truccati”, come ci ripete più volte il simpatico Renzo nel suo caratteristico accento toscano.
A livello di motore, il 350 e il 450 sono stati equipaggiati con un albero a camme racing, una biella più leggera, un pistone con più alto rapporto di compressione, un cambio con spaziatura ravvicinata e una frizione a denti dritti, il tutto di provenienza NCR, lo storico reparto corse gestito dal compianto Giorgio Nepoti e da Rino Caracchi con il contributo di un nome altrettanto celebre come quello di Franco Farné.
Il 250 è stato oggetto di un’elaborazione più leggera, vista la sua predisposizione, già di serie, nei confronti di elevati regimi di rotazione. Ecco che, in questo caso, sono stati installati solo il pistone e la biella di cui sopra.
Tutti e tre gli esemplari, hanno poi beneficiato della doppia accensione, che ottimizza la combustione in relazione al rapporto di compressione maggiorato, di un carburatore di grosso diametro (da 41 mm nel caso degli esemplari con cilindrata più alta e da 40 mm per quello più piccolo di cubatura) e di un impianto di scarico realizzato a mano dallo stesso Renzo, che si diletta da tempo in alcuni lavori di saldatura.
Per quanto riguarda la ciclistica, invece, gli interventi sono stati di minore entità. Se si escludono, infatti, i diversi semimanubri, una pompa del freno anteriore con differente rapporto di torchio idraulico e una coppia di ammortizzatori Ikon (imitazione dei Koni molto diffusa in Australia), gli esemplari hanno mantenuto la stessa impostazione di serie.
“E’ stato il nostro babbo – spiega Renzo – a trasmetterci la passione per le moto. Ci portava al Motogiro e alle corse di Gran Fondo che si disputavano quando noi eravamo piccoli. Così, appena ho potuto, mi sono comprato una moto. La mia prima Ducati è stata proprio la 350 Desmo che fa parte di questa collezione. Come si può vedere dalla targhetta che porta sul lato destro, è stata tra le prime 500 moto, la 467esima per l’esattezza, ad essere iscritta al Registro Storico della Federazione. Poi, la passione per Ducati è progredita, così ho acquistato anche la 450 e, infine, la 250, che ha completato la collezione. Non è stato facile averle tutte e tre, perché man mano che gli anni passavano questi esemplari diventavano sempre più difficili da reperire. Infatti, la 250 sono stato costretto ad acquistarla incompleta. Mancava addirittura il motore, ma in ben due anni di restauro sono riuscito a mettere insieme tutto il necessario.“
Fino al 1972, i mono Desmo uscivano dalla fabbrica Ducati con la caratteristica colorazione argento, mentre nel 1973 fu introdotta la variante giallo ocra, anche se i modelli di quell’anno impiegavano ancora il freno a tamburo anteriore.
Gli esemplari dei fratelli Sacchetti appartengono infatti all’ultima serie, datata 1974 e caratterizzata dalla presenza del freno anteriore a disco.
“Posso dire che si tratta di gran belle moto, – prosegue Renzo – specie per quanto riguarda le versioni da 350 e 450 cc. Tutt’ora, questi mezzi hanno delle prestazioni entusiasmanti, che permettono di togliersi grosse soddisfazioni su strada. Per contro, richiedono una manutenzione accurata, altrimenti non esprimono appieno il loro potenziale.“
Sacchetti si riferisce al fatto che se non vengono rispettati certi canoni di messa a punto, i monocilindrici Ducati possono creare non pochi problemi.
Tuttavia, specifica anche che, prestando attenzione a poche regole fondamentali, se ne riceve in cambio un mezzo sempre in perfetta efficienza.
“L’importante è effettuare la messa in fase con gli strumenti adatti, utilizzare un olio di ottima qualità e stare molto attenti alla carburazione. – spiega Renzo, al quale fa eco il fratello Franco – Chi lavora sui motori Ducati da tanto tempo, come faceva il grande Nepoti, sa esattamente quello che deve fare. Certe volte, gli portavamo un motore in pezzi dentro una cassa di legno, lui ce lo rendeva assemblato, lo montavamo sulla moto e al primo colpo partiva. Non è vero che i mono Ducati sono fragili, basta sapere come trattarli!“
I Sacchetti pongono l’accento anche sul cattivo assemblaggio dovuto alla manodopera scarsamente specializzata, nel periodo in cui venivano prodotti questi modelli, come principale motivo alla base della loro cattiva reputazione in termini di affidabilità.
In particolar modo, pare che gli alberi motore fossero pessimamente equilibrati, il che dava luogo a fastidiose vibrazioni e a conseguenti rotture meccaniche, mentre una volta fatte le dovute correzioni il motore gira libero che è un piacere.
Per darci dimostrazione di ciò, Renzo prende il 350 e, con poche pedalate di avviamento, fa partire il suo monocilindrico, dal cui scarico esce una tonalità piena e grintosa, ma al tempo stesso assolutamente incompatibile con la circolazione sulle normali strade aperte al traffico.
Renzo sorride, spegne la moto e dice: “In effetti è un po’ rumorosa, ma a me piace così e poi i vigili di questa zona mi conoscono e chiudono un occhio!“
Che ci crediate o no, il più giovane dei fratelli Sacchetti usa la moto tutti i giorni, perché lo mantiene giovane e lo fa sentire bene.
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