La storia di Pedrini e del suo sidecar

La storia di Pedrini e del suo sidecar

La passione per la meccanica e per i sidecar di Roberto Pedrini, tra fughe dai Carabinieri e incursioni nel reparto corse della Ducati.

Enrico Pedrini, tecnico di grande inventiva che ha sempre progettato moto e motori all’avanguardia, ha lavorato con ottimi risultati, oltre che in Ducati, alla MM di Bologna, all’Innocenti e alla Morini. In Ducati, dal 1943, Enrico Pedrini ha operato con Mario Recchia affinando il Cucciolo.

enrico-pedrini-125
Enrico Pedrini su una moto di 125 cc da lui elaborata. 

Prima dell’avvento dell’Ingegner Taglioni aveva realizzato una 125 e un motore di 175 cc dalla struttura e dal rendimento molto interessanti. Lasciata la Ducati passò alla Innocenti dove, già negli anni ’50, ha progettato e realizzato il primo pistone in ceramica, soluzione provata dai giapponesi della Honda solo dieci anni dopo. Come detto, Pedrini, nel periodo in cui ha lavorato in Ducati, ha realizzato un 125 all’avanguardia con sospensione posteriore abbastanza complicata, ma molto valida nei risultati: aveva anche il serbatoio portante e il sedile a sbalzo fissato al serbatoio, soluzioni all’avanguardia e quasi impensabili in quegli anni.

Il 125 Pedrini non ebbe il successo che meritava perché nello stesso periodo in Ducati si stavano concentrando energie e risorse economiche sul progetto Cruiser su cui si puntava tantissimo, ma che si rivelò invece un fiasco totale.
Il 125 di Pedrini percorse invece moltissimi chilometri senza mostrare alcun problema, testato in ogni condizione da un collaudatore super affidabile ed esperto come Recchia, che aveva già portato a compimento il rodaggio del Cucciolo.

Il 125 presentava molte soluzioni derivate dalla progettazione aeronautica perché Pedrini era stato dipendente SASIB, nota ditta bolognese che revisionava anche motori da aereo ed era rimasto colpito da alcune soluzioni abituali in tale campo.

Pedrini aveva un’esperienza a largo raggio avendo lavorato anche alla bolognese Weber nel reparto carburatori da competizione che erano progettati e realizzati per Fiat e Ducati.

Una delle creazioni di questo geniale tecnico, la 125 dotata di un telaio avveniristico. 

LA FAMIGLIA

La famiglia Pedrini è tra le più note ed affermate del panorama motociclistico bolognese avendo partecipato attivamente alla progettazione e costruzione di moto portate poi in gara: oltre al padre Enrico, anche i due figli Giorgio e Roberto si sono subito appassionati alla meccanica motociclistica.

Il più affermato a livello agonistico è stato Roberto (nato a Bologna l’11 febbraio 1942) che vanta una lunga carriera, dal 1970 al 1986, nei sidecar, con tre titoli italiani negli anni ’70 e decine di vittorie e piazzamenti da podio.

Oltre che per il gruppo sportivo dei Vigili del Fuoco di Bologna (sul suo sidecar per questo motivo campeggiava il numero 115) gareggiava per i colori del Moto Club Ruggeri di Bologna.

Roberto si è avvicinato da bambino alle corse seguendo il fratello Giorgio che ha corso la Milano-Taranto e il Motogiro del 1955 con una Ducati 125.

La meccanica era ovviamente l’argomento numero uno in casa Pedrini dove spesso si poteva incrociare anche un giovanissimo Taglioni, fresco di laurea in ingegneria. Dopo aver ottenuto alle Aldini Valeriani il diploma di disegnatore meccanico, Roberto si era impiegato come grafico pubblicitario, professione che ha svolto per alcuni anni come dipendente e in proprio, fino al passaggio nel corpo dei Vigili del Fuoco di Bologna in cui è rimasto per ben 35 anni.

La passione per i sidecar gli è venuta naturale, visti i precedenti di famiglia, e ha iniziato così a gareggiare nel 1968 come passeggero; il salto a pilota l’ha fatto solo nel 1970 dopo essersi costruito un proprio telaio su cui aveva montato un motore Saturno.

La coppia Pedrini-Mignani impegnati in una cronoscalata con sidecar motorizzato Ducati.

L’anno seguente ha impiegato un motore OMB fatto dal padre con pezzi rottamati trovati tra il materiale bellico dismesso.

Il salto di qualità è stato fatto nel 1972, dopo aver ottenuto dall’ingegner Taglioni il muletto usato da Paul Smart nella 200 Miglia di Imola.

Nel 1972 è giunto primo a Vallelunga e nella Coppa Terme di Combassi, gara in salita, con tanti altri ottimi risultati in gare simili.

Sempre con quel motore, e in seguito anche con propulsori Yamaha, ha scalato il vertice del campionato italiano e ha ottenuto anche un terzo posto a Zeltweg nel mondiale 1973, nella categoria 750 cc.

Altri piazzamenti di rilievo colti nel 1973 sono il primo posto alla Vergato-Cerelio e il settimo posto a Imola nella Coppa d’Oro Shell.

Nel 1974 si è aggiudicato la Certaldo-Gambassi e la Limonino-Valle Benedetta ed è giunto terzo nella Isola del Liri-Arpino.

E’ stato campione italiano 1975 e 1979 di velocità in circuito e 1978 in salita. Vanta inoltre tre secondi posti e due terzi posti nella classifica finale tricolore e un terzo posto nel campionato europeo 1975. Ha disputato 132 gare in cui ha ottenuto 21 vittorie e 29 secondi posti in prove di velocità e scalate. Nel suo palmares anche la medaglia di bronzo al valore atletico.

IL SIDECAR DA COMPETIZIONE

Dai primi progetti a oggi, Roberto Pedrini ha costruito tre tipi di sidecar migliorando costantemente prestazioni del telaio e del motore.

Il primo modello era basato su un telaio realizzato in casa e provato in cortile e sulle strade vicine, oltre che nella caserma Stadio dei Vigili del Fuoco.

Per mettere a punto il sidecar in caserma non solo si lavorava in officina, ma si facevano anche test su pista volando a tutto gas sul tratto asfaltato che corre intorno allo stadio Dall’Ara, dove allora era ospitata la caserma dei Vigili del Fuoco: le prove erano molto frequenti e non ci si limitava ai giorni feriali.

Una domenica mattina, per vedere come reagiva il sidecar ad alcune modifiche, Pedrini decise di scendere in pista senza pensare che i Carabinieri, in vista della partita che sarebbe iniziata nel primo pomeriggio, si stavano già posizionando all’interno del complesso.

Pedrini-Mignani in piena azione durante il sorpasso di Altoè, il numero uno del sidecar in Italia.

Messo in moto e scaldato a dovere il motore, partì lanciato dal garage della caserma, dove il sidecar era abitualmente parcheggiato, e subito si trovò a sfrecciare tra due ali di Carabinieri terrorizzati che non sapevano dove ripararsi.

L’ufficiale che comandava il gruppo iniziò a urlare ordinando ai suoi uomini di inseguire il sidecar e di arrestare il pilota, chiedendo anche l’aiuto della Polizia Municipale per chiudere ogni via di fuga.

Ogni suo sforzo però risultò vano perché Pedrini, come aveva già fatto in altre occasioni, infilò a tutto gas il tunnel del lavaggio camion, spense il motore, fece chiudere subito i portoni e si tolse la tuta. Poi, insieme a alcuni colleghi, raggiunse trafelato l’ufficiale dei Carabinieri e chiese cosa stava accadendo e come poteva essergli di aiuto.

I pompieri aggiunsero che purtroppo non avevano visto nulla perché si trovavano all’interno della caserma e probabilmente il “pazzo” col sidecar era riuscito a uscire in strada e a far perdere le tracce. I Carabinieri proseguirono le indagini, ma anche gli ufficiali dei Vigili del Fuoco che erano in servizio confermarono la versione di Pedrini e il caso non ebbe seguito.

Il primo motore utilizzato sul sidecar aveva una potenza limitata e questo era un handicap insormontabile viste la risorse finanziarie a disposizione: il problema fu risolto grazie al padre che era dipendente Ducati (a stretto contatto con l’ingegner Taglioni), ma soprattutto al comandante provinciale dei Vigili del Fuoco, l’ingegner Miggiano.

Il Comandante Miggiano aveva molte conoscenze a Borgo Panigale perché la Ducati stava realizzando un impianto per la produzione di energia che andava testato e approvato dai Vigili del Fuoco.

Miggiano aveva avuto la promessa che un motore già usato sarebbe stato dato in uso per il sidecar a Roberto Pedrini e con queste credenziali Roberto fu inviato al reparto corse Ducati alla ricerca di un propulsore adatto. Franco Farnè, che custodiva con grande cura i motori già usati e testati, gli voleva consegnare un motore di 450 cc, normalmente montato sugli Scrambler, ma un propulsore di quella cilindrata non aveva senso perché erogava una potenza molto limitata così Pedrini, pur ringraziando, non lo ritirò.

Riferì tutto all’ingegner Miggiano che subito si adoperò perché gli fosse affidato un motore molto più potente.

Pedrini fu inviato di nuovo in Ducati, Farnè nicchiava, ma proprio mentre Roberto stava spiegando le sue esigenze entrò nel reparto l’ingegner Taglioni che non ebbe esitazioni.

Conoscendo la vicenda, ed essendo tecnico di grande livello nel settore agonistico, disse a Farnè di consegnare a Pedrini uno dei 750 cc che Paul Smart aveva usato come muletto durante le prove della 200 Miglia di Imola; proprio grazie a quel propulsore la Ducati aveva vinto la gara.

Taglioni era in rapporti di grande amicizia col padre di Pedrini perché già da studente di ingegneria meccanica frequentava casa Pedrini e analizzava col padre Enrico i tanti progetti che aveva in testa (compreso il desmodromico) che realizzò poi in Mondial e Ducati.

Ottenuto quello che desiderava, Roberto Pedrini rientrò soddisfatto in caserma e montò il propulsore sul sidecar che aveva costruito con l’aiuto di alcuni colleghi.

Per il telaio una mano decisiva gliel’aveva data Gaetano Quarantotto, che poteva vantare un’esperienza “mirata” al problema, avendo lavorato nella prestigiosa officina di “Zrisa” (Ciliegia), il più affermato battilastra di Bologna, un vero artista che sapeva dare forma e vita a ogni pezzo di lamiera.

Quarantotto fu basilare anche per l’impianto elettrico, essendo perito elettrotecnico e futuro progettista e realizzatore del sistema di comunicazione (tra comandi e mezzi in movimento) dei Vigili del Fuoco in tutta la regione.

La prima versione del sidecar, che montava gomme Dunlop Racing piatte da 16″, fu impiegata con ottimi risultati dal 1972 al 1975 e consentì a Pedrini di vincere il campionato italiano in pista oltre a numerose cronoscalate.

La seconda versione del sidecar non era più spinta dal 750 cc ex 200 Miglia, ma da un 650 sviluppato da Nepoti della NCR che assicurava ancora più potenza.

Il telaio era stato fatto alla caserma Stadio come il precedente: presentava una frizione a secco studiata in NCR e montava ruote Avon da 13″, appositamente realizzate per i sidecar.

Sulla carena svettava il numero 1 grazie al titolo conquistato l’anno precedente, ma purtroppo il bis non riuscì perché in quel periodo tra i sidecar dettava legge il Suzuki 2 tempi a 3 cilindri. Pedrini riuscì comunque ad aggiudicarsi alcune gare e a chiudere tra i primi nel campionato tricolore.

Nuova versione del sidecar motorizzato Ducati dopo la conquista del titolo italiano (per questo aveva il numero uno).

La terza e ultima versione del sidecar aveva come sempre un telaio costruito da Pedrini, ma montava un 900 cc portato a 1000 cc. Era un motore che in NCR era rimasto inutilizzato, ma che era stato comunque sviluppato al meglio da Rino Caracchi, punto di riferimento della scuderia dopo la morte di Giorgio Nepoti.

Abbandonate le gare e andato in pensione, Pedrini ha continuato a costruire sidecar che ha ceduto ad altri appassionati. Dei circa 50 che attualmente scendono in pista nelle gare storiche quasi la metà portano la sua firma e lui ha ripreso a gareggiare per divertimento, sempre insieme ad Alessandro Mignani, ex fotografo e Vigile del Fuoco (ha lavorato nel centro di documentazione dei Pompieri di Bologna), storico compagno di avventure motociclistiche.

Il duo partecipa ancora attivamente alle rievocazioni storiche e alle gare d’epoca con il loro sidecar numero 115, ovviamente scelto in onore dei Vigili del Fuoco. Sul lato della carenatura, è presente anche il palmarès di questa invidiabile coppia: ben tre titoli italiani conquistati nel 1975, 1978 e 1979.

E’ singolare il modo in cui Mignani diventò il passeggero di Pedrini: prima di iniziare a gareggiare, oltre a svolgere la professione di Vigile del Fuoco, era appassionato di fotografia. Anche come fotografo era molto dotato tanto da far parte del gruppo di Walter Breveglieri.

Un giorno in cui si era recato in circuito per seguire una gara di Pedrini stava fotografando il sidecar quando Pedrini seppe che il suo passeggero non sarebbe arrivato e quindi non avrebbe potuto partecipare alla competizione.

Pedrini, conoscendo la preparazione fisica del collega vigile del fuoco, non ebbe esitazioni e gli propose subito di salire in moto per correre.

Mignani non ci pensò un secondo e da quel momento la coppia non si è più sciolta ottenendo risultati molto prestigiosi in Italia e all’estero.

Oggi gareggiano su un telaio che Pedrini ha costruito in garage, grazie anche all’aiuto di un coinquilino esperto nel sagomare tubi in acciaio. Il motore utilizzato è un 650 trovato in un mercatino di pezzi usati, sapientemente revisionato e potenziato.

La coppia Pedrini-Mignani non si fa sfuggire le competizioni storiche e Mignani, per restare in tema, usa ancora la vecchia tuta che ormai indossa da 45 anni!

Ecco l’ultima versione del sidecar costruito da Pedrini con cui gareggia insieme al fedelissimo Mignani nelle gare storiche. In questa foto, è privo di sovrastrutture e si può quindi ammirare il motore Ducati di cui ora è dotato.

Lascia un commento