I tre insegnanti protagonisti di questo articolo lavorano in una scuola famosa nel mondo della moda e sono uniti dalla stessa passione: la Ducati.
Il Signor Miyahara è il veterano del gruppo. Prima di diventare insegnante lavorava in una ditta che produceva scarpe e oggi insegna come disegnare le calzature. A 17 anni ha preso la patente per la moto (fino a 400 cc) e ha iniziato con il fuoristrada. Da allora ha posseduto numerose moto giapponesi; poi, ha preso una cotta per la Harley-Davidson.
Quando è nata la sua prima figlia, invece, per un periodo ha abbandonato la moto. Tuttavia, non riusciva a dimenticare l’immagine di una Ducati TT F1 Racer che coraggiosamente correva la Otto ore di Suzuka nel 1986. Così, quando gli è capitata un’occasione, l’ha colta subito.
Nel 2004 ha acquistato una Ducati MHR: ha comprato un modello che era fermo da parecchi anni e lentamente l’ha rimesso a nuovo. “Mia figlia ha ormai 10 anni, non gioca più con me”, sorride Miyahara, ma si vede che la sua famiglia accetta tranquillamente la sua passione.
Katsuichi Miyahara: MHR 900
Nel 2004 Miyahara ha acquistato una MHR ferma da parecchi anni, l’ha rimessa a nuovo da solo e, adesso, meccanicamente è perfetta. La sua capacità di aggiustare il motore è notevole: prima della MHR, ha trasformato una 250 giapponese rendendola simile a una cafe racer. La vernice è originale e in buone condizioni: “Rispetto alla prima serie, l’esemplare che possiedo ha una vernice caratterizzata da un’ottima resistenza”.
Per aumentare l’affidabilità della sua moto, Miyahara non ha esitato a usare l’elettronica giapponese. Il motorino di avviamento è stato sostituito con uno di potenza maggiore e anche i fusibili sono giapponesi. E’ stato tolto il fianchetto laterale, perché così si può collegare al carburatore un filtro dell’aria di tipo sportivo. Lo scarico è un classico Conti: Miyahara assicura che il suo sound è coinvolgente. Il parafango anteriore è in vetroresina.
Gli indicatori di direzione, sia anteriori che posteriori, provengono da altre moto, perché quelli originali erano tutti corrosi. I pneumatici da 18 pollici offrono un’ottima stabilità alla moto. Miyahara ha conosciuto tramite internet altre persone che condividono la sua stessa passione per la Ducati: spesso si riuniscono e si scambiano opinioni. Nonostante che la MHR sia una moto storica, Miyahara la utilizza ogni giorno.
Il Signor Suzuki, che nel settore della moda insegna design, è il principiante fra i tre: la sua carriera di motociclista è iniziata, infatti, soltanto 6 anni fa.
Desiderava avere una moto fin da quando era ancora studente universitario, ma ha preso la patente soltanto dopo il matrimonio. Sua moglie guidava una Honda e così si è accesa nuovamente la passione. La prima moto di Suzuki è stata una Honda CB 750, customizzata al massimo; però, anche lui come tanti altri giapponesi, adorava lo stile italiano… così, quando ha sentito dal Signor Hanada la frase: “Questo modello andrà in pensione”, ha deciso di comprare una delle belve più cattive, la 749 R del 2004.
Norimichi Suzuki: 749 R
Per competere contro le moto giapponesi a 4 cilindri di 600 cc, la Ducati ha creato la 749 R, una delle sue moto stradali più estreme. I suoi componenti hanno l’unico scopo di renderla più competitiva nella guida in pista.
Il modello del Signor Suzuki è del 2004: lo ha acquistato a un prezzo davvero allettante, perché era rimasto invenduto presso una concessionaria. Sapeva che si trattava di una moto impegnativa per andarci in ufficio tutti i giorni.
Tuttavia, Suzuki non si è scoraggiato, anzi… “All’inizio non volevo usarla tutti i giorni, in quanto mi richiedeva troppa concentrazione, ma poi ho trovato il giusto feeling”. Suzuki ha inoltre cambiato il rapporto finale per migliorare l’accelerazione da fermo. “Prima di acquistarla, andavo spesso con gli amici e in gruppo, ora invece vado da solo”.
Sua moglie guida una Harley-Davidson e spesso fa un giro in moto insieme a lui, senza però scambiarsi mai i mezzi.
Per quanto riguarda le prestazioni della sua 749 R, il Signor Suzuki non ha nulla di cui lamentarsi. Ha cambiato i manubri con altri della STM e il parafango è in carbonio.
Suzuki è molto soddisfatto della sua moto, nonostante l’arrivo della nuova 1098 abbia di colpo “invecchiato” i modelli precedenti: “Mi rendo conto che, a livello di design, la 1098 ha fatto segnare un notevole passo avanti, ma io sono veramente appagato dall’estetica della 749 R. Tutti ne criticano il design, ma per me anche la parte anteriore risulta gradevole”.
Il suo amico e complice è stato, dunque, Hanada, che possiede una Paul Smart customizzata.
Insegna tecnica del disegno: tanti suoi studenti sono diventati dei professionisti grazie alle sue lezioni. Hanada, da ragazzino, ammirava Kenny Roberts, detto King Kenny. La sua carriera di motociclista è cominciata quando ha iniziato a lavorare. La prima volta che ha visto una MHR, comunque, era al liceo: faceva parte di un gruppo musicale rock e la cantante guidava proprio questa moto.
Anche se non lo diceva apertamente, Hanada adorava la MHR. Da allora ha sempre sognato di avere una Ducati, anche se la prima moto che ha posseduto è stata una Honda NS 250 R. Tuttavia, dopo aver visto una foto della Paul Smart, ha deciso di acquistarla: oggi, Hanada trascorre i suoi fine settimana sempre in sella alla sua Ducati.
Hiromoto Hanada: Paul Smart 1000 Limited Edition
Hanada ha una Paul Smart parzialmente modificata. Essa imita il prototipo che è stato presentato al Salone di Tokyo. La sua livrea e il colore della vernice ricordano la Ducati che partecipò alla 200 Miglia di Imola nel 1972.
La sua filosofia di elaborazione è quella di utilizzare il più possibile il metallo, anziché la plastica; infatti, il coperchio della frizione e quello delle cinghie di distribuzione, che di serie sono di materiale plastico, sono stati sostituiti con altri in alluminio. La moto assomiglia a una cafe racer degli anni Settanta. Hanada adesso vuole cambiarne anche la colorazione: “Vorrei che avesse un colore argento che brilla come il mio casco”.
Il retrotreno è stato abbassato per comodità e sicurezza, visto che Hanada non riusciva a toccare terra con i piedi quando era fermo al semaforo. Insieme agli altri insegnanti, Hanada va spesso in giro a godersi le curve. Con questa Ducati si diverte sempre: quando la guida e anche quando l’ammira in garage!
Quello per la Paul Smart è, da parte di Hanada, un attaccamento fuori dal comune.
I tre insegnanti sono, ovviamente, molto attenti all’abbigliamento quando salgono in moto. Il loro motto è “il vestito non deve adattarsi alla moto, ma deve essere in perfetta sintonia con te stesso”.
Hanada è forse uno dei pochi possessori della Paul Smart che si veste da duro. Sulla sua giacca di pelle è scritta una delle celebri frasi di Bruce Lee: “Don’t think, feel it!”. La giacca e i pantaloni sono unici al mondo, perché un suo caro amico li ha fatti appositamente per lui. Il casco è color oro e gli occhiali da sole sono “da aviatore” con le aste rivestite in pelle. Quando deve percorrere molti chilometri, Hanada sceglie senza nessuna esitazione questo stile che, secondo lui, si adatta veramente bene con la Paul Smart: “Questo è il mio modo di vestire: quando scendo dalla mia moto, posso andare direttamente anche al ristorante italiano; ci vuole questo spirito”.
Invece, Miyahara è l’opposto: “Mi piace vestirmi leggero, come se guidassi uno scooter. Quando guido la mia Ducati tutti rimangono a bocca aperta, come se dicessero: ma è possibile?”.
A parte il vestito, anche i piccoli accessori non hanno nessuna scritta che ricorda la Ducati… “Quando scendo dalla moto posso camminare tranquillamente; certo, quando faccio un bel giro indosso anche una bella giacca”.
La 749 R di Suzuki è, fra le moto dei tre protagonisti, la più corsaiola. L’insegnante ci spiega: “Preferisco un abbigliamento più classico e serio anche se, ovviamente, non è comodo in città… forse perché disegno spesso completi da uomo”.
Suzuki sogna di disegnare, un giorno, un completo che sia in perfetta sintonia con la Ducati… “Sarà un abito sportivo e funzionale, ma allo stesso tempo anche elegante”.
Per gentile concessione di Ducati Magazine
traduzione di Noriki Aizawa