L’operazione era nata così, senza procuratori, contratti o postille. Mike Hailwood aveva voglia di ritornare a gareggiare sulle strade dell’Isola di Man. Trentotto anni, da undici assente al Tourist Trophy, il campione inglese riconobbe nella Ducati 900 il mezzo migliore per tornare a cimentarsi con le due ruote sul Mountain Circuit.
Quello che avvenne a Silverstone, nel 1977, durante una gara di Formula 1 motociclistica, ebbe dello straordinario: Mike the Bike, ospite degli organizzatori, salito quasi per scherzo sulla Ducati da ferma, impugnati i mezzi manubri, decise che con quella moto sarebbe potuto tornare.
La moto, dall’impostazione tutt’altro che estrema, lo aveva convinto: con quella, la sua gamba destra, offesa nell’incidente in auto al Nurburgring nel 1974, non gli avrebbe dato problemi. Mike ne era certo.
L’operazione ebbe inizio da una stretta di mano tra lui e Steve Wynne, titolare della Sports Motorcycles, squadra che quel giorno schierava Roger Nicholls, e distributore, in Inghilterra, di Norton, Triumph, BMW e Suzuki, oltre che Moto Guzzi e Ducati.
Furono ordinate tre moto, così come uscivano dalla NCR, una per Mike, una per Nicholls e un’altra per un collezionista amico del campionissimo inglese. La moto di Hailwood fu preparata spostando per prima cosa il cambio a sinistra, così da averlo dalla parte della gamba “buona”.
Furono montati dei pistoni maggiorati da 87 mm, di produzione americana, in luogo dei Borgo da 86, e fu maggiorato il diametro delle valvole, passando da 39 a 43 mm all’aspirazione e da 36 a 39 mm allo scarico.
Gli ammortizzatori Marzocchi dovettero cedere il passo ai Girling e la Hewland Gears fornì una serie di rapporti ravvicinati per il cambio. Venne adottato poi il sistema di accensione elettronica Lucas “RITA”.
Le moto, dipinte di rosso e verde separati da una sottile striscia bianca, piacquero allo sponsor e non dispiacquero affatto a chi vi volle vedere i colori italiani, omaggio alla nazionalità della moto.
Steve Wynne e la sua squadra provarono e riprovarono la moto, caricandola di lavoro e chilometri, tanto da indurre la Ducati a inviare i tecnici Farné e Pedretti con un motore nuovo per la gara. Quanti avrebbero scommesso su Mike? “Eravamo tutti dubbiosi – ci racconta Giacomo Agostini, in quel periodo passato alle quattro ruote, ma attento osservatore delle gare di moto e del TT – per il fatto che stava per partecipare a una gara così importante e impegnativa alla sua età.“
Mike e la Ducati contro Phil Read su Honda. Tom Herron e John Williams, anche loro su Honda, la Kawasaki di Ian Richards, la Triumph di Alex George, la Suzuki di Charles Mortimer e Helmut Dahne su BMW erano lì pronti a sfruttare la minima incertezza dei due contendenti principali.
Ma quel sabato 3 giugno 1978 non ci fu storia: Mike the Bike e la Ducati volarono imperiosi sulle strade di Man, mandando in visibilio il pubblico e coloro che, scommettendo su quello che alla vigilia era poco più di un sogno, avevano vinto. In due giri Mike raggiunse Phil, recuperando i cinquanta secondi che avevano diviso lo start dei due fuoriclasse inglesi, inducendolo a tirare il collo oltre misura al motore della sua Honda, che si ruppe.
L’ultimo giro fu una splendida, velocissima, passerella per Hailwood e la sua moto bianca, rossa e verde. La Ducati era, per la prima volta nella sua storia, Campione del Mondo, essendo la gara prova unica del Campionato Mondiale TT Formula 1.
Read e la Honda furono battuti e, una settimana dopo, sul circuito di Mallory Park, persero anche la rivincita.
“Il Tourist Trophy è una corsa particolare, – continua Agostini nella valutazione dell’impresa di Mike – e lui conosceva bene questo circuito: ha vinto soprattutto per questo, cioè per la conoscenza di questo tracciato. Il TT non è facile da imparare. Sessantaquattro chilometri: ci volevano anni per imparare a girare lì; noi eravamo dubbiosi, è vero, ma lui certamente sapeva che in un circuito come quello è più importante la conoscenza dell’irruenza. Guarda anche adesso: vince gente di una certa età, non vince il ragazzino spericolato di vent’anni…“
Hailwood partecipò, con la stessa moto, anche l’anno successivo, non andando oltre il quinto posto per problemi al cambio, consolandosi con la vittoria del Senior TT in sella alla Suzuki RG 500.
Le imprese di Mike the Bike
L’impresa di Mike del 1978 rappresentò il ritorno del pilota inglese sotto la bandiera della Casa di Borgo Panigale: Stan Hailwood, ricco commerciante inglese di motociclette, aveva scelto la Ducati per svezzare suo figlio, nell’avvenire del quale confidava ciecamente. Fu così che Mike, dapprima considerato il ricco rampollo di un padre disposto a sborsare qualsiasi cifra pur di vederlo realizzato, intraprese la carriera di pilota vincente. Nel 1958, la Ducati sfiorò il Mondiale 125 con Gandossi e Mike, impegnato in Inghilterra nella stessa cilindrata, vinse due volte a Snetterton e a Crystal Palace, oltre che a Silverstone.
SBK a Jerez: avanti tutta!
A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.
Stanley Hailwood: il padre ingombrante di Mike the Bike
Sir Stanley Hailwood, padre di Mike the Bike, che anche grazie alla passione del padre per gli sport motociclistici è diventato poi una leggenda, era un uomo a cui non si poteva dire di no.
Nel Mondiale con la Ducati 125, nel 1959, si classificò terzo nella prova inaugurale al Tourist Trophy, ripeté l’impresa a Hockenheim e ad Assen, fu quarto in Svezia e vinse finalmente nel GP dell’Ulster. In classifica finale arrivò terzo, dietro le MV di Ubbiali e Provini.
In patria si poté fregiare del titolo nazionale, tagliando per primo il traguardo con la sua Ducati in diciassette gare.
Nel Mondiale del 1960, in 250, alternò la Mondial alla Ducati che, si narra, fosse stata appositamente commissionata per lui dal padre Stan, e con la quale fu quarto in Belgio e in Ulster, arrivando quinto in classifica finale.
In quello stesso anno, si confermò campione nazionale della 125 e della 250 con la Ducati, imponendosi in 27 gare complessivamente. Un giorno, circa vent’anni dopo la sua vittoria al TT del 1978, parlando con Franco Farné dei piloti che il tecnico si era trovato ad assistere, ci disse: “Lo vedi quello? Quello lì era il migliore…” indicando una foto appesa alla parete del tinello. Dalla foto, un alto signore elegantemente calvo, a cavalcioni di una moto verniciata di rosso e di verde separati da una sottile striscia bianca, sorrideva sotto i suoi baffoni anni Settanta… era Mike the Bike, il primo Campione del Mondo con la Ducati: settantasei GP vinti complessivamente, tre volte iridato nella 250, due nella 350 e quattro nella 500.
Una carriera importante anche con le auto. Vincitore dell’europeo Formula 2 nel 1972; nel 1973, a Kyalami, non esita a buttarsi fra le fiamme che avvolgono la BRM di Regazzoni per slacciargli le cinture e salvarlo.
Morirà nel 1981 in un incidente stradale, assieme alla figlia Michelle.
Agostini, quando pensa a Mike, lo ricorda così: “Di solito, tra colleghi non c’è mai un grande amore e nemmeno con lui c’era. Però, c’era un grande rispetto e io avevo riconosciuto che lui era uno grande, uno che in moto ci sapeva fare. Quando penso a lui mi viene in mente tanto affetto e tanta simpatia, più che per gli altri, perché è stato il mio primo grande avversario, perché all’inizio della mia carriera quello da battere era lui, cosa per altro molto difficile… è stato il mio primo incontro con un grande: ecco cosa penso quando mi viene in mente Mike!“.
Mike the Bike, Mike la Moto, così attratto dalle due ruote da non esitare a saltare su un prototipo di Moto Guzzi V7 Sport per fare un giro, con i mocassini e i pantaloni di gabardine…