Monster 1100 special by Math Moto

Monster 1100 special by Math Moto

Da Math Moto un Monster 1100 estremo, con tanto di forcella pressurizzata, freni Superbike, cerchi in carbonio e forcellone in magnesio.

Certe volte una special nasce per promuovere l’attività di un preparatore o di un’azienda specializzata. Altre viene invece allestita per partecipare al contest di turno, sempre più in voga ultimamente, dove viene eletta la moto più bella. Poi, c’è chi invece ha ancora voglia di fare una special per il semplice gusto di vederle prendere forma come piace a lui ed è il caso di questo Monster 1100.

Pur essendo figlio di un progetto che aveva come obiettivo quello di compattare e alleggerire la vecchia versione, il nuovo Monster è stato ulteriormente “spinto” in questa direzione.

Marco Corazzesi e Thierry Pellegrini, della Math Moto di Castellanza, in provincia di Varese, si sono posti il problema di come rendere più evidenti queste qualità in un modello che ha già ottime credenziali.

Per farlo si sono rivolti a chi, in fatto di hardware, aveva la possibilità di aiutarli al meglio. E’ così che nel progetto è stato coinvolto Dino Cappa, titolare della Ram. Dino ha fornito una coppia di cerchi in fibra di carbonio della BST e ha sviluppato un forcellone monobraccio in magnesio specifico per la moto in questione.

forcellone magnesio
Impossibile non notare su questo Monster la presenza del forcellone monobraccio in magnesio prodotto dalla Ram, così come quella dell’impianto di scarico semiartigianale che termina sotto al codone con due piccoli silenziatori “slash cut”.

L’idea era quella di estremizzare il concetto originale – spiega Corazzesi – e siccome tra le colorazioni della gamma attuale quella argento con telaio rosso ci piaceva più di tutte, abbiamo innanzitutto pensato a come realizzare qualcosa di diverso senza ricorrere alla solita verniciatura.

La soluzione è stata brillantemente trovata grazie a un kit di sovrastrutture in alutex (una sorta di fibra di carbonio “alluminizzata”), che comprende le cover per il serbatoio, il piccolo cupolino e il coprisella, e a una speciale vernice (in pratica, la stessa tonalità di rosso della Desmosedici RR con l’aggiunta di una texture metallizzata) che copre il telaio e la mascherina del gruppo ottico anteriore, creando un effetto davvero bello ed esclusivo.

Volevamo esaltare il più possibile il traliccio, – prosegue Marco – che in questa applicazione trovo sia particolarmente bello. Allo stesso modo, però, proseguendo idealmente la sua linea, si trova la cornice del faro, che di serie non viene valorizzata, essendo verniciata di grigio. In questo modo, invece, oltre a creare una sorta di continuità all’interno della livrea, si dà anche risalto a un componente che, dal punto di vista progettuale, rappresenta a mio avviso un piccolo capolavoro!

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A sx: le sovrastrutture sono in alutex, una speciale fibra composita color alluminio. A dx: il bicilindrico Ducati a due valvole equipaggiato con frizione antisaltellamento.

Diverso il discorso per la forcella, una Mupo pressurizzata con steli da 46 mm di diametro completamente regolabile. Inizialmente, doveva essere montata su un’altra moto, ma purtroppo, essendo rimasta “orfana”, Marco e Thierry hanno deciso di montarla sul Monster. Per farlo ci sono volute delle piastre di sterzo su misura in ergal ricavato dal pieno, l’inferiore delle quali volutamente sovradimensionata per apparire in tutta la sua possanza e conferire grande solidità all’avantreno.

Certamente oltre le reali necessità del mezzo è l’impianto frenante anteriore, in pratica equivalente a quello di una vera Superbike, con dischi da 320 mm a pista bassa, pinze ad attacco radiale ricavate dal pieno con quattro pistoncini e quattro pastiglie e una pompa al manubrio 19×16 di tipo radiale (analoga a quella della frizione da 16×16 e dotata addirittura di regolazione remota, come sulle moto da corsa), con condotti e raccordi adeguati.

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L’impianto frenante Brembo racing, con dischi a pista bassa da 320 mm e pinze ricavate dal pieno ad attacco radiale, e la forcella Mupo pressurizzata.

Tornando ai cerchi, la scelta di montare i BST in fibra di carbonio deriva dalla volontà di non lasciare ulteriori margini di miglioramento su tale fronte. Le unità in questione, a sette razze radiali, hanno un canale da 3,50″ davanti e 6,00″ dietro e montano rispettivamente pneumatici da 120/70-17″ e 180/55-17″.

Se parliamo di peso, – dice il titolare della Ram, Dino Cappa – siamo all’incirca sul 50% in meno rispetto ai cerchi originali. Tuttavia, mi preme sottolineare come, in termini di inerzia rotante, questo valore diminuisce ulteriormente fino al 60% in meno, visto che tale grandezza dipende essenzialmente dalla massa del canale. Il trucco, tra virgolette, sta tutto nel poter realizzare quest’ultimo con un materiale che ha una densità di 1,3, mentre i metalli più leggeri fanno fatica a scendere sotto 1,8.

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L’alleggerimento derivante dalla sostituzione dei cerchi e del forcellone è di alcuni chilogrammi e, trattandosi di masse in rotazione in un caso e non sospese nell’altro, i benefìci in termini di inerzia sono tangibili fin da subito.

Anche l’idea del forcellone monobraccio in magnesio è nata in seguito alla collaborazione con la Ram ed è il primo esemplare di un lotto che verrà presto messo in produzione e commercializzato.

A distinguerlo dall’unità originale, oltre al peso inferiore, c’è anche una maggior lunghezza. Il vantaggio in termini di alleggerimento ammonta a 1,5 Kg (il forcellone Ram pesa 3,5 Kg, contro i 5 di quello di serie), nonostante la struttura in magnesio sia più lunga di 12 mm.

Rispetto al forcellone che abbiamo realizzato per la 1098, sul quale il risparmio di peso dovuto al materiale era stato in parte sacrificato a favore di una maggiore rigidezza strutturale, in questo caso abbiamo voluto sfruttare al massimo i vantaggi relativi all’alleggerimento e, al tempo stesso, migliorare la trazione grazie a un aumento della lunghezza, visto che il Monster 1100 ci veniva comunque descritto come una moto piuttosto facile da impennare. In ogni caso, il forcellone Ram è perfettamente intercambiabile con l’originale e richiede solo l’adozione di una maglia in più alla catena di trasmissione, visto che l’alterazione a livello geometrico non riguarda i punti di attacco del basamento e dell’ammortizzatore, ma si concentra tra quest’ultimo e il perno ruota.

L’ammortizzatore di sterzo è Ducati Performance, regolabile con supporti in ergal; rimanendo in tema di sospensioni, all’appello manca ancora un ammortizzatore Mupo di pari livello della forcella, e specificamente studiato per questo modello. Al suo posto compare per il momento l’Öhlins previsto a corredo dalla versione S.

Per quanto riguarda il motore, il bicilindrico a due valvole con raffreddamento ad aria ha “ricevuto in dono” gli alberi a camme Ducati Performance, una leggera lavorazione dei condotti, una frizione antisaltellamento con attuatore maggiorato, un filtro più permeabile all’aria e una centralina (anch’essa Ducati Performance) che adegua la mappatura dell’iniezione alla presenza del nuovo impianto di scarico.

Questo, del tipo due in uno in due, è composto, per la prima parte, dai collettori Ducati Performance, mentre, dal punto in cui si sdoppia, è opera dello stesso Marco, per poi terminare in due silenziatori in fibra di carbonio posti ai lati del codino.

Chiamarli silenziatori, forse, non è corretto! – scherza Corazzesi, alludendo al fatto che, nonostante la presenza di una sorta di dB-killer artigianale al loro interno, la tonalità risulta davvero fragorosa – In effetti li abbiamo costruiti guardando principalmente al lato estetico, senza preoccuparci più di tanto del rumore che avrebbero fatto! Diciamo che per circolare su strada non sono proprio adatti.

Il Dual Spark di 1078 cc è stato poi equipaggiato con tutte le parti in magnesio presenti all’interno del catalogo Ducati, quindi i coperchi valvole, il carter frizione e quello dell’alternatore, mentre le viti a corredo di questi ultimi sono in titanio.

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Il bellissimo forcellone in magnesio che non altera il cinematismo della sospensione posteriore, essendo perfettamente intercambiabile con l’originale.

Grazie a questi interventi, il peso della moto è sceso fino alla soglia dei 172 Kg con tutti i liquidi e il pieno di carburante (ricordiamo che il serbatoio contiene 15 litri di benzina), per una potenza massima di 97,6 Cv e 10,5 Kgm di coppia a 6700 giri.

Abbiamo avuto la fortuna di provare in pista il Monster di Math Moto, che ci ha colpito per la grande leggerezza complessiva, unita a una sensazione di grande precisione offerta dall’avantreno. Rispetto al modello di serie, l’accoppiata cerchi-forcellone rende la moto maneggevole come una bicicletta ma, per contro, la diversa geometria della ciclistica, sia all’avantreno che al retrotreno, fa sì che anche nella guida al limite non si verifichino mai reazioni indesiderate e questo vale sia in frenata che in accelerazione.

Nel primo caso, infatti, la robusta forcella permette, una volta trovato il setup ottimale, di sfruttare appieno l’enorme potenziale messo a disposizione dall’impianto frenante anteriore (caratterizzato, tra l’altro, da un comando molto aggressivo nella risposta), coadiuvata anche dalla frizione antisaltellamento, che neutralizza quasi del tutto il freno motore del bicilindrico, permettendo alla ruota posteriore di rimanere sempre a contatto con l’asfalto, anche nelle staccate più impegnative.

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La coda corta esalta le forme della gomma posteriore, in grado di assicurare sempre la trazione necessaria in uscita di curva grazie alla maggior lunghezza del forcellone in magnesio Ram.

Nel secondo, invece, è possibile spalancare tutto il gas a moto parzialmente inclinata senza che quest’ultima, come si dice in gergo, si “sieda”, con il rischio di perdite di aderenza da parte del retrotreno.

Il Monster allestito da Marco e Thierry, semmai, mostra un trasferimento di carico in uscita di curva che favorisce la trazione e, soprattutto, rimane sempre entro i limiti di sollevamento della ruota anteriore, favorito anche da un’erogazione particolarmente fluida e lineare da parte del bicilindrico Ducati a due valvole che, con il suo sound fuori da ogni limite fonometrico, ricorda un po’ i gloriosi coppie coniche muniti di Conti “aperti”.

Nel complesso, dunque, una moto ben bilanciata, priva di reali punti deboli, se non si considerano alcune pecche veniali, come la sella un po’ scivolosa e il comando del cambio che, pur offrendo ottime possibilità di regolazione, non può essere abbassato più di tanto, pena qualche problema di luce a terra nelle curve a sinistra.

O forse, in questo caso, è la moto che piega troppo?

Foto Snap Shot

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