Cadono uno dopo l’altro tutti i tratti distintivi che, nei decenni, avevano reso Ducati una marca unica nel suo genere, diversa dalle altre. Dalla frizione a secco al telaio a traliccio, dalla configurazione a due cilindri fino a oggi, all’abbandono del Desmo.
Qualcuno dirà che è il progresso, che chi si ferma è perduto, il che è verissimo, però ci sono degli aspetti che rendono unico, proprio come succede a una persona, un marchio.
Ci sono poi evoluzioni ed evoluzioni; ad esempio, il passaggio dal bicilindrico al quattro cilindri non è che abbia poi scandalizzato molto. Del resto, era già utilizzato da anni da Ducati nelle competizioni e poi l’evoluzione tecnologica è stata tale da rendere inesistenti i vantaggi che il bicilindrico poteva vantare negli anni Ottanta e Novanta.
Infine, tale passaggio è stato effettuato in modo molto intelligente, mantenendo l’impostazione a V di 90° e l’ordine degli scoppi “Twin Pulse”, tanto che si può affermare che il Desmosedici Stradale conservi in sé una forte anima bicilindrica!
Ma il passo che si effettua oggi, con il motore V4 Granturismo che equipaggia la nuova Multistrada V4, è veramente notevole, una forte cesura con il passato: è il primo motore dagli anni Settanta senza la distribuzione Desmo, con il ritorno delle valvole gestito dalle molle.
Certo, anche qui la situazione non è paragonabile a quella che dovette affrontare Taglioni, con le molle del tempo che non erano capaci di gestire carichi di lavoro eccessivi, provocando problemi agli alti regimi di rotazione.
Da un punto di vista logico, quindi, nessun problema; su un motore che si definisce turistico (anche se dispone di ben 170 Cv!) il Desmo è in effetti un’inutile complicazione. Però questo è un discorso da ingegneri o da chi sa fare bene i conti e capisce il vantaggio che si può trarre da intervalli di manutenzione così lunghi grazie alla rinuncia di questo tipo di distribuzione.
Argomenti che forse però non coinvolgono i motociclisti più appassionati, le cui scelte non sono razionali, ma spesso guidate dall’emotività, da quello che rappresenta il mezzo che guidano.
Altrimenti, se uno vuole proprio fare il logico, al posto della Multistrada è possibile che valuti l’acquisto di un modello molto più economico per risparmiare un bel po’ di soldi!
Ma il motociclista guidato dalla passione non lo fa per una serie di motivi che lo convincono a sborsare le diverse migliaia di euro in più che dividono fra di loro modelli che, per forza di cose, sono comunque molto diversi a livello di contenuti.
Fra questi possiamo ricordare: Ducati è una marca italiana prodotta in Italia, rappresenta una storia agonistica di primo livello tutt’ora portata avanti con ottimi risultati, dispone di una serie di vantaggi tecnologici (dall’Abs Cornering alle sospensioni elettroniche, tanto per citarne due) che fanno veramente la differenza a livello di prestazioni e sicurezza attiva.
Poi, c’è il motivo principale, quel nome sul serbatoio: è una Ducati e non c’è bisogno di spiegare altro, un po’ come succede a Ferrari, Armani e pochissimi altri marchi nel mondo.
Un vantaggio esclusivo, quindi, che siamo disposti a pagare, perché si materializza in qualcosa di altrettanto distintivo e unico.
Giusto per fare un esempio, chi ha disponibilità economica si compra come orologio un Jaeger-LeCoultre piuttosto che un Casio, anche se a livello di prestazione base i due orologi offrono esattamente lo stesso servizio con la stessa efficienza: segnano il tempo, così come due moto servono per spostarsi su due ruote.
L’appassionato di orologi è però disposto a sborsare una cifra consistente per entrare in possesso di un oggetto di cui apprezza la lavorazione complessa del meccanismo, che è realizzato a mano da bravissimi maestri orologiai e anche, diciamo la verità, per la vanità di poter esibire un oggetto di personalità, ricco di storia.
Poi, è ovvio, il tourbillon, da un punto di vista pratico, non serve a niente, è solo una meravigliosa complicazione.
Così è anche per il Desmo, il tratto distintivo di Ducati da cinquant’anni a questa parte, oggi come oggi inutile perfino sui motori da competizione, forse anche ai massimi livelli, però è l’anima della proposta di Borgo Panigale, ne rappresenta la storia e l’identità.
Quante volte, fra appassionati, si è messo fine a una discussione sui vantaggi offerti dalle varie marche affermando semplicemente che la nostra moto aveva il motore Desmo?
Questi però sono discorsi da appassionati, perché è molto probabile che il motore V4 Granturismo abbia modo, nel tempo, di farsi apprezzare da tutti grazie alle sue doti, ma resta il fatto che la sua diversa soluzione per la distribuzione avrà senz’altro il suo effetto sui ducatisti di lunga data. Non si tratta solo di nostalgia, ma anche di come sia particolare il pensare di noi motociclisti, a cui piace più sottostare alle regole della personalità e dell’emozione piuttosto che a quelle della ragione.
Breve storia Desmo
Tutto ha inizio nel maggio del 1954, quando un giovane ingegnere prende servizio in Ducati. Il suo nome è Fabio Taglioni. Due anni dopo, nel 1956, realizza il suo progetto di distribuzione desmodromica per motore motociclistico: debutta in Svezia la 125 da Gran Premio (vincendo con Degli Antoni!), che monta per la prima volta una distribuzione desmodromica a tre alberi a camme in testa (mossi da albero verticale e coppia conica).
L’albero centrale reca le camme di “chiusura” che, tramite bilancieri a doppio braccio, comandano le valvole nel movimento verso l’alto, mentre i due alberi laterali, a singola camma, provvedono all’apertura. Taglioni in pratica “aggiunse” un albero centrale alla precedente testa bialbero a molle: con tre alberi a camme la messa a punto era molto agevole (molto spazio a disposizione) e le camme potevano essere sostituite separatamente.
Quando l’esperienza pratica accumulata fu sufficiente, si ebbe il passaggio da tre alberi a camme ad uno.
Nel 1968 esce la Ducati Mark 3 Desmo con motore monocilindrico (350 cc) a distribuzione desmodromica monoalbero: a Borgo Panigale si porta pionieristicamente il desmo nella produzione di serie.
L’evoluzione tecnica del monocilindrico desmo si completa e arriva fino al 1974, quando termina la produzione dei modelli Desmo e Scrambler (250, 350, 450), naturali evoluzioni dei Mark 3, tutti monocilindrici con distribuzione monoalbero.
Nel 1970 compare il bicilindrico a V di 90 gradi: la distribuzione è monoalbero comandato da alberino verticale e coppia conica. La 750 GT del 1972 è la prima bicilindrica, la 750 Supersport la prima Ducati di serie con distribuzione desmodromica; lo schema della distribuzione si ricollega strettamente al progetto originario del monocilindrico.
Nel 1974, all’Università di Bologna, si laurea Massimo Bordi, discutendo una tesi sul progetto di una distribuzione desmodromica a 4 valvole.
Comparso nel 1977 come prototipo, il Pantah entra in produzione di serie nel 1979 e mostra una notevolissima evoluzione tecnica: è una cinghia dentata che ora comanda l’albero a camme del nuovo motore da 500 cc con distribuzione desmodromica.
Nel 1987 Lucchinelli vince la gara BoTT di Daytona con un motore di 851 cc a quattro valvole aprendo una nuova era: una serie infinita di vittorie in quello che poi sarà il mondiale Superbike.
Inizia, grazie all’entusiasmo dei due tecnici Mengoli e Bordi, la storia moderna del desmo, che vede la produzione in serie della prima moto desmodromica a quattro valvole per cilindro: la 851 SBK del 1988. Sotto la guida di Mengoli prende forma, nel 2001, il motore Testastretta: il bicilindrico a quattro valvole di nuova generazione che, pur derivando dall’unità progettata dall’Ingegner Bordi, presenta caratteristiche davvero innovative.
Il resto è storia dei nostri giorni, con le varie evoluzioni del motore Testastretta e l’arrivo del Desmosedici Stradale; l’innovazione va avanti, cambia molto se non tutto, a parte un aspetto, un filo conduttore: tutti i motori hanno la distribuzione Desmo.
SBK a Jerez: avanti tutta!
A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.
Desmoquattro: il bicilindrico Ducati a 4 valvole
La storia del bicilindrico Desmoquattro riveste un’importanza talmente grande per l’azienda di Borgo Panigale da essere nota alla maggior parte degli appassionati.