La Multistrada è sempre stata una moto di rottura. Ricordo quando è uscita la 1.000, diciassette anni fa, con i Ducatisti che la guardavano come uno strano aggeggio con le zampe lunghe ed il cupolino sbilenco (in effetti la matita di Terblanche non aveva disegnato un anteriore particolarmente indovinato, imho). Però, poi (e nonostante la linea non particolarmente azzeccata) è stato un modello che ha portato su una moto di Borgo Panigale molti nuovi Ducatisti, ed ha portato anche molti Ducatisti di lungo corso ad apprezzare la comodità della guida alta e di un modello divertente, scanzonato, agilissimo ma anche in grado di far viaggiare una coppia.
I mugugni, anche lì, ci sono sono stati con l’abbandono della frizione a secco con l’arrivo della 1100… ma i vantaggi, per chi faceva molti chilometri, in effetti poi ci sono stati, e un po’ alla volta ci si è abituati anche ad una Ducati non sferragliante.Il tempo di abituarsi, quindi, alle zampe lunghe della prima Multistrada, ed ecco che nel 2010 è arrivata la 1200. Per i puristi della prima Multi, una moto troppo grande, troppo pesante, troppo potente… in realtà, quando la provai, scesi quasi scosso: era un salto generazionale enorme. Come cavalleria, cattiveria, prestazioni. Ma anche come tipologia di moto: più confortevole, protettiva, adatta a viaggiare, pur rimanendo bella cattiva. E il successo c’è stato, eccome.
Quando è arrivata la DVT, cinque anni dopo, la 1200 era già un altro successo. E che successo. Ma nonostante il successo, la DVT ha scontentato sia i puristi della prima Multi (piccola e leggera Multi di Terblanche), sia quelli della ‘cattiva’ 1200. Eppure la DVT mi ha fatto innamorare a prima vista. Cattiva se vuoi tirare, è estremamente facile e docile quando vuoi trotterellare godendoti il panorama. Ma è anche in grado di sopportare gli sterrati e non essere riottosa in mezzo al traffico: una vera quattro-moto-in-una.
Con la 950 Ducati ha poi, a mio avviso, fatto un altro passo avanti: la Multistrada intelligente. Fin troppo, visto che in effetti va talmente bene, è silenziosa, regolare fin da quando la metti in moto, consuma poco gomme e partiglie… che neppure ti sembra di essere su una Ducati… o almeno come erano le Ducati di una volta: riottose, un po’ ignoranti, entusiasmanti ma lunatiche.
Che dire di questa Multistrada V4 vista per ora solo in video?
Prima di tutto che anche questa volta è una Multistrada DIROMPENTE: niente Desmo, niente telaio a traliccio (solo il telaietto reggisella, quasi una citazione), niente monobraccio e due cilindri di troppo. Certamente pare che sia stata davvero pensata e progettata per un motociclista molto esigente, che macina chilometri anche nei posti più sterrati del mondo, e che vuole farlo in comodità e sicurezza (splendido il display collegato con lo smartphone per la navigazione, o l’ARAS, così come ottimo l’intervallo manutentivo a 60.000 km per i tagliandi principali) ma che forse lascerà molto insoddisfatti i Ducatisti più legati alla tradizione sportiva… i cavalli sono tanti, ma c’è solo la versione con il 19 davanti ed un 170 dietro, anzichè 17 anteriore ed il gommone delle Multi 1200…
Non so. L’estetica invece merita una vista dal vivo: l’impressione è che ci si abituerà presto a quelle linee disegnate più per la funzionalità che per l’estetica fine a sè stessa.
Per quanto mi riguarda, la mia miniMulti, con i suoi 114 cavalli bicilindrici e desmodromici, mi basta, quindi dormirò sonni tranquilli.
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