Capita raramente che un vero appassionato abbia delle esitazioni quando gli si chiede di avvicinarsi a una special, se non addirittura a salirci sopra; a volte, però, il carisma e la cura di certe realizzazioni possono provocare ciò, anche se, una volta acceso il motore e percorsi i primi metri, questi pensieri scompaiono, lasciando spazio solo alle sensazioni di guida che, come è giusto che sia, non sono mai uguali a quelle che si provano con una moto di serie, ma rappresentano qualcosa di speciale.
Questo succede grazie a tutti quei particolari che migliorano il comportamento generale del mezzo, arrivando talvolta vicini alla perfezione: la sensazione di leggerezza aumenta e con essa anche la facilità di controllo, a qualsiasi velocità.
In questo caso, però, siamo di fronte a due esempi di come la ricerca del miglioramento possa raggiungere livelli incredibili, in aggiunta a una drastica trasformazione di quelle che erano le caratteristiche del modello originale.
La Nuda Veloce C, infatti, deriva niente meno che da una Panigale: la sua prima apparizione risale al Tokyo Motor-Cycle Show del 2014, dove ha suscitato subito grande interesse; nessuno, prima di allora, aveva osato “spogliare” in quel modo la 1199.
La Motocorse, però, ha avuto il coraggio di farlo, reiterpretandola con un allestimento al tempo stesso minimale e aggressivo. Il suo stile è veramente fuori dalla norma, così come è altissima la cura dei particolari: non era per niente facile effettuare un’operazione del genere con una moto dotata di telaio monoscocca, ma i tecnici della Motocorse hanno saputo interpretare questa caratteristica tecnica a loro vantaggio, andando oltre ciò che ci si poteva immaginare.
Guardando la moto, si riconosce ancora la derivazione racing della componentistica, ma la fisionomia dell’insieme è cambiata radicalmente, pertanto è interessante conoscere le impressioni di guida di Hikari Miyaghi, tester della rivista Ducati Magazine, che ha avuto la fortuna di provarla: “All’inizio ero un po’ intimorito da questa prova, non perché avessi dei pregiudizi nei confronti della Motocorse, ma perché di solito le special allestite sulla base di una supersportiva tendono ad alterare il già delicato equilibrio della moto di serie. Del resto, già di suo la Panigale non è una moto per tutti e il fatto di aver eliminato la carenatura poteva aver influito negativamente sul suo comportamento. Io, poi, sono uno di quelli convinti che le moto andrebbero regolate ogni qual volta che in sella ci sale una persona diversa, quindi forse esagero in tal senso. Credo comunque che il lavoro di set-up, certe volte, rappresenti anche un’attività che dà soddisfazione ai veri appassionati, perché grazie ad esso si possono ottenere grandi miglioramenti. Tornando alla Nuda Veloce C, in realtà devo dire che su certe cose mi sono dovuto ricredere! La posizione di guida, ad esempio, risulta molto naturale e, rispetto alla Panigale, è addirittura più facile spostare il peso del corpo, cosa che consente di avere un controllo della situazione ancora maggiore. Con la 1199, infatti, ci si ritrova con il busto caricato in avanti e questo obbliga il pilota a non commettere sbavature durante la fase di ingresso in curva, altrimenti la moto risponde in modo nervoso. Sulla Nuda Veloce C non è così. Inoltre, il motore ha un comportamento eccezionale, soprattutto inserendo il Riding Mode Race. In questo caso, la manopola destra risulta perfettamente collegata alla ruota posteriore, pertanto se si decide di erogare solo l’un per cento della potenza disponibile, il motore esegue il comando con una precisione e una rapidità esemplari. Ne consegue che la guida stessa risulta meno faticosa. Per quanto riguarda la parte ciclistica, invece, le soluzioni di pregio non mancano, ma risultano tutte amalgamate tra loro con grande capacità e tutto funziona alla perfezione. I freni, ad esempio, rappresentano il massimo sia in termini di potenza che di modulabilità, così si riesce a entrare in curva in modo deciso e senza timore di non riuscire a rallentare in tempo, per poi ridare gas in uscita non appena ci si allontana dal punto di corda. In conclusione, posso tranquillamente affermare che, tra le moto senza carenatura, la Nuda Veloce C è senza dubbio una delle più efficaci in assoluto!”
Oltre alla Nuda Veloce C, la Motocorse ha allestito anche un’altra special che fa dell’esclusività tecnica il suo punto forte: la DVC, che sta per Diavel Veloce C.
A provarla, stavolta, è stato direttamente il direttore di Ducati Magazine, Mr. Ogawa, che in merito alle sensazioni raccolte durante il test si è espresso in questo modo: “Il Diavel rappresenta un progetto rivoluzionario sia dal punto di vista estetico che a livello concettuale. Rispetto al modello di serie, la moto è stata alleggerita e l’altezza della sella è stata riportata al valore previsto dalla versione italiana, visto che in Giappone ne viene commercializzata una più bassa. La differenza si sente fin da subito. Inoltre, i cerchi sono adesso della BST in fibra di carbonio e nello stesso materiale sono anche le sovrastrutture. Una ricetta simile a quella della Nuda Veloce C, che rende la moto molto accattivante, ma con il Diavel è possibile divertirsi anche guidando in modo rilassato. Le doti del motore, infatti, permettono di esaltare il piacere di guida, grazie anche ai pistoni della Pistal Racing ad alta compressione. Non credo esista un’altra moto più godibile in accelerazione: la grande coppia disponibile unita al classico temperamento dei bicilindrici Ducati fanno letteralmente danzare gli pneumatici, tant’è che ci si ritrova a sorridere sotto il casco per l’entusiasmo. Il fatto di poter contare su un baricentro molto basso, inoltre, rende le cose ancora più facili e la moto schizza via come un proiettile senza mai creare problemi di stabilità. Da questo punto di vista, l’impressione è che, almeno ai medi regimi, il rendimento del Testastretta 11° che equipaggia il Diavel Veloce C sia addirittura superiore a quello del Superquadro in dotazione alla Nuda Veloce C!”
Che si tratti di una naked dalle superprestazioni o di una cruiser tutta muscoli, dunque, una cosa è certa: la Motocorse non dimostra il minimo imbarazzo nell’andare ad alterare la struttura di moto che, almeno sulla carta, appaiono ormai molto difficili da migliorare: rappresenta una delle poche realtà che continua a fare questo tipo di operazioni e pertanto bisogna rendergliene merito, proprio in considerazione dei risultati conseguiti.
Per gentile concessione di Ducati Magazine, traduzione Noriki Aizawa
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