“Du gust is megl che uan”. Ma quattro cilindri sono meglio di due? Davanti alle più cattive e performanti tra le Ducati la domanda viene spontanea, però la risposta dipende da voi. Da che motociclista siete.
Sia la Panigale V4 S che la Panigale V2 rientrano nella categoria delle supersportive, ma hanno anime diversissime, per questo Borgo Panigale ha mantenuto in produzione entrambe e lo scorso ottobre addirittura ha presentato le nuove versioni.
Poiché gli smanettoni non sono tutti uguali, diventa interessante metterle a confronto, per capire quale ci si modelli addosso come un vestito di alta sartoria e quale un po’ meno.
L’intervento di Ducati Corse sulla Panigale V4
Credo di avere guidato tutte le versioni di entrambe dalla nascita a oggi, eppure ogni volta mi sorprendo dei progressi dell’elettronica. C’è molto di più, ma è quella a dare il ritmo a tutto il resto.
Ricordate la vecchia pubblicità Pirelli? “La potenza è nulla senza controllo”.
Sulla Panigale V4 S il salto è stato grande: è l’evoluzione del modello dello scorso anno ed è stata sviluppata in collaborazione con Ducati Corse, in particolare con l’ingegnere Carlo Ricci Maccarini del team sviluppo Superbike.
Tante soluzioni che già l’anno scorso erano sulla V4 R, la 1000 omologata per la SBK, sono state travasate su questa che era nata l’anno prima e che è 1100 e non può accedere alle gare “tradizionali”.
In particolare, l’elettronica non è esattamente la stessa, perché diverse sono le esigenze, però le strategie sono analoghe.
Vogliamo partire dal Traction Control? Era a 8 livelli anche prima, ma quando entrava in azione “ti fermava”; l’EVO2 è decisamente più performante, continui a fare strada e puoi lasciare delle virgole nere sull’asfalto mantenendo un ottimo controllo.
Il bello è che non c’è stato un passo indietro nella sicurezza, ma “solo” uno avanti nella prestazione, differenza particolarmente marcata nelle mappe più libere.
Sono cambiate anche altre mappature, come quella del Ride-by-wire che ora dà una risposta al gas più progressiva, mentre prima era un po’ brusca, soprattutto in modalità “Race”. Significa una maggiore confidenza e, visti i cavalli a disposizione, la cosa non è per niente spiacevole!
Anche il telaio ora è lo stesso della R. Per essere più precisi, visto che la Panigale V4 ha il motore portante e non un telaio vero e proprio, è cambiato quello che viene definito “Front Frame”, cioè il telaietto anteriore che ingloba il cannotto di sterzo; è meno rigido e dà un feeling ancora maggiore sull’anteriore, dunque la moto risulta più intuitiva.
Un altro intervento che ha portato sensibili vantaggi è la diversa collocazione del perno del forcellone.
Contrariamente alla R, nella quale la posizione del fulcro è regolabile, qui è fissa; è stato spostato in alto per ottenere un aumento del grip in accelerazione, dovuto all’effetto sul tiro catena che schiaccia maggiormente la moto.
In più, risulta ridotta la tendenza a impennare, favorita dall’azione di un Anti Wheeling efficacissimo.
Panigale V4 S: dovè il trucco?
È sorprendente trovare una moto così trattabile, nonostante in configurazione standard arrivi a 214 cavalli a 13.000 giri/minuto e possa salire addirittura a 226 Cv montando lo scarico Akrapovic del kit Performance.
Ma vi svelo il trucco: basta togliere un po’ di potenza quando è opportuno. Con l’elettronica, Ricci Maccarini ha ammorbidito l’erogazione nei primi tre rapporti. Rovesci il gas e sembra quasi che la moto spinga poco, la realtà è che non mette in difficoltà: sono stati tagliati i picchi di potenza e di coppia che la rendevano aggressiva.
La riduzione è progressiva, maggiore in prima, minore in seconda e ancora meno in terza; dalla quarta in poi la moto è libera e spinge di brutto.
Così, nonostante il tachimetro che sale rapidissimo, sembra di avere un motore dolce perfino nella mappatura Race, la più estrema. Questo, insieme al telaio con geometrie diverse, alle sospensioni Öhlins semi-attive, all’assetto più alto e alla nuova posizione del pivot, trasmette una sensazione di sicurezza e di precisione.
La V4 S 2020 è una tigre, ma addomesticata, facile da usare quando l’altra, in certe condizioni, risultava più aggressiva.
Tra le evoluzioni che si fanno particolarmente apprezzare vi è la carenatura con le ali, anche questa ereditata dalla Panigale R: la nuova aerodinamica ha permesso di ottenere 30 Kg di carico in più sull’anteriore a 270 all’ora, che si traducono in un’eccellente stabilità alle alte velocità.
Eppure la moto non perde in maneggevolezza, anzi è molto agile. Come si diceva poco prima, rispetto alla precedente versione è cambiata molto. È un ossimoro, ma è la realtà: ora va più forte eppure non ti mette in crisi, perché essendo più umana è anche più facile da spingere al limite.
Panigale V4 S: per molti, ma non per tutti
Parlano i fatti: la Ducati ha effettuato dei test comparativi proprio sul circuito di Cremona, lo stesso di questa prova.
Ne è risultato che un pilota poco esperto, passando dalla versione precedente della V4 S a quella attuale, è più veloce di 3” al giro, mentre un amatore agguerrito migliora di 1”9 – 2”2 al giro; Michele Pirro, che è un pilota professionista, guadagna 1”5 al giro.
Paradossalmente, più il livello è alto e minore è il beneficio, perché la moto nuova va più forte e il miglioramento c’è comunque, ma un pilota navigato riusciva a sfruttare anche la precedente nonostante quella desse minore aiuto, mentre uno poco esperto poteva essere messo in difficoltà.
Attenzione a non esagerare con la fiducia però: se dopo questa chiacchierata state cominciando a prendere le misure alla V4 S, almeno in teoria, tenete presente che ha sì una guida molto precisa e molto intuitiva, e siccome è agile non stanca, ma richiede comunque un certo mestiere.
È stata resa più facile da guidare, ma ci sono comunque oltre 200 cavalli da gestire: quando si vuole andare davvero forte diventa impegnativa, e se è vero che con i riding mode la si può adattare a piacimento, è altrettanto vero che per cercare la massima prestazione bisogna usare la mappatura più estrema e controlli molto liberi.
Panigale V2: l’altro fronte della prova
All’altro lato del ring, la Panigale V2, una sfidante che nonostante la potenza inferiore è meglio non sottovalutare.
Se fosse un pugile diremmo che è più piccola, ma picchia duro: è la massima espressione del bicilindrico, 155 cavalli a 10.750 giri/minuto e una vigorosa coppia di 104 Nm a 9000 giri/minuto, con praticamente la stessa elettronica della V4 S.
In questa ultima versione, come la quattro cilindri, ha il Cornering ABS che è una bella sicurezza.
Prima l’ABS funzionava solo a moto diritta, adesso anche se ci scappa la pinzata durante la discesa in piega, lo sterzo non si chiude; semplicemente la moto tende ad alzarsi e allarga la traiettoria, ma non ti butta in terra. Anche la sensazione di pompaggio sulla leva è molto contenuta.
In ogni caso, la frenata, così come nella V4 S, è da riferimento: ambedue sono potenti e modulabili, la sensazione è di sicurezza e precisione.
Un’altra novità della bicilindrica ultima edizione è l’introduzione del blipper, o se preferite quickshifter up/down, cioè il cambio elettronico che funziona anche in scalata. Sulla precedente 959 c’era soltanto a salire, e per scalare bisognava usare la frizione, adesso è come nelle moto da gara e la frizione serve solo per partire.
Ducati Panigale V2: facile da amare
Salire sulla Panigale V2 è un piacevolissimo tuffo nel passato, perché l’erogazione del motore bicilindrico è unica: è bello sentirne la coppia vigorosa, il tiro poderoso esalta.
Il confronto con il V4 lascia il tempo che trova perché è un paragone fra due mondi diversi. Questa ha una bella “schiena”, cioè una spinta robusta che parte dal basso e continua a pompare forte anche quando si arriva in alto; non arriva però agli stessi regimi dell’altra e non conviene cercare l’allungo, quanto piuttosto sfruttarne la coppia vigorosa, talvolta anche anticipando la cambiata.
Se proprio volete fare un confronto, la V4 S è una moto super tecnologica, del futuro, mentre questa è lo sviluppo estremo di una moto di concezione tradizionale. Ma molto, molto evoluta.
Ci penso quando la guido: con lo scarico del kit Performance, che anche qui è un Akrapovic, sistemi le sospensioni, metti due gomme buone e in pista ti permette di vendere cara la pelle contro moto che hanno potenze ben superiori.
Lo ho verificato una volta di più nel corso di questa prova, girando assieme a Gian Maria Liverani e facendo dei confronti.
Nello stretto la V2 è una brutta cliente, è molto agile e ha una gran bella guida; è più accessibile della quattro cilindri perché è meno potente, per di più costa quasi 11.000 euro di meno, 17.990 contro 28.790. Nemmeno questo è un dettaglio!
La V4 S è il top, va bene per lo smanettone che vuole provare le stesse emozioni di una MotoGP o di una Superbike; la V2 dà soddisfazione anche a chi non è altrettanto assatanato, ma vuole divertirsi ugualmente. Inoltre, la nuova elettronica l’ha resa più sicura: tra Cornering ABS e Traction Control per cadere bisogna fare degli errori clamorosi.
La V4 S è una bomba, ha il motore Twin Pulse e ai bassi regimi sembra di guidare un bicilindrico, ma agli alti spinge all’infinito, ha caratteristiche di erogazione eccezionali; però la V2 nello stretto è un osso duro.
Maneggevolezza e tiro sono le stesse doti che qualche anno fa permettevano al bicilindrico di lottare alla pari con le quattro cilindri nel mondiale Superbike. È una moto divertente e poco impegnativa, ha un limite più basso dell’altra e paradossalmente è proprio questo il suo pregio, perché permette di spingerla vicino al massimo anche a chi non è un pilota e con l’altra forse non riuscirebbe a divertirsi.
Dimenticate il caratteraccio delle vecchie 1098 e 1199, l’elettronica rende questa V2 facilissima. Senza il ride-by-wire avevi 130 cavalli e ti sembrava di averne 200; questa ne ha 155, dalle curve spinge fuori con vigore, eppure non mette in difficoltà.
Ovviamente, il terreno preferito della V2 è lo stretto. Nel circuito di Cremona c’è un rettilineo di 970 metri nel quale la V4 S può scaricare tutta la potenza e lì non c’è storia, ma la colpa è della quattro cilindri che è mostruosa!
Le sospensioni delle Panigale a confronto: computer e cacciavite
Anche nell’analisi delle sospensioni emerge la differente anima delle nostre due moto.
La V4 ha le Öhlins elettroniche di seconda generazione che sono uno spettacolo: impostando il set up prima di partire si può scegliere se averle “libere”, cioè con una configurazione che rimane fissa, o “progressive”. In questo secondo “mode” il sistema adegua la taratura in tempo reale: in frenata indurisce la forcella per darti sostegno; molli il freno, scendi in piega e la ammorbidisce, perché deve assorbire le asperità e fare in modo che l’avantreno dia più feeling; acceleri e la forcella si indurisce di nuovo.
Sulla bicilindrica invece le sospensioni sono tradizionali ed è tutto meno tecnologico, con soddisfazione di chi vuole “solo” andare in moto, senza troppe complicazioni.
Sono efficienti, ma se si vuole una taratura diversa bisogna intervenire in maniera tradizionale, con il cacciavite, cambiando il precarico della molla, modificando il freno idraulico e tutto il resto.
Quando si va in pista c’è da lavorare un po’ di più con le mani, ma questo alla generazione che è nata senza il computer non fa paura!
La conclusione è quella che avete letto all’inizio dell’articolo: la V4 S e la V2 fanno parte della stessa categoria, quella delle supersportive, ma sono diversissime.
Ambedue permettono di togliersi delle belle soddisfazioni, però è tutto in funzione del pilota e del percorso. Così c’è una domanda che resta sospesa per aria: «Quale ti compreresti?».
Chi, io?
Entrambe!
Foto Photohouse
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