Progetto Hypermotard: intervista a Federico Sabbioni

Progetto Hypermotard: intervista a Federico Sabbioni

Il responsabile del progetto, l’Ingegner Federico Sabbioni, ci spiega come forma e funzione siano stati coniugati sulla Hypermotard disegnata da Terblanche.

Il responsabile del progetto Hypermotard, l’Ingegner Federico Sabbioni, è giovane come la maggior parte degli ingegneri impiegati nell’Area Tecnica Ducati. Sabbioni è un lavoratore infaticabile e, nonostante che i ritmi imposti da un “press launch” siano decisamente sostenuti, si è concesso di buon grado alle nostre numerose domande. Per prima cosa, gli abbiamo chiesto quali sono stati gli aspetti più importanti che hanno riguardato lo sviluppo di questa moto, dal momento in cui ne è stata presentata la maquette alla definitiva messa in produzione.

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Alcuni bozzetti relativi allo stile della Hypermotard. Il design di questo modello porta la firma di Pierre Terblanche.

In realtà, l’iter progettuale che ha portato la Hypermotard a diventare un prodotto industrializzato è stato piuttosto breve. Se si considera, infatti, che tra il manichino visto all’Eicma nel 2005 e il primo esemplare funzionante, allestito con attrezzature non definitive, è trascorso circa un anno, direi che siamo stati particolarmente rapidi! Altri sei mesi più tardi, poi, la moto è andata in produzione, quindi si tratta di un risultato davvero buono, frutto della tecnologia e delle risorse umane di cui può vantarsi attualmente Ducati.

Come molti sanno, la Hypermotard nasce, seppur alla lontana, dalla base della Multistrada, pertanto è lecito ipotizzare che questa rapidità nello sviluppo sia dovuta al fatto che non si è dovuti partire proprio da zero…

La Multistrada è nata in circa 20 mesi, ma il concetto della Hypermotard, pur essendo partita da un’impostazione ciclistica simile a quella della Multistrada, ritengo sia molto diverso. Diciamo che il primo muletto della Hypermotard, quello che noi utilizziamo per effettuare i primi test di ergonomia, è stato realizzato sulla base di questo modello, come testimonia ad esempio il forcellone, che è lo stesso per entrambi. Tuttavia, da lì ci siamo poi mossi in una direzione ben precisa, soprattutto a livello di quote geometriche. C’è stato infatti un grandissimo lavoro sulle piastre di sterzo, che all’inizio avevano un off-set di 35 mm, progressivamente ridotto fino a 30 mm. Questo ci ha permesso di ottenere un mezzo molto più maneggevole, senza perdere in stabilità sul veloce. Una volta definito questo parametro, c’è stato poi un intenso sviluppo sul pneumatico anteriore, che ha contribuito anch’esso al raggiungimento di quelle caratteristiche di guida che ci eravamo imposti come obiettivo. Del resto, non era semplice realizzare una moto che si guidasse come un monocilindrico nel misto stretto, ma che non sbacchettasse oltre i 200 Km/h sul dritto!

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Sulla Hypermotard ogni componente è stato sviluppato all’insegna della massima integrazione possibile tra forma e funzione.

Sabbioni pone anche l’accento sul fatto che questo risultato è stato ottenuto su una moto completamente priva di carenatura e che espone dunque il pilota, che per altro viaggia con il busto praticamente eretto, a forti sollecitazioni da parte dell’aria, che non favoriscono certo la stabilità: “Come dicevo, il lavoro di sviluppo non è stato banale – prosegue l’Ingegnere – Oltre alla definizione delle quote ciclistiche corrette e allo sviluppo dei pneumatici, anche la taratura delle sospensioni ha giocato un ruolo fondamentale, perché volevamo che la moto avesse una guida sportiva senza tuttavia risultare scomoda, visto che la maggior parte dei clienti la useranno su strada e non in pista. Si è trattato, dunque, di coniugare aspetti che in realtà sono in antitesi.

A giudicare dal comportamento dinamico espresso dalla Hypermotard, appare quasi riduttivo parlare di “ottimo compromesso”. Piuttosto, sembra che questa nuova Ducati eccella in vari frangenti, anche quelli in contraddizione tra loro. Dove sta il segreto?

Il segreto, se così vogliamo chiamarlo – risponde Sabbioni – è nell’esperienza che ci ha supportato nella definizione delle quote ciclistiche. Se si confrontano, infatti, l’interasse e l’avancorsa dell’Hypermotard con quelli di una moto supersportiva ci si accorge che non c’è molta differenza, eppure la prima è nettamente più maneggevole, perché offre una leva per essere azionata, ovvero il manubrio, decisamente più efficace.

A proposito di manubrio, molti hanno trovato la sua collocazione un po’ bassa, anche se non tanto da classificare questa caratteristica come un difetto. Ecco svelato il perché di questa scelta: “Fino a un certo punto dell’evoluzione progettuale della Hypermotard il manubrio era collocato un centimetro più in alto rispetto alla moto che poi è andata in produzione. Per ottenere una posizione di guida che favorisse il carico sulla ruota anteriore e determinasse quel comportamento di cui parlavamo prima, infatti, è stato poi abbassato, anche alla luce di alcune comparative effettuate con altri modelli, sia di nostra produzione, in questo caso la Multistrada, che della concorrenza. Secondo noi, questa modifica ha introdotto un ulteriore miglioramento nella guida, soprattutto a livello di stabilità direzionale, mentre la perdita a livello di comfort, vista la piccola entità dell’abbassamento, è stata quasi trascurabile.

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Parliamo di allestimento. Visto il prezzo di acquisto non particolarmente basso, secondo noi, soprattutto sulla versione S non ci sarebbe stata male una frizione antisaltellamento. Sabbioni è d’accordo con noi: “Si tratta fondamentalmente di una decisione legata al marketing. Non nascondo il fatto che, al prezzo con il quale le moto verranno commercializzate, sarebbe stato difficile per noi aggiungere anche la frizione antisaltellamento. Tuttavia, con un aumento di poche centinaia di Euro sarebbe stato senz’altro fattibile. Dipende, però, dal fatto se il cliente percepisce il valore aggiunto di questa cifra. Inoltre, bisogna anche considerare che, rispetto all’unità tradizionale, la frizione antisaltellamento ha degli intervalli di manutenzione più frequenti e questo contrasta con la nostra recente scelta di investimento nel controllo qualità e nella progettazione che ha permesso di ridurre il costo della manutenzione programmata del 50%.

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Il bicilindrico Ducati a due valvole con raffreddamento ad aria che equipaggia la Hypermotard 1100, sia in versione Base che S, ha la frizione a secco, ma questa unità non è dotata di dispositivo antisaltellamento.

Sappiamo che, rispetto al prototipo del 2005, uno degli elementi su cui si è lavorato di più è stato il serbatoio del carburante, che all’inizio non aveva una capacità consona alle caratteristiche del veicolo.

L’Ingegnere ci spiega come si è intervenuti. “Spesso e volentieri, una definizione stilistica sconfina in aspetti difficili da riprodurre nella moto di serie. In questo caso, dovevamo raggiungere una capacità di carburante che permettesse un’autonomia adeguata. Per farlo, potevamo scegliere due strade: realizzare un serbatoio molto complesso, come sulla Multistrada, o ingrandire quello del prototipo. Visto che con il primo metodo abbiamo ottenuto un risultato poco coordinato, e che il serbatoio della Multistrada risulta molto complesso e difficile da produrre, abbiamo scelto l’altra strada, cercando naturalmente di mascherare il più possibile questo intervento. Alla fine, infatti, il serbatoio della Hypermotard è stato alzato di pochi millimetri nella zona del tappo e allargato di ancor meno sui fianchetti, passando dai 9 litri iniziali ai 12 litri e mezzo di capacità della moto di serie. Secondo me, a occhio nudo, è veramente difficile notare la differenza.

A proposito di serbatoio, Sabbioni ci tiene a sottolineare che questo elemento, insieme ad altri componenti delle sovrastrutture, è stato protagonista di un profondo studio di integrazione tra design e funzionalità: “Visto che l’obiettivo era quello di ottenere una moto molto compatta ed essenziale, si è cercato di ridurre al minimo le parti in gioco. Per questo motivo, sotto al serbatoio sono state realizzate apposite nicchie sagomate dentro le quali scorrono, letteralmente, le linee elettriche e quelle benzina, in modo da essere completamente occultate alla vista e occupare il minor spazio possibile. Lo stesso principio è stato applicato ai gruppi ottici, sia anteriore sia posteriore: essi risultano molto leggeri, montati su supporti elastici per impedire alle vibrazioni di rompere i led o le lampadine, e perfettamente integrati, in un caso, nella mascherina-parafango, e nell’altro nel maniglione per il passeggero, che pur essendo realizzato in materiale plastico è in grado di reggere un carico di 200 Kg necessario per l’omologazione… In pratica, attraverso quella maniglia, è possibile sollevare la moto!

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La compattissima strumentazione.

Si tratta dunque di un risultato innegabilmente apprezzabile. Tuttavia, dando un’occhiata alle moto di appena dieci anni fa, dove non veniva fatto nulla del genere, viene da chiedersi: ma è una moda o una necessità?Il fatto è che sulle moto di dieci anni fa c’era molta meno roba da mettere, quindi non c’era bisogno di questo tipo di approccio – è il commento deciso di Sabbioni – Adesso, invece, per dare maggior libertà a chi si occupa della parte estetica, di grande importanza sulle moto attuali, si è costretti a utilizzare questo metodo. Lasciare un certo margine di operatività allo stilista ma, al tempo stesso, riuscire a fare stare tutto il necessario su una moto, è un esercizio tecnico che dà grande soddisfazione.

Parliamo adesso dei famosi specchietti retrovisori ripiegabili, di cui tanto si è discusso. Alla luce della nostra prova abbiamo potuto apprezzare la loro funzionalità, intesa come campo visivo, tuttavia, una volta aperti la moto risulta davvero molto larga. “Questo è un altro esempio di integrazione tra forma e funzione che, tuttavia, da alcuni viene vista come una sorta di nota dolente. Gli specchietti della Hypermotard rappresentano un connotato caratteristico di questo modello, perciò, anche se riconosco che nel traffico possono risultare scomodi, abbiamo deciso di mantenerli così come erano stati disegnati in origine, dando comunque ai clienti la possibilità di collocarli nella posizione tradizionale attraverso due semplici aste. Parlo degli stessi specchietti con cui la moto viene venduta, non altri da acquistare a parte.

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Uno dei particolari più discussi della Hypermotard, ovvero gli specchietti ripiegabili integrati nei paramano.

Per concludere, abbiamo chiesto a Sabbioni se la Hypermotard rappresenti un punto di arrivo o piuttosto di partenza per quanto riguarda la gamma Ducati.Per il momento rappresenta un punto di arrivo, visto che il lavoro svolto su questo progetto ha portato a dei risultati di cui andare davvero fieri. Ancora una volta, mi riferisco al fatto di essere riusciti a fare stare in volumi decisamente ristretti tutti i componenti necessari. Così facendo, abbiamo dato vita a una moto compattissima e, soprattutto, più leggera di ben 17 Kg rispetto alla Multistrada di pari cilindrata. Tutto ciò è stato possibile grazie a lavoro di équipe, ben coordinato fin dalla progettazione. Allo stato attuale, dunque, non c’è l’intenzione di estendere ad altri progetti il lavoro fatto sulla Hypermotard. Non pensiamo neppure a un ulteriore allargamento della gamma, come fu fatto a suo tempo, senza grossi risultati, con la Multistrada 620. Semmai, in un secondo momento, potremmo allargare la famiglia verso l’alto, con una versione a quattro valvole, ma ci sarebbe molto da fare…

In tutta onestà, ci riserviamo il diritto di dubitare che a Bologna abbiano per il momento scartato l’idea di portare avanti una simile operazione. Molto dipenderà dalle vendite della Hypermotard. Se queste dovessero andare oltre le previsioni, così come è stato realizzato il Monster S4RS, vale a dire una nuda con ben 130 Cv, non vediamo quali problemi potrebbero esserci nel fare lo stesso con una Hypermotard.

Anzi, una “Ultramotard”…

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