Quando Ducati ha deciso di realizzare una vera replica stradale della Desmosedici mi sono detto: “Mi sa che stavolta si sono messi in testa un’idea piuttosto difficile da mettere in pratica!”. Conosco abbastanza bene il potenziale di una MotoGP, pertanto il mio scetticismo era giustificato.
Invece, poco alla volta, ho dovuto ricredermi.
Siamo arrivati ad avere un mezzo che, al di là del peso dovuto alla presenza di tutti quegli “accessori” indispensabili su una moto stradale, come il catalizzatore, il faro, le frecce, il motorino d’avviamento e le ventole per il raffreddamento, ricorda davvero molto da vicino la moto che collaudavo lo scorso anno per Capirossi e Gibernau: la famosa GP6.
Tanto per dire, il motore della Desmosedici stradale ha una riserva di coppia che le MotoGP di adesso, ridotte da 990 a 800 cc, se la sognano. A supporto di questo motore così prestante, poi, i tecnici Ducati hanno saputo mettere una ciclistica rigida e reattiva che, al di là di questo piccolo, inevitabile handicap in termini di peso, dà il meglio di sé nella guida in pista e man mano che ci si avvicina al suo limite, esattamente come avviene con le moto da Gran Premio.
Inoltre, le prime volte che ho utilizzato la versione definitiva della RR era con l’impianto di scarico omologato, mentre l’ultima volta che me l’hanno fatta collaudare era stato montato il kit racing: morale della favola, tutto un altro mondo!
Al termine del test ho chiesto a Claudio Domenicali se era possibile vendere la moto agli appassionati direttamente con il kit, visto che, secondo me, tutti dovrebbero avere il diritto di sentire un rumore, anzi un suono simile.
Posso garantire che il timbro dello scarico aperto è uno dei più belli mai sentiti in tutta la mia vita. Solo la GP4 e la GP5, che avevano un impianto di tipo 2 in 2 con motore in configurazione Soft Pulse, o Twin Pulse, avevano un timbro così entusiasmante.La RR rappresenta davvero la moto che ogni motociclista vorrebbe guidare. Il motore spinge fin dai bassi regimi, come facevano le vecchie 990.
Dai 6000 giri si arriva fino ai 14.200, dove interviene il limitatore, con una forza impressionante. Come dicevo, la guida di questo modello risulta istintiva e ben impostata, ma è il motore a rappresentarne il “pezzo forte”.
Nella produzione di serie, attualmente, non esiste niente di neanche lontanamente paragonabile.
Anche se sarebbe bene non dirlo, durante un test che ho svolto al Mugello, sul rettilineo principale sono arrivato al limitatore in sesta marcia già prima dello scollinamento che porta alla San Donato, a una velocità verosimilmente prossima ai 305 Km/h!
Questo significa che, con una rapportatura adeguata, la Desmosedici RR è una moto capace di superare abbondantemente i 315 Km/h di punta massima. Sono numeri che fanno paura, ma che sono ottenuti con una semplicità e una spinta, ripeto, da vera MotoGP.
L’impianto frenante, comunque, non è da meno. Basti pensare al fatto che, quando Loris Capirossi ha provato la moto, la prima cosa che ha detto una volta sceso è stata: “Cavolo! Frena più della mia!”
In realtà, i freni in carbonio che equipaggiano la Desmosedici da gara hanno bisogno di essere sollecitati parecchio per andare in temperatura e, quindi, offrire le loro massime prestazioni. Invece, quelli della RR sono pronti all’uso dopo una curva e dimostrano un’efficacia semplicemente straordinaria.
Per questo motivo è stato deciso, dopo aver comunque preso in considerazione l’ipotesi di montare dei dischi in carbonio, di adottare l’impianto frenante della Ducati 1098, che al momento è, in assoluto, il migliore disponibile sul mercato. Se si esclude il materiale con cui sono realizzate le pinze delle MotoGP, ovvero il litio, e appunto l’utilizzo dei dischi in acciaio invece che in carbonio, i freni della Desmosedici RR non hanno nulla da invidiare a quelli che vengono impiegati in gara, senza contare la loro maggiore modulabilità.
Lo stesso vale per le sospensioni: la forcella che monta la versione stradale della GP6 è una Öhlins pressurizzata molto simile, a livello di tecnologia, a quella che veniva montata sulla moto da gara del 2004, mentre l’ammortizzatore è azionato da un sistema di leveraggi che ricalca fedelmente lo schema utilizzato in MotoGP, vale a dire con i punti di attacco rovesciati rispetto a quanto avviene, ad esempio, sulla 1098.
Tutto ciò determina, come dicevo, un limite dinamico elevatissimo, raggiungibile solo in pista e da piloti esperti.
Prendete la Desmosedici RR, toglietele tutto ciò che serve per andare in strada, e avrete una vera MotoGP!
Un potenziale talmente elevato che, arrivati a un certo punto, si percepisce che per andare ancora più forte bisognerebbe avere delle gomme non stradali. Per la Desmosedici RR, infatti, la Bridgestone ha sviluppato appositamente un pneumatico posteriore di 200 mm di larghezza montato su un cerchio da 16”. Davanti, invece, c’è una classica gomma da 120 mm su un cerchio da 17”.
Le coperture giapponesi hanno un ottimo comportamento e rappresentano, anche in questo caso, un discreto compromesso tra le necessità di un mezzo targato, vedi l’utilizzo con temperature molto basse, che con le slick si tradurrebbe in scarsissima aderenza, e quelle di una moto potentissima, che mette a dura prova la ruota posteriore.
La RR è l’unica supersportiva di serie al mondo a montare un pneumatico di questa dimensione al retrotreno e i riscontri sul campo sono stati talmente buoni che alcuni, all’interno di Ducati, si stanno battendo affinché venga adottato anche in MotoGP.
Per quanto riguarda la posizione di guida, poi, è interessante notare come la Desmosedici non risulti affatto estrema come forse qualcuno si potrebbe aspettare.
Il motivo è semplice: è la stessa GP6 ad avere una sistemazione confortevole del pilota. Se non fosse per le pedane leggermente più basse, infatti, una volta in sella alla RR, complice anche la stessa strumentazione digitale della versione da gara, mi sembrerebbe di essere alla guida della moto che uso normalmente in pista!
Ripeto: questa moto è davvero quanto di più vicino ci possa essere a una vera MotoGP, tanto che prendendo una RR e togliendogli tutti i componenti non strettamente necessari per circolare su strada sono convinto che, con delle gomme specifiche, si otterrebbe un mezzo molto simile, anche a livello di tempi sul giro, ai prototipi di qualche stagione fa.
Lo conferma il fatto che a Misano, dopo pochi giri, sono riuscito a stabilire un tempo di 1’43”, dunque “appena” 9 secondi dalla pole position di Stoner fatta segnare nel Gran Premio di San Marino.
Solo che in questo caso stiamo parlando di una moto stradale con frecce e specchi, mentre nell’altro di un prototipo che costa milioni di Euro con gomme che non hanno nulla a che vedere con quelle in vendita nei negozi!
Ad ogni modo, se io dovessi comprare la Desmosedici RR, la prima cosa che farei una volta arrivato in garage sarebbe smontarle la carenatura per vedere tutte le raffinatezze tecniche che nasconde là sotto.
La meccanica di questa moto, infatti, è tranquillamente paragonabile a un quadro, a un’opera d’arte. Il carbonio, il titanio, il magnesio, i carter in alluminio fuso in terra e tutti gli altri materiali pregiati con cui è realizzata meritano di essere ammirati: per un vero appassionato non esiste niente di meglio!
Se poi si aggiunge il fatto che, quest’anno, la Desmosedici da gara è la moto campione del mondo, non so davvero cosa si potrebbe chiedere di più a Ducati.
Per quanto riguarda la mia personale esperienza di collaudatore, poi, posso aggiungere che sulla RR è stato fatto un grandissimo lavoro di sviluppo, portato avanti parallelamente a quello della versione da corsa.
In pratica, mentre si evolveva la MotoGP, anche le specifiche del progetto stradale venivano modificate di conseguenza.
In questo modo si è arrivati a definire la sequenza degli scoppi Twin Pulse, l’impianto di scarico due in due, la particolare aerodinamica (frutto degli studi di Alan Jenkins) e molti altri dettagli.
Interessante, comunque, è il fatto che i tecnici Ducati siano riusciti a definire una moto con un potenziale altissimo che, tuttavia, può essere guidata da una larga fascia di utenti.
L’erogazione del motore, infatti, non è mai brusca. I cavalli ci sono e si sentono, ma non c’è il rischio di mettersi la moto per cappello ogni volta che si spalanca il gas.
Per questo motivo, dopo aver pensato al controllo della trazione per rendere più sicuro un prodotto di questo tipo, è stato poi scelto di non utilizzarlo, perché onestamente, oltre al fatto che un dispositivo del genere richiederebbe ancora un lungo periodo di sviluppo per essere adattato a una moto di serie, non se ne sente proprio il bisogno.
Chiaramente, se uno ha le capacità, è anche bello adottare uno stile di guida aggressivo.
La Desmosedici RR si guida infatti come si faceva con le “vecchie” 990: si frena forte, si spigola la traiettoria, si rialza la moto in fretta e si spalanca il gas in uscita il prima possibile, in modo da sfruttare al massimo la grande accelerazione del motore.
Addirittura, così facendo, quando le gomme cominciano ad andare un po’ in crisi, si riesce a gestire l’eventuale perdita di aderenza della ruota posteriore facendo leva sulla grande coppia a disposizione, al pari di quanto succedeva con la GP6.
Rammentate i virgoloni neri che si vedevano in MotoGP fino allo scorso anno e che adesso sono solo un ricordo? Ecco, con la RR si provano, con le dovute proporzioni, sensazioni abbastanza simili. Lo stesso vale per le impennate, soprattutto quelle in seconda marcia, talmente gustose che certe volte dispiace quasi rimettere giù la ruota anteriore.
Insomma, la Desmosedici RR rappresenta senza dubbio un riferimento che sarà molto difficile superare per chi vorrà cimentarsi nella realizzazione di una MotoGP stradale.
Il motore è veramente il massimo e anche la ciclistica, a patto di essere messa nel contesto a lei più idoneo, ovvero la pista, regala grandissime soddisfazioni.
Come ho già detto, per apprezzarla fino in fondo bisogna comunque spingere, altrimenti può sembrare un po’ legnosa: in pratica, ci vogliono dei trasferimenti di carico adeguati affinché tutto funzioni come si deve, quindi bisogna frenare forte, prolungare la frenata all’interno della curva e, una volta arrivati alla corda, iniziare a raddrizzare la moto per poter aprire il gas in anticipo.
Perciò, la ciclistica asseconda il pilota senza nessun tipo di problema, fino a quando il limite diventano le gomme. Del resto, stiamo parlando di una moto da Gran Premio che è possibile utilizzare anche su strada. Tra l’altro, uno degli accessori che, secondo me, fanno la differenza su questo modello è il cosiddetto “remote adjust” per la leva del freno anteriore.
In pratica, si ha a disposizione un piccolo registro, in prossimità del manubrio di sinistra, che permette di regolare la distanza della leva del freno dalla manopola del gas anche mentre si sta guidando al limite, e non necessariamente quando si è fermi ai box.
Sempre a proposito di frenata, un ottimo contributo alla stabilità del veicolo viene dalla frizione antisaltellamento che, in virtù del grosso alesaggio dei pistoni (siamo vicini ai valori di un bicilindrico da 850 cc) diventa di fondamentale importanza per smorzare le reazioni dovute al contributo del freno motore in fase di scalata.
La moto è talmente bella che non posso biasimare chi la comprerà per tenerla in salotto. E’ come un’opera d’arte.
Se si è arrivati a questo livello, comunque, è stato merito di un lavoro piuttosto lungo che, ribadisco, è iniziato ed è stato portato avanti insieme a quello delle moto da gara. La prima volta che ho testato il prototipo della RR è stato nel 2004. Sono state provate molte cose da allora: alcune hanno subìto un’evoluzione, altre sono state scartate.
C’è stato insomma un percorso, come accade sempre in questi casi.
Molte delle soluzioni che abbiamo testato venivano prima approvate in MotoGP e poi provate anche sulla moto stradale.
Non posso dunque che chiudere dicendo che chi entrerà in possesso di questa moto è davvero molto fortunato. Magari non tutti la porteranno in pista per fare il tempo sul giro, ma la vorranno semplicemente per ciò che rappresenta.
Come ho detto, si tratta di un’opera d’arte: solo che a differenza di un bel quadro, che uno appende alla parete per poterlo ammirare, con questa si può andare anche a fare un giro!
Foto Ducati