Con 81 Cv per 167 Kg di peso e una coppia facile da gestire, la Hypermotard 796 potrebbe essere descritta sinteticamente attraverso questi pochi valori significativi ma, come spesso accade con i modelli di Borgo Panigale, anche questa Ducati, con le sue immancabili sfumature, merita senza dubbio un approfondimento.
Partiamo dunque dal motore: 803 cc di cilindrata effettiva permettono di avere a disposizione un’erogazione perfetta ai bassi regimi. Già a partire dai 2500 giri, infatti, la spinta è estremamente lineare e prosegue senza flessioni o incertezze di sorta fino agli 8000 giri indicati, per poi arrivare all’intervento del limitatore posto a quota 9000, prima del quale, comunque, non si percepisce un incremento di potenza significativo; è quindi preferibile passare al rapporto superiore.
Il propulsore è il classico bicilindrico Ducati a due valvole con raffreddamento ad aria, perciò ai regimi particolarmente bassi può accennare a qualche “contraccolpo” che, chi non è abituato a questo tipo di propulsore, può interpretare come un’irregolarità del suo funzionamento. In realtà, naturalmente, non è così. Anzi, anche quando si spalanca tutto il gas e si porta il motore al massimo dei giri utili, le vibrazioni rimangono sempre entro livelli contenuti.
Nell’ottica di un utilizzo quotidiano, dunque, quella in questione si dimostra la cilindrata più adatta: il motore di 800 cc è perfetto per la guida nel traffico cittadino, anche se a limitare le manovre della Hypermotard, in questo contesto, ci sono gli specchietti retrovisori, che la rendono un po’ troppo larga quando si cerca di guadagnare la prima fila ai semafori.
L’impianto frenante anteriore a doppio disco della Brembo offre un’ottima risposta sia quando si affronta il classico percorso di montagna fatto di curve e tornanti che durante i trasferimenti a velocità sostenuta, mentre nell’uso più tranquillo risulta fin troppo potente, visto il peso contenuto della moto. L’impianto posteriore, invece, non presta il fianco a eventuali critiche in nessuna condizione.
Pur non essendo regolabile, la forcella Marzocchi svolge dignitosamente il proprio compito, anche se la possibilità di personalizzare l’assetto su una moto di questo tipo sarebbe stata interessante. Lo stesso discorso vale per l’ammortizzatore Sachs, che risulta comunque ben tarato sia per la guida “allegra” che per quella più rilassata, garantendo un comfort accettabile.
Un limite risiede invece nello scarso angolo di sterzo offerto dal manubrio. Sempre a proposito di quest’ultimo, poi, i commutatori posizionati su di esso (relativi alle luci, gli indicatori di direzione, ecc) hanno i pulsanti un po’ troppo piccoli e una volta indossati i guanti si incontra qualche difficoltà nell’azionarli, mentre il gruppo ottico anteriore ha il difetto di indirizzare il fascio luminoso un po’ troppo in alto.
Per contro, il cruscotto digitale dispone di tutte le informazioni necessarie ed è ben leggibile anche in condizioni di luce non ottimali.
Per la posizione di guida, questo modello dispone di una sella più bassa di 20 mm rispetto alla Hypermotard 1100 cc che, oltre ad essere più confortevole, trasmette anche una maggiore sensibilità nella guida, così come altrettanto positiva risulta la scelta di aver ricoperto le pedane poggiapiedi in morbida gomma.
Naturalmente, l’esposizione all’aria da parte del busto, vista la sua posizione eretta, non è da sottovalutare, ma è altrettanto vero che non stiamo parlando di una moto nata per affrontare i lunghi viaggi, quanto piuttosto di un mezzo destinato al puro divertimento.
A questo proposito, abbiamo voluto coinvolgere alcuni motociclisti di diversa estrazione, raccogliendo le loro impressioni su questo modello: c’è, ad esempio, chi si dice incuriosito dal tipo di stile di guida da adottare con una moto del genere. Fin dall’inizio, infatti, questo tema è stato al centro dei discorsi dei vari appassionati, con i puristi della guida sportiva da una parte e i fautori dello stile motard, con il piede interno alla curva a sfiorare l’asfalto, dall’altra.
Alla fine, ci siamo resi conto che, in merito a questa singolare “diatriba”, conta molto l’esperienza personale. Chi ha dimestichezza con il fuoristrada, viene attirato dalla Hypermotard per via dell’impostazione familiare e prova a metterla “di traverso”, spostando il peso del corpo in avanti e agendo sul freno posteriore, mentre chi proviene dalla velocità preferisce il classico stile con il sedere arretrato sulla sella, i piedi sulla punta delle pedane e le gambe divaricate: tutti concordano però sul fatto di trovarsi di fronte a una moto particolarmente leggera e maneggevole, facile da inserire in curva.
Il fatto che la Hypermotard 796 sia un modello un po’ fuori dagli schemi, capace di attrarre anche i non ducatisti e soprattutto chi non ha esperienza con le moto sportive, trova inoltre conferma nel commento di chi, ad esempio, dopo anni di esperienza nel trial, si sente pronto a fare il “grande passo” con un modello stradale proprio in sella alla piccola Hyper, immaginandosela come la scelta più giusta da fare.
C’è infine chi, abituato a macinare chilometri in sella alle grosse sport tourer, la vedrebbe bene per andare in ufficio, forte della sua agilità nel traffico, e poi perché, con giacca e cravatta, potrebbe risultare un abbinamento molto trendy!
Certo chi non è particolarmente alto di statura, vedi parte dell’utenza femminile, e chi cerca qualcosa di più classico, come il pubblico degli over 50, continua, a parità di cilindrata, a preferire il Monster.
Di sicuro, la Hypermotard 796 si presta a diversi stili di guida e a diverse tipologie di impiego, pur rimanendo una moto non troppo versatile. Sia in città che nella “sparata” sulle strade di montagna, però, si dimostra a suo agio, agile e poco affaticante da guidare, con il manubrio alto che la rende gestibile in ogni situazione.
Quando si vuole andare piano, la protezione aerodinamica rappresenta l’unico limite al comfort, mentre quando si cerca il limite o addirittura si decide di andare in pista, la Hyper garantisce grande stabilità in curva e consente ottimi angoli di inclinazione (grazie anche all’aderenza offerta dai Pirelli Diablo Rosso di primo equipaggiamento), anche se il suo punto di forza rimangono i rapidi cambi di direzione, dove si dimostra veloce e precisa.
Certo, l’impostazione generale del mezzo e la capacità del serbatoio non permettono lunghe percorrenze, ma sulle medie distanze la 796 risulta comunque abbastanza comoda.
Come spesso succede, Ducati ha saputo guardare avanti, proponendo un modello che, secondo noi, è destinato a rimanere in produzione ancora a lungo, visto che fa leva su ottimi argomenti: la motorizzazione azzeccata, la linea moderna, la facilità di utilizzo e, cosa non meno importante, il giusto prezzo.
Foto Damiano Cazzamali