Prova su strada del Monster 1100, la nuova naked Ducati

Prova su strada del Monster 1100, la nuova naked Ducati

Il 1100 è’ sempre il Monster, ma con ancora più coppia in basso, più leggero e più maneggevole. Assetto abbastanza sportivo, forse anche troppo rigido.

Cannes – Absolute Monster, ovvero il Monster per eccellenza. Così Ducati ha voluto intitolare l’ultima versione del suo modello più celebre, il Monster 1100, appunto. Dopo che, cinque mesi fa, la Casa di Borgo Panigale ha svelato al mondo il nuovo 696, adesso la cilindrata cresce fino alla massima cubatura disponibile per la motorizzazione a due valvole.

Una declinazione che nasce per esaltare la guidabilità di questa naked sportiva, puntando essenzialmente su tre fattori: maneggevolezza, coppia e leggerezza.

Basterebbero queste parole per descrivere in sintesi la natura di un prodotto essenzialmente inedito, ma che in realtà prosegue una tradizione iniziata più di quindici anni fa. Un oggetto dotato di innegabile carisma, dunque, anche se adesso presenta canoni di grande modernità.

Non senza un po’ di enfasi, durante la conferenza stampa il nuovo Monster 1100 è stato definito come “il tributo alla curva perfetta”. Probabilmente, per moltissimi possessori o semplici fan di questo modello, è vero.

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Il nuovo Monster 1100 in versione Base (nella foto di apertura la S, con sospensioni Öhlins, freni anteriori più leggeri e un po’ di accessori in fibra di carbonio). Le colorazioni disponibili sono tre: oltre all’argento, il classico rosso e il nero lucido.

Sulla bellissima strada che circonda il Massiccio dell’Esterel, caratterizzata dalle tipiche rocce rosse ai lati, l’ennesimo capitolo di questa saga si fa apprezzare in tutta la sua essenza, fatta di un motore pieno di coppia e di una ciclistica leggera, forse anche troppo rigida quando non si spinge più di tanto.

Così come per il 696, anche per il 1100 si è cercato di andare alla ricerca della massima razionalizzazione: tutto ciò che era superfluo è stato eliminato. Di sicuro, vista anche la sua lunga carriera alle spalle, il Monster rappresenta un progetto facile da migliorare passo dopo passo, ma difficile da rinnovare nel suo insieme come hanno fatto i tecnici e gli stilisti Ducati.

Due sono le versioni in cui viene proposto il 1100: la Base e la S. Per quest’ultima ci sono anche sospensioni più raffinate, un po’ di accessori in fibra di carbonio e 1 Kg in meno sul peso a secco dovuto, oltre che ai suddetti componenti, a un impianto frenante anteriore più leggero. La differenza in termini di prezzo, invece, ammonta a 2000 Euro tondi, vale a dire 11.200 per la standard e 13.200 per la S, entrambe chiavi in mano.

Come è fatto il Ducati Monster 1100

Anche se a prima vista non è facile da cogliere, una delle principali differenze tra il Monster 696 e il 1100 riguarda la posizione di guida.

La versione di maggior cilindrata è stata infatti profondamente rivista per garantire sufficiente luce a terra nelle pieghe al limite e al tempo stesso accentuare la caratterizzazione sportiva del mezzo.

Per fare questo, i tecnici hanno alzato il veicolo di 40 mm grazie a una forcella più lunga (e dotata anche di maggior escursione) e a un diverso attacco dell’ammortizzatore, oltre a un pneumatico posteriore di diversa sezione che contribuisce anch’esso ad alzare il retrotreno. La sella, poi, è stata dotata di un’imbottitura più alta di 10 mm nella parte anteriore.

Ne consegue, dunque, un’impostazione di guida da moto “vera”, anche se, rispetto a quanto dichiarato in sede di presentazione, la sensazione è stata quella di un carico ancora maggiore sulla ruota davanti, piuttosto che di una posizione più eretta.

Un’altra delle novità importanti introdotte su questo modello a livello di ciclistica è senza dubbio la presenza del forcellone monobraccio. Si tratta infatti di un componente realizzato appositamente attraverso una fusione di alluminio e che presenta ottime doti di leggerezza, in quanto arriva a pesare solo 5 Kg, grazie anche al fatto di non prevedere leveraggi per la sospensione.

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La presenza del forcellone monobraccio distingue immediatamente il modello di cilindrata superiore dal 696.

La progressività di intervento è dunque affidata interamente al monoammortizzatore Sachs, collocato in posizione disassata rispetto all’asse longitudinale del veicolo e regolabile solo in estensione e precarico.

Per quanto riguarda le caratteristiche strutturali il nuovo forcellone presenta il miglior rapporto rigidità/peso di tutta la gamma Ducati, 1098 compresa!

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I concetti di essenzialità e integrazione sono alla base di questo nuovo progetto. La sospensione posteriore, ad esempio, non prevede leveraggi per ridurre il peso.

Come detto, la forcella vanta invece una corsa più lunga rispetto a quella del 696 (130 contro 120 mm), oltre a essere completamente regolabile.

Nuove sono anche le ruote che presentano un disegno a cinque razze sdoppiate e un canale rispettivamente da 3,50” all’anteriore e 5,50” al posteriore e calzano pneumatici da 120/70 davanti (contro il 120/60 del 696) e da 180/55 dietro (contro il 160/60 della versione di piccola cilindrata, anche se quest’ultima risulta comunque omologata per ospitare il “gommone” posteriore previa sostituzione del cerchio).

Sul manubrio, che tra l’altro è realizzato in alluminio a sezione variabile, compaiono adesso dei comandi di tipo radiale, sia per la frizione che per il freno anteriore. In particolare, a parità di sforzo sulla leva, quest’ultimo offre il 17% di forza frenante in più.

Le pinze anteriori, a quattro pistoncini, prevedono poi l’attacco radiale e agiscono su dischi da 320 mm, mentre il posteriore è da 245 mm con pinza a due pistoncini.

Cosa c’è sul  Monster 1100 S

La versione S, come accennato nell’introduzione, conta invece su sospensioni marchiate Öhlins, con la forcella dotata di trattamento al TiN sugli steli.

L’impianto frenante anteriore è stato alleggerito grazie all’introduzione di una flangiatura porta dischi in alluminio che pesa 0,65 Kg in meno rispetto a quella del modello Base.

Ciò determina una diminuzione del momento di inerzia pari al 10% e, insieme al parafango anteriore, i copricinghie e le protezioni per il calore sui silenziatori di scarico in fibra di carbonio, toglie un ulteriore Kg al peso complessivo del veicolo, che ferma l’ago della bilancia a quota 168 (contro i 169 della versione standard).

Per il resto, entrambe le configurazioni riprendono le specifiche già introdotte sul 696, con il telaio “Desmosedici style”, l’angolo di sterzata superiore grazie alle prese d’aria sul serbatoio (dalla capacità di 15 litri), l’airbox maggiorato, il faro anteriore a tripla parabola, quello posteriore a led, le piastre di sterzo dal profilo ad ali di gabbiano e, infine, il bello e funzionale cruscotto digitale, che sul 1100 è però retroilluminato in bianco anziché in rosso come sul 696.

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Il motore rappresenta ovviamente l’elemento di spicco di questo progetto e come tale gode anch’esso di una buona dose di novità. Innanzitutto, è più leggero (3 Kg in meno), grazie alla tecnologia di fusione sottovuoto dei carter, denominata Vacural, già introdotta sulla 848. Dispone poi di un nuovo impianto di scarico con valvola parzializzatrice che prevede un diverso layout dei tubi, nuovi catalizzatori e due sonde Lambda (come il 696).

Nuovo è anche il radiatore dell’olio, nascosto all’interno di una struttura in plastica posta sopra al cilindro orizzontale e presente anche sulla versione di piccola cilindrata che, tuttavia, non è provvista di radiatore per il lubrificante.

Per la gioia degli appassionati, invece, è stata mantenuta la tradizionale frizione a secco: una sorta di doveroso tributo a un modello che nacque in questo modo nell’ormai lontano 1992.

Nonostante ciò, comunque, gli intervalli di manutenzione programmata sono stati allungati, passando a 12.000 Km come sul resto della gamma Ducati.

In tema di prestazioni, viene dichiarata una potenza massima di 95 Cv a 7500 giri, dunque, rispetto alla versione S2R 1000, non c’è stato un miglioramento.

Sensibile, viceversa, è stato l’aumento in termini di coppia, passata a ben 10,5 Kgm a 6000 giri grazie al lavoro svolto principalmente a livello di gestione elettronica del motore.

Quest’ultima ha anche permesso l’introduzione di un motorino passo passo per il controllo del regime di minimo che ha consentito l’eliminazione del classico comando dell’aria al manubrio per l’avviamento a freddo.

Monster 1100: come va

Reduci dalle ottime impressioni raccolte a Barcellona, in occasione del lancio internazionale del Monster 696, nutrivamo ovviamente grandi aspettative nei confronti di questa versione spinta dalla massima espressione del bicilindrico Ducati a due valvole, quella più amata dai monsteristi.

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Prova Ducati Monster 696

Arriva sul mercato dopo quindici anni di successi. Il nuovo Monster raccoglie questa eredità con la forza di un prodotto moderno, curato e performante, in sintonia con la tradizione.

In effetti, rispetto alla moto provata in Spagna, questa assume connotati più autentici, al di là degli ovvi motivi legati alle prestazioni, per merito delle modifiche introdotte a livello di posizione di guida. Essendo più alta, infatti, quest’ultima dà la sensazione di guidare un mezzo più importante, anche se magari meno confortevole per alcuni.

La sella tende a spingere il bacino del conducente verso il serbatoio, mentre il manubrio è posto a una distanza tale rispetto al piano di seduta da far sì che il peso del busto vada a caricare discretamente, anche se in modo non eccessivo, le braccia e i polsi.

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Il Monster 1100 palesa un’agilità superiore al precedente modello. Tendenzialmente rigida la taratura delle forcella.

Le pedane sono invece poste a una giusta altezza, piuttosto distanti tra di loro, e non costringono le ginocchia a piegarsi oltre il dovuto.

Un’impostazione un po’ più sportiva

Tutto ciò implica due aspetti: nel misto, quando si decide di mantenere un’andatura “allegra”, la moto offre i punti d’appiglio ideali per guidare in modo sportivo; in città o a basso ritmo, invece, emerge qualche nota dolente sotto forma di affaticamento degli avambracci e fastidio alle parti basse, perennemente a contatto con il serbatoio, complici anche le sospensioni tendenzialmente rigide.

Anche questo aspetto ha due effetti principali: su superfici perfettamente lisce e in corrispondenza di staccate decise la forcella e l’ammortizzatore sostengono i comandi impartiti da chi guida in modo efficace, mentre quando si decide di andare più piano e si incontra qualche asperità sull’asfalto, anche piccola, l’assetto tende quasi a scomporsi, inducendo continue correzioni da parte del pilota.

Siamo consapevoli del fatto che Ducati intende il Monster come una moto sportiva, ma abbiamo avuto la riprova, durante il test in Francia, che ammorbidendo i freni idraulici della forcella, sia in compressione che in estensione, il feeling aumenta notevolmente, almeno su strade non particolarmente veloci come appunto l’Esterel.

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Su strada emergono due comportamenti distinti: efficace quando il ritmo si fa sostenuto, un po’ scomodo ad andatura ridotta.

Perfetta ci è sembrata invece la frenata che, grazie alla pompa dell’impianto anteriore di tipo radiale, ha guadagnato in modulabilità, senza tuttavia diventare troppo reattivo nella risposta. Del resto, la maggior leggerezza del mezzo è tangibile e, dunque, anche la potenza richiesta per arrestarlo è più contenuta.

Una leggerezza che si fa sentire nei rapidi cambi di direzione, così come nelle manovre a bassa velocità, durante le quali si fa addirittura fatica a credere che quella che si sta manovrando sia una moto da 1100 cc. Il motore, infatti, è quanto di più docile possa esistere nell’ambito dei bicilindrici Ducati, ma all’occorrenza sa tirare fuori una grinta fino a oggi sconosciuta.

La prontezza del Desmodue da oltre un litro di cilindrata all’apertura del gas è qualcosa di mai provato prima. Incredibile, in pratica, è la progressività di intervento del propulsore in corrispondenza del grandissimo tiro che mette a disposizione già a 3000 giri.

Una riserva di coppia sempre pronta e perfettamente gestibile che consente di fare tanta strada senza dovere necessariamente guidare “impiccati”. In prima e in seconda marcia, poi, le impennate sono davvero all’ordine del giorno, tanto che bisogna darsi una regolata se non si vuole oltrepassare il limite!

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Anche in uscita di curva, inoltre, se si esagera con la manopola destra, il pur ottimo grip delle coperture di primo equipaggiamento, le Bridgestone Battlax BT-016, non riesce a scongiurare derapate più o meno accentuate, come del resto accadeva anche sulle precedenti edizioni della naked bolognese.

In questo caso, però, la reattività del bicilindrico Desmo è ancora migliore, come se il comando dell’acceleratore fosse direttamente collegato alla ruota motrice.

Agli alti regimi, il rendimento del propulsore è paragonabile alle unità che l’hanno preceduto e non conviene mai insistere fino all’intervento del limitatore, in verità abbastanza brusco, quanto piuttosto passare al rapporto successivo superato di poco il valore di coppia massima, vale a dire intorno ai 6500-7000 giri. In effetti, così facendo, si riesce ad andare davvero forte, al punto da far apparire quasi inadeguati eventuali sviluppi con propulsore a quattro valvole.

Il Monster 1100, infatti, vanta un rapporto peso/potenza più che sufficiente per consentire, a chi ha il manico per farlo, un ritmo dannatamente sostenuto nel misto, dove non ci sono allunghi eccessivi.

Pertanto, per coloro che ci andranno al bar, il consiglio è quello di orientarsi sul 696, più economico, esteticamente molto simile (cerchi a cinque razze e forcellone monobraccio esclusi) e comunque capace di ben figurare con i suoi 80 Cv.

Quelli del 1100, tuttavia, sono cavalli di tutt’altra razza, figli di un progetto che negli anni è stato perfettamente ottimizzato, senza contare il prestigio che riveste, anche a livello storico, possedere il Monster più performante tra quelli con motore a due valvole; quindi, immaginiamo che, davanti ai locali più “cool” delle principali città italiane, avremo presto modo di vedere un bel po’ di M1100 parcheggiati!

Foto Milagro

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Ducati Monster 1100 Evo

L’idea alla base di questa novità era quella di proporre al pubblico una moto stilisticamente più moderna, più facile da guidare e, al tempo stesso, più performante.

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