I giapponesi ne vanno pazzi, per il loro fascino vintage tutto particolare. Nel nostro paese, invece, e più in generale nel resto d’Europa, non hanno ottenuto il successo commerciale che ci si aspettava. Le moto della famiglia Sport Classic sono considerate, forse, moto da collezionista nostalgico.
In realtà, sono state create con l’intento di proporre moto dalle linee retrò che non hanno certo l’assillo delle prestazioni, pur potendo contare su una base tecnica attuale.
La Sport 1000 S, l’ultima nata di questa famiglia, rappresenta un mezzo dalle qualità contrastanti. A un impatto estetico indubbiamente accattivante, che fa leva sulla semplicità e sulla pulizia delle moto in voga negli anni Settanta, si contrappone uno standard di finiture non sempre all’altezza, così come al felice connubio tra le doti dell’ormai collaudato bicilindrico della serie Desmodue da un litro di cilindrata e l’assortimento di telaio, freni e sospensioni, fa da contrasto una posizione di guida poco razionale, di scarso comfort e praticità.
Di sicuro, una cosa non si può mettere in discussione: l’anima assolutamente racing della Sport 1000 S. Spogliata di tutto il superfluo e messa in pista, magari con le gomme giuste, questa sportiva dal sapore vintage si trasforma in una moto in grado di divertire e dare soddisfazione nella guida al limite, quella fatta di pieghe con il ginocchio a terra e staccate all’ultimo metro.
Andate a dare un’occhiata nella categoria Sport Classic del Desmo Challenge, il monomarca dedicato alle Rosse di Borgo Panigale, e capirete di cosa stiamo parlando.
Per contro, su strada ci sono dei frangenti in cui questa bella Ducati non si trova molto a proprio agio, primo tra tutti i trasferimenti autostradali.
Posizione in sella scomodissima
A velocità di crociera, la Sport 1000 S induce, dopo pochi minuti di permanenza in sella, a precoci indolenzimenti dei polsi, del collo e degli avambracci a causa di una posizione troppo allungata in avanti, con il busto quasi parallelo al lungo serbatoio e, di conseguenza, il peso del corpo riversato quasi interamente sui semimanubri.
Inoltre, le pedane sono poste molto in alto, praticamente sotto l’ampia sella che, viceversa, risulta piuttosto larga e ben imbottita.
E’ questo uno degli aspetti quasi paradossali della Sport: quando si è costretti a mantenere la stessa posizione per lungo tempo palesa una scomodità imbarazzante, mentre nel misto veloce, dove è buona regola aiutarsi con gli spostamenti del corpo, diventa di colpo uno strumento perfettamente accordato.
Sarà poi la concentrazione richiesta dalla guida tra una curva e l’altra rispetto al torpore che, talvolta, coglie il motociclista quando di fronte a sé ha soltanto chilometri di rettilineo, ma sta di fatto che questa rappresentante della famiglia Sport Classic non risulta né particolarmente ostica, né tanto meno affaticante quando viene usata per ciò che in realtà è: una sportiva alla vecchia maniera.
Piccola, essenziale, non troppo pesante e con un buon numero di cavalli disposti là dove servono, ovvero nella prima parte dell’erogazione: ecco la Sport 1000 S, una moto sincera nelle sue reazioni, efficace nel comportamento dinamico, bella da vedere.
Sono queste le caratteristiche principali di un mezzo che verrà probabilmente utilizzato anche per far colpo in qualche bar cittadino: molto meglio, invece, scegliere una bella statale, di quelle con le curve a vista, diciamo da terza marcia, da pennellare agilmente puntando il gas di tanto in tanto, giusto per dare trazione alla ruota posteriore in uscita.
La Sport 1000 S si lascia condurre con relativa facilità: la discesa in piega è omogenea e non riserva brutte sorprese. Le possibilità di piega sono buone e su strada non sussistono problemi di luce a terra, nemmeno se avete i cromosomi di Freddie Spencer.
La frenata è, rapportata a un utilizzo stradale, molto buona: il comando è ben modulabile e, se sollecitato a dovere, la potenza del doppio disco anteriore si fa sentire. Meno efficace è la risposta dell’impianto posteriore che, a fronte di una corsa piuttosto breve del comando a pedale, arriva ben presto al bloccaggio.
Anche le sospensioni svolgono validamente il loro lavoro: la forcella, oltre a essere adeguatamente sostenuta a livello di molla, è ben frenata idraulicamente e, nella fase di affondamento, non evidenzia mai una risposta secca, nonostante la taratura di serie sia in linea con quella di una sportiva stradale e, dunque, non morbidissima.
Lo stesso vale per gli ammortizzatori. In questo caso, le temperature piuttosto basse che abbiamo riscontrato durante il test ci hanno impedito di apprezzare fino in fondo la bontà del retrotreno in uscita di curva, visto che i pneumatici facevano fatica a entrare in temperatura (così come, di fatto, lo stesso olio contenuto all’interno delle sospensioni posteriori) e dunque non c’era la possibilità di aprire più di tanto il gas, in modo da indurre il caratteristico trasferimento di carico in accelerazione.
Dal canto suo, il bicilindrico bolognese a due valvole aiuta molto nella gestione della guida, grazie alla sua elasticità e a quella generosa riserva di coppia che si rende disponibile in ogni situazione. I tecnici Ducati hanno lavorato molto bene a livello di gestione elettronica dell’alimentazione visto che, nonostante il rispetto della normativa Euro 3, il 1000 DS continua a mantenere un’erogazione esemplare, perfino nell’apri e chiudi ai bassi regimi. Quando si decide di andar forte, comunque, i cavalli sono più che sufficienti, anche per fare qualche numero fuori programma.
Ottima nei tratti guidati
Nell’utilizzo estremo, se proprio si deve trovare un difetto, manca forse un po’ di allungo, nel senso che verso i 7000-7500 giri la spinta del motore comincia ad affievolirsi e, dunque, anche se è possibile proseguire oltre, conviene passare al rapporto successivo senza insistere.
Questo comportamento dipende, probabilmente, dall’impianto di scarico particolarmente silenziato, ma non penalizza comunque la godibilità del mezzo. La Sport 1000 S dà il meglio di sé nei tratti guidati non troppo lenti. Quando si è costretti a inserire la prima marcia, infatti, le cose si complicano un po’, mentre dalla seconda in poi la moto si destreggia con naturalezza grazie alla sua piacevole stabilità.
L’ampio cupolino offre tra l’altro un discreto riparo aerodinamico, pur se a patto di un’impostazione di guida sportiva. Del resto, di spazio ce n’è a sufficienza, anche per i piloti più alti. Accettabile, ma non altrettanto buona è invece l’esposizione al vento delle gambe che, d’inverno, possono comunque giovarsi del calore sprigionato dal propulsore.
Per quanto riguarda la dotazione, infine, bello da vedere e abbastanza facile da leggere è il cruscotto, con i relativi strumenti con grafica old style su fondo bianco, mentre assolutamente superflua, almeno a livello puramente tecnico, è la presenza dell’ammortizzatore di sterzo.
Lo stesso vale per le ruote a raggi e i pneumatici (dotati, è bene ricordarlo, di camera d’aria) dal disegno ispirato alle gomme d’annata. Il loro comportamento è onesto, anche se nell’ottica di un eventuale utilizzo in pista, gli andrebbe sicuramente preferito del materiale più specialistico.
A livello di finiture, invece, decisamente sotto il livello medio risulta la finitura dei supporti delle pedane, del telaietto anteriore e dei silenziatori di scarico che, anche considerando il prezzo di acquisto non particolarmente contenuto (per entrare in possesso della Sport 1000 S bisogna pur sempre tirare fuori 12.000 Euro), poteva essere oggetto di maggior cura.
Altri particolari, invece, come la sella, realizzata in due tipi di pelle diversa con la scritta Ducati in rilievo sul piccolo cuscino posteriore, il supporto del cupolino, in acciaio cromato, e i cursori per regolare la tensione della catena, che riprendono lo stesso sistema introdotto, per la prima volta, sulle leggendarie 750 che dominarono la 200 Miglia di Imola nel 1972 con Paul Smart e Bruno Spaggiari, fanno la felicità dell’occhio e del cuore di ogni appassionato.
Limitata, nonostante il loro ingombro trasversale non sia trascurabile, la visibilità offerta dagli specchietti retrovisori che, tuttavia, non hanno nulla a che vedere con quelli, assolutamente inutili, che equipaggiano la versione Sport biposto, ancorati ai lati dei semimanubri.
Cuore e cervello non sembrano dunque andare molto d’accordo su questa Ducati, ma si sa che in ambito motociclistico questo connubio rappresenta più l’eccezione che la regola.
Dunque, va bene così.