Prova su strada della Ducati Streetfighter 1098 S

Prova su strada della Ducati Streetfighter 1098 S

Nonostante le apparenze la parola d’ordine della Ducati Streetfighter S è equilibrio: motore e ciclistica al top, la moto non mette mai in crisi il pilota.

Trasgressiva. E’ questa la parola giusta per definire la Streetfighter 1098 S, almeno dal punto di vista estetico. Chi possiede questo modello, infatti, si distingue dagli altri perché ha a che fare con un oggetto fuori dagli schemi.

Prestazioni esagerate racchiuse nel “corpo” di una combattente: è questo, in estrema sintesi, il biglietto da visita dell’ultima nata in Casa Ducati.

Un mezzo nato per mettersi dietro tutte le naked ad alte prestazioni e per attirare gli sguardi dei curiosi mentre si trova parcheggiata davanti a un bar o ferma a un semaforo.

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Le linee della Streetfighter esprimono aggressività senza mezzi termini.

Ovunque si vada, con essa non si corre certo il rischio di passare inosservati. Eppure, una volta presa un po’ di confidenza, ci si accorge di come a così tanta aggressività sulla carta corrisponda un comportamento straordinariamente equilibrato.

Come già anticipato in occasione della prova in pista, la Streetfighter ha il pregio di saper andare anche piano, oltre che forte.

Detto così, può sembrare un controsenso, eppure la nuda attualmente più performante sul mercato sa farsi apprezzare anche quando si guida in centro o sul lungomare, piuttosto che solo e soltanto in circuito.

Una versatilità che, in molti casi, può generare amore a prima vista, o meglio a prima guida.

Non appena si ha tra le mani, infatti, si capisce subito che il feeling uomo-macchina è molto elevato. La posizione di guida è comoda, ideale e la sensazione è quella di cavalcare un mezzo molto compatto e leggero, a dispetto di ciò che potrebbe apparire in fotografia.

Perfetta è la distanza tra sella e pedane, tale da garantire sufficiente luce a terra senza costringere le ginocchia del conducente a un’eccessiva flessione. In ottica prettamente sportiva, la parte anteriore della sella, quella vicina al serbatoio, potrebbe essere ancora più stretta, favorendo così gli spostamenti nei cambi di direzione, ma in questo modo si andrebbe probabilmente a perdere appoggio, e quindi comfort, nei trasferimenti a velocità costante.

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Invece, il bello della Streetfighter è che con essa non ci si stanca tanto facilmente, grazie anche a un livello di vibrazioni molto contenuto.

Per quanto stretta, poi, questa Ducati vanta un’ergonomia validissima, nel senso che il pilota sente le proprie gambe ben aderenti ai fianchi del serbatoio, ricavandone una sensazione di sicurezza e controllo.

Inoltre, quando ci si ferma, anche i più bassi riescono ad appoggiare tranquillamente entrambi i piedi a terra, senza mai incontrare difficoltà in tal senso.

La giusta posizione a bordo favorisce di conseguenza la guida stessa, che a ritmo sostenuto richiede più o meno lo stesso stile di una supersportiva, mentre andando “a passeggio”, a differenza di quanto accade con le carenate, si può fare a meno di spostamenti sulla sella e quant’altro senza per questo ritrovarsi alle prese con un mezzo che non curva!

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Non fatevi ingannare dalla foto! Fare evoluzioni con la Streetfighter non è poi così semplice, considerate le doti della ciclistica e del propulsore.

A questo, si aggiunge il fatto che il motore non sembra andare così forte come in realtà sta facendo quando si inseriscono le marce una dopo l’altra.

L’erogazione del bicilindrico Testastretta, infatti, è talmente fluida da contrapporsi in modo quasi paradossale alle velocità indicate dalla strumentazione digitale.

La riprova di quanto detto si ha quando, senza dare gas, si lascia la frizione con la prima inserita e, anziché spegnersi, la moto inizia ad avanzare con la massima disinvoltura!

Qualcuno ha addirittura detto che questo sarebbe stato il motore giusto da inserire sulla 1098, visto che quest’ultima è caratterizzata da un’esuberanza talvolta eccessiva, almeno per l’utente medio, mentre la Streetfighter si fa apprezzare proprio per il modo con cui è possibile sfruttare il suo grande potenziale, anche su strada.

Se vogliamo, il rovescio della medaglia è costituito, anche in virtù di una rapportatura finale piuttosto lunga, dall’eccessiva facilità con cui, pur senza tirare le marce, ci si ritrova a velocità ben superiori rispetto a quelle previste dal codice della strada.

E’ questo, dunque, l’unico difetto (sempre che lo si consideri come tale) di un modello che altrimenti porge il fianco a pochissime critiche.

Un’altra, ad esempio, è relativa alla spia delle luci abbaglianti che, viaggiando di notte, può infastidire non poco il campo visivo del guidatore, soprattutto nella parte destra, ma stiamo parlando di dettagli che su moto “normali” passano in secondo piano rispetto ad altri difetti ben più evidenti.

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Nella fattispecie, una caratteristica che ha senza dubbio catalizzato l’interesse di molti è il famoso controllo della trazione previsto di serie sulla versione S, quella protagonista della nostra prova.

Per quanto riguarda la nostra esperienza su strada, che si è articolata tra percorsi urbani, strade di montagna e autostrada, confessiamo di non essere riusciti, pur spingendo discretamente, ad attivare il controllo o, quantomeno, se esso è entrato in funzione, non ce ne siamo accorti.

Ciò, tuttavia, non invalida certo l’utilità di questo dispositivo, regolabile su otto diversi livelli di intervento e quindi capace di adattarsi a varie andature e stili di guida, ma esalta semmai l’efficacia ciclistica della Streetfighter, la quale, è bene ricordarlo, rispetto alla 1198 conta su un forcellone più lungo e su una diversa geometria di sterzo.

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Sopra: su strada, pur spingendo forte, il controllo della trazione non sembra fondamentale.

Se sulla seconda il DTS (Ducati Traction Control) rappresenta dunque un equipaggiamento quasi indispensabile, anche per il pilota esperto, sulla prima va visto come una sorta di salvavita, che interviene solo in caso di errori macroscopici da parte di chi sta in sella.

La sicurezza attiva, viceversa, è garantita da un impianto frenante strepitoso, senz’altro all’altezza delle prestazioni offerte dalla parte meccanica.

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I freni di questo modello sono molto potenti, ma vanno saputi dosare con attenzione.

A tal proposito, non si registra un’eccessiva aggressività da parte del doppio disco anteriore con pinze radiali monoblocco a quattro pistoncini, almeno se si ha l’accortezza di usare sempre non più di un solo dito sul rispettivo comando. In questo modo, infatti, anche in strada si riesce a gestire una potenza frenante notevole, ma al tempo stesso necessaria per fermare una moto così performante.

Ciò è possibile anche grazie al perfetto lavoro svolto dalla forcella Öhlins prevista dall’equipaggiamento della versione S, mentre un po’ troppo rigido (anche se più a livello di comfort che di reale efficacia) è apparso il monoammortizzatore della stessa marca, soprattutto considerando lo stato pietoso in cui vertono certe strade italiane.

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Sulla versione S, il reparto sospensioni è firmato interamente dalla svedese Öhlins.

In ogni caso, il perfetto bilanciamento della Streetfighter e le sue quote ciclistiche abbastanza conservative le garantiscono una stabilità fuori dal comune per una moto priva di carenatura, in frenata come in altri frangenti.

Anche forzando il ritmo, infatti, l’assetto non accenna mai a scomporsi e per questo, probabilmente, il controllo della trazione non è chiamato in causa così spesso come sulla “sorella” carenata, nei confronti della quale la Streetfighter si dimostra anche più equilibrata nei consumi, con una media di 15 Km con un litro di carburante.

Un valore decisamente accettabile per una moto così performante, che in mano alla persona giusta può davvero mettere in serio imbarazzo fior di superbike replica.

Foto Leonardo Farina

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